martedì 12 marzo 2013

IO NON TOLLERO LA PIOGGIA



Io non tollero la pioggia. Perlomeno in città. La pioggia è poetica, pulisce l’aria e ricorda i vestimenti leggeri e l’anima che si schiude novella. Ma non in città. In città fa schifo e basta. Innanzitutto perché quando ti svegli la mattina e guardi fuori dalla finestra e vedi che piove, senti proprio che la tua qualità di vita cola a picco. Se piove, quando esci dal letto, freddo. Tutto è umido ed ostile. I vestiti che indossi sembrano presi da un banco frigo, la tazza del water a contatto col sedere sembra una lama di ceramica e la doccia calda che ti fai, o è tiepida, o troppo breve per assicurarti una scorta sufficiente di calore. Poi quando esci non c’è verso, fa sempre più freddo di quel che avevi previsto e ti penti di aver addosso solo otto strati di vestiti e di non esserti spalmato addosso due dita di grasso di foca.
Poi devo dire, la pioggia mi è diventata intollerabile perché non è possibile che piova una settimana intera. Cioè va bene un paio di giorni, ma una settimana no. Roba che gli animali per sicurezza hanno cominciato a girare in coppia. Certa gente ha dato dentro l’automobile per un pattino station wagon con trazione a pedale e in edicola i numeri di Famiglia Cristiana avevano già come inserto il primo pezzo dell’arca.
La pioggia in città è fatale per i trasporti. Se sei a piedi la minaccia non viene solo dall’alto ma pure dal basso, data la profondità delle pozzanghere. Certe sembrano la Fossa delle Marianne. Ed è chiaro che quei gran figli di una trojka degli automobilisti ci passano sopra, ma non essendo una Gesù Cristo mobile, non è che restano sulla superficie come nel noto miracolo, ma alzano una parete di acqua sudicia e maleodorante che quando ti travolge ti fa sentire il Sud-Est asiatico. Se sei, invece in bici o in motorino, innanzitutto ti senti idiota, perchè solo un idiota usa uno di questi mezzi quando piove. Solitamente, infatti, questi sono mezzi di bel tempo e buon umore. Quando piove, invece, diventano attentati alla vita tua e di chi ti sta attorno. I freni non frenano, ti areni in mezzo alle pozzanghere balenabili e slitti con le ruote di dietro, facendo una serie di piroette che Carolina Kostner a confronto sembra un gatto delle nevi per poi stamparti contro l’auto articolato dell’altra corsia. Tra l’altro non ci son santi, puoi tenere con una mano l’ombrello ( a tuo rischio e pericolo dato che ogni tre per due si rivolta per il vento o ti solleva preso da una corrente ascensionale in stile Mary Poppins) o metterti l’inutile k-way che tanto arrivi a destinazione che sembri comunque uscito da una doccia.
Se sei in macchina ti rendi conto di come la gente quando piove disimpari a guidare. Proprio non ce la fa. Fa manovre straordinarie, rallenta o inverte il senso di marcia. Smette di leggere i cartelli e alle rotonde si guarda intorno spaesata. La precedenza diventa relativa e il parcheggio ad S una sorta di miraggio irrealizzabile.
I mezzi pubblici, quando piove, diventano il luogo del male di vivere. L’orrida condensa sui vetri ti fa capire che sul bus sono in troppi e questo ti genera claustrofobia anche solo da fuori. Dentro la gente è umida, sporca e stronza. La vedi che guarda gli altri passeggeri sognando di brandire un tritacarne elettrico. La puzza è di ascella umida vecchia ed hai la sensazione, quando respiri, che l’aria dentro sia felpata. Con tutti gli ombrelli che la gente si porta dentro poi è un miracolo uscire con tutti e due gli occhi.
Infine la pioggia in città è odiosa perché imprevedibile. Secondo le previsioni del tempo ci son sempre delle schiarite. Tu guardi fuori e sembra di stare in mezzo alla tempesta perfetta. Bah. Io personalmente ho adottato una tattica. Si chiama “la regola del vu cumprà”. Sostanzialmente per capire se pioverà o no guardo cosa vendono i vu cumprà. Se hanno gli ombrelli piove, se hanno le sciarpe ci sarà vento, se hanno guanti e cappello di lana un ciclo di aria fredda siberiana travolgerà l’intera penisola. E ci prendono con un’esattezza impressionante. A mio avviso potrebbero anche essere sfruttati per giocare tipo in borsa o avere delle proiezioni finanziarie. Il giorno in cui inizieranno a chiedere una sterlina invece che un euro sarà il momento di uscire dall’Eurozona. Con buona pace di Monti, Grillo e company.
I.N.T. LA PIOGGIA

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