martedì 23 aprile 2013

LE FOTO DI FACEBOOK (parte 1)




Non posso esimermi, dopo tre mesi errotti di blog, dall' aprire una piccola parentesi sulle foto di Facebook. Sì perché da quando la gente frequenta quel bestiario a cielo aperto di Fb e, peggio, da quando la gente ha scoperto le infinite potenzialità di Instagram, siamo diventati tutti fotografi. Macchè. A confronto Cartier-Bresson è uno che faceva fototessere per la carta d’identità. Tutti si sono resi improvvisamente conto che non solo il mondo è pieno di tramonti imperdibili o di gatti irresistibili, ma hanno anche realizzato che questi momenti preziosi non possono non essere condivisi con tutto il mondo. Beh, non vorrei deludervi, ma non è così. Le vostre foto fanno cagare, non me ne può fregare di meno di dove siete andati in vacanza, o di che vedute mozzafiato si possano godere dal balcone di camera vostra, o di quanto fa tenerezza il vostro cucciolo di iguana che lo zio vi ha portato, contrabbandato, dallo Zaìre. Io odio voi, il vostro iguana, la vostra macchina fotografica, vostro zio e il balcone di camera vostra che possa crollarvi sotto i piedi. Ok. Forse esagero. Ma non credo.

OSSI DI SEPPIA
La prima fatale categoria è quella degli ossi di seppia. Quelli cioè che hanno l’illusione che con l’effetto seppia, anche la cagata più avvilente diventi arte. Possono anche fotografare un pelo di culo su un cono gelato che però stai sicuro che con l’effetto seppia può diventare pezzo da battere all’asta. I soggetti preferiti di queste foto sono poi loro stessi, magari con lo sguardo triste, oppure assorto, da esistenzialista. Ma fatti una doccia col phon accesso. Tremendo è poi quando fotografano momenti conviviali o, comunque in cui tutti ridono e scherzano e ci scrivono sotto “Memories”. Roba da camera ardente. Fossi in una di quella foto mi toccherei a due mani.


BULIMICI
Sono quelli che fanno la foto a tutto ciò che mangiano. La categoria è riparita in due ulteriori sottocategorie: i bulimici attivi e i bulimici passivi. Quelli passivi sono quelli che foto del genere le fanno al ristorante, e ovviamente rinominano il tutto in inglese “Lunch time” oppure “Happiness”. E come per magia l’unto baracco di Tonino Mignoli (chiamato così per averli persi entrambi affettando una porchetta, le cui uniche stelle Michelin le ha prese per la sua celebre “piadina al nero di copertone”, ormai individuata come causa principale dei tumori al colon) diventa un ristorante sulla Baia di San Francisco. I bulimici attivi sono quelli, invece, che ciò che fanno fotografano. L’odio mi si scatena quando leggo sotto i commenti “oh ma è meraviglioso” oppure “mamma mia devi aprire un ristorante”. Mai nessuno che dica “ ma perché l’hai portato in tavola già masticato?” e neanche “ma questa è la foto prima o dopo la digestione?”. Niente di tutto questo. Anzi, il fotografo risponde garrulo: “Grazie ragazzi, se mi va male vado a fare la cuoca. Che poi ieri l’ho messo a tavola e il mio Mauro se l’è mangiato tu, non riusciva a fermarsi!”. Si, peccato che nella notte Mauro poi è morto.

I BEAR GRYLLS
Son quei fotografi avventura che si vanno a inculare negli ultimi angoli del mondo, inospitali come l’ombelico di un ciccione, e si fanno le foto da conquistatori. Capito, questi si vendono come degli eremiti che ti fanno dei segoni con il viaggio come scoperta dell’ignoto, come momento di riflessione, come occasione per andare oltre se stessi e i propri limiti e poi, appena possono, click! la fotografia è già immagine di copertina. Immancabile, nel repertorio, è la foto di loro che guardano l’infinito seduti sul ciglio di un burrone e sotto una frase paracula tipo “il viaggio è più che l’azione del partire.” E attendo con ansia la foto della prossima avventura, possibilmente sulla rupe Tarpa.

SPECCHIO DELLE MIE BRAME
La categoria di quelle che si fanno la foto allo specchio. Ovviamente in bagno. Tutte le volte che la vedo prego Dio che un alligatore esca davvero dalla tazza del water che hanno dietro di loro e gli stacchi una gamba di netto. Amen.


FESTAIOLI
Sono i fotografi dei grandi eventi. O quelli delle feste dello scascio-sfascio-scatafascio. “Si vez ci siam troppo disfatti”. “No ce, ti giuro che dopo sta foto ho stracciato di brutto”. “Oh raga, non mi ricordo un cazzo”. Questo è il tenore di una conversazione di due sedicenni e un diciassettenne. Della serie, ma la festa la facevano alla Chicco o al reparto maternità? Anche se devo dire che fotografi di questo tipo sono davvero molesti perché famosi per il loro pessimo tempismo. Ti fotografano e tagganno proprio nel momento in cui hai appena finito il tuo quinto vodka Redbull, così forte che sembra fatto col gasolio, ti sei appena fatto la pipì addosso e stai ballando come se avessi avuto un attacco di colite. Risultato: la mattina dopo tutto il web ha diffuso la tua foto e ha organizzato delle raccolte fondi e una petizione per rendere legale l’utilizzo delle cellule staminali nelle cure compassionevoli.


I BIBLIOTECARI
Il bibliotecario è figlio di pagnotta. L’assunto di partenza deve essere questo. Le caratteristiche che contraddistinguono questa categoria da tutte le altre sono tre: la memoria inossidabile, un sadismo ineguagliabile e un archivio inestinguibile. Sono quelli che hanno foto di tutti, in cui tutti sono venuti di merda. E tu non te lo ricordi. E lui lo sa. O te le ha fatte dal vivo, oppure le pesca dai tuoi album, e le conserva, in una memoria speciale dove le tue fotobombe riposano per anni. Come le mine anti-uomo. Lui sa che verrà il giorno. Non oggi magari, non domani, ma verrà il giorno. E il giorno, alla fine viene. E…BAAAAAAAAAAAAAM!!!!!!!!!!! Sei travolto da una serie di foto di merda che testimoniano tutte le tue fasi peggiori della vita che hai provato a dimenticare. Tu quando l’adolescenza ti ha scaricato in faccia l’intera cartucciera di acne juvenilis; tu quando hai pensato che il capello lungo o, peggio, il codino è calamita naturale per la patata e allora ti sei fatto crescere una chioma nera e mediamente unta da Sansone; tu nel tuo periodo depressivo e nichilista, quando ascoltavi i Nirvana, leggevi ( senza capire una bega) i fiori del male, e ti vestivi all black perchè la vita fa schifo; tu quando pesavi 180 chili e tua madre ti costringeva a mettere le polo a maniche lunghe color pastello, oppure tu quando hai capito che “El pueblo unido jamas serà vencido” e “una mattina mi son svegliato, oh bella ciao…” e così solo la kefiah (che scommetto non sapevi manco come si scriveva), magliette del Che, capello non lavato e maledetto e altri adorabili cliché. Il bibliotecario ti inchioda al tuo passato, come in croce. Ed è inutile che provi a contrattaccare. Lui ha più materiale a disposizione e poi, per chissà quale ragione, ha pochissime foto sue incriminanti, che sono quasi introvabili. Ti dico solo che da fuoco persino alla macchina delle fototessere dopo l’uso. Per non lasciare tracce.

FINE DELLA PRIMA PARTE

mercoledì 17 aprile 2013

GOOD NIGHT MR. PRESIDENT



Non deve essere facile stare nel pigiama di Napolitano in questo momento. Voglio dire, mettersi a letto sta notte al pensiero che bon, domani è finito tutto e buonanotte suonatori. Non deve essere mica facile addormentarsi, nonostante la narcolessia che il sempre adeguato Vito (In)CriNi gli ha attribuito. Io lo vedo lì che si gira e rigira che sembra allo spiedo. E Clio, la vera eroe di tutta la banda, che dice " Giorgio, che c'è Giorgio? Si Giorgio lo sento che sei agitato, mi hai dato tanti di quei calci che son frollata. Di Giorgino bello, vuoi che ti prenda la valeriana..ah non la vuoi? Va che allora ti metto il suppostino alla glicerina che con quello ti calmi subito". Ed ecco che subito Giorgio si irrigidisce e finge il tracoma come se avesse incontrato un puma. Ma non è tranquillo. È inquieto. Pensa che da domani non avrà niente più da fare. Dovrà accompagnare Clio per le fiere dei mobili; comincerà ad andare a vedere i cantieri stradali portandosi la bicicletta appresso con una mano e con l'altra infilata dietro nei pantaloni; poi d'estate si vede già parcheggiato sotto un bel condizionatore di un supermercato per sfuggire ai cicloni coi nomi da volume Treccani, tipo Amilcare, AnnibalechevalicaleAlpi, Leonida, Fidippide e Jennifer. Roba che la sera quando lo leveranno dalla panchina assieme alle stalattiti di ghiaccio avrà una cotonatura da installazione museale. Si vede già giocare a bocce alla bocciofila "Serenella", distratto da dieci saggi che gli dicono di tirare a carambola col rientro e che a sbocciare non ci vai mai di ultimo tiro. Oppure tutto intento a registrare i gialli del tenente Colombo o della signora Fletcher. Per la serie prolasso sereno, altroché decrescita felice. Si alza. Ha bisogno di bere un po' d'acqua. Sciabatta fino al frigo ( si anche in Quirinale ci sono i frigo) e si prende una bottiglia di leggeremente effervescente che altrimenti gli dà gonfiore e poi fa gli incubi. E intanto continua a pensare. Tutta la faccenda è in mano a tre soggetti che ti raccomando: il primo è l'uomo di stucco, nel senso che la mattina ha bisogno di una ripassata dell'imbianchino per le crepe da decubito( avendo la faccia come il c..) che gli vengono su quello strato di cerone portante che ha in faccia e nel senso che ha il potere di lasciare di stucco chiunque con la sola imposizione della minchiata. Il secondo più che un politico parla come un costruttore di dighe. "Perché quest'acqua qua..e perché l'acqua non la puoi fermare con le mani..". Il paladino della ritenzione idrica. Che, sempre per rimanere in tema di acque, dà la stessa sicurezza della diga del Vajont. Il terzo è uno che collabora con una specie di santone digitale con l'occhio lungo e un cognome che sembra il nome di un formaggio da baita. Uno che ha voglia di cambiare così tanto le cose che lo fa da fuori però, mandando altri a portare avanti idee che sarebbe corretto fossero sostenute, nei luoghi atti, da chi le ha proposte. È un po' come voler arrivare vergini al matrimonio e allora far trombare la propria fidanzata da un amico,avendo pure la pretesa di provarci gusto. Il Presidente si rimette a letto. Che fare? Ormai i giochi son fatti. Spetta a questi tre agnelli scegliere il suo successore. Ma cosa può uscire da una combo-fantasia come questa. O il Grande risolutore, o la Grande Risólatura. Nel dubbio, si rende conto, che la suppostina alla glicerina è diventata incredibilmente invitante. Buonanotte Signor Presidente.

martedì 16 aprile 2013

UNA RONDINE NON FA PRIMAVERA

Ringraziamo la nostra Lettrice Elena che ha deciso di sfogarsi e condividere con noi e con voi la sua intolleranza : 


Io non tollero la metereopatia.
Sì, perché quest’anno con il meteo proprio non ci siamo. Voglio dire, siamo quasi a metà aprile, e non so voi ma io ogni mattina, ancora avvolta dal torpore notturno, mi piazzo davanti ai tendoni oscuranti (stile Dracula) della mia finestra, incrocio le dita, accarezzo un peperoncino portafortuna, trattengo il respiro e saltello su un piede solo, pregando che quando la scosterò, verrò illuminata da un raggio di sole.
E invece NIENTE.
Niente, da mesi a questa parte: quando va bene, la mia pupillla nemmeno si accorge che sarei teoricamente passata dal mondo zombie total black a quello reale: il cielo è grigio topo, le nuvole sono addensate come riccioli di polvere proprio sopra casa (che poi qualche dubbio che la nuvola di Fantozzi abbia prescelto un sostituto del suddetto Ragionere da perseguitare, e che quel sostituto sia io, un po’ mi balena per la mente), e probabilmente persino gli Inferi danteschi hanno un tocco di colore in più.
Ma il bello arriva quando la stagione dei Monsoni decide di sfogarsi proprio sulla tua città, perché probabilmente il Sud-est asiatico è diventato mainstream, e allora perché non spostarsi in nuovi imperdibili lidi da innaffiare? Mediamente il diluvio universale colpirà il povero malcapitato che ha abbandonato per sbadataggine l’ombrello nel luogo più banale di questa terra (nel quale lo ritroverà soltanto quando sarà stato ben inzuppato da fiumi di H2O): accanto alla porta di casa, in macchina (solo se questa viene rigorosamente parcheggiata a chilometri di distanza dal luogo in cui il suddetto soggetto si trova al momento dello scoppio dell’acquazzone), nel portaombrelli del ristorante che, non si sa come, ha la capacità di raccoglierne molti e di restituirne pochi, e il tuo non è mai tra quelli. Ci saranno donne che dopo essersi piastrate i capelli a mo’ di Barbie si ritroveranno con la folta chioma di Einstein e l’eleganza di un cespuglio di rovi accoppiatosi con un Mocio Vileda; e bambini che torneranno da scuola dipinti di fango come marines.
Quest’anno, però, ci si è messa anche la neve: per Pasqua qualcuno ha ancora regalato panettoni e pandori al posto dell’uovo e ha snobbato le tradizionali grigliate di carne per scendere in cantina a riesumare gli scatoloni delle decorazioni natalizie, tanto a guardare fuori dalla finestra non se ne sarebbe accorto nessuno.
Tutto questo lascerebbe indifferenti un eremita solitario dedito all’ascetismo, uno studente universitario in piena sessione esami che è ormai diventato fotosensibile, reagisce come i vampiri alla luce del sole e si sente molto vicino ai protagonisti del mito della caverna di Platone,  e il Colonnello Giuliacci, che anzi è probabilmente intento a sfoderare nuove danze della pioggia per incrementare lo share.
Il problema riguarda l’uomo comune: da Ottobre è ormai solito indossare maglioni di lana cotta, pelli d’orso e scarponcini con ciaspole incorporate, e nonostante ciò, con una cadenza media di due settimane, si ritrova raffreddato come un dugongo; ovviamente questo è dovuto al fatto che il giorno in cui si barda a mo’ di soldato napoleonico durante la campagna di Russia, la temperatura salirà di mezzo grado, e il giorno dopo l’audace condottiero si abbandonerà all’illusoria speranza che l’eterno inverno sia finito ed estrarrà goduto dall’armadio un maglioncino di cotone. ILLUSO.
Comunque, sarà anche vero che una rondine non fa primavera, però oggi mi pare di averne vista una svolazzare là fuori, e mi piace pensare che finalmente ci siamo. Etciù.
I.N.T. DEL LETTORE 

martedì 9 aprile 2013

I TATUATI IGNORANTI





Io non tollero i tatuati ignoranti.

Sono soggetti che si aggirano per la fauna urbana sfoggiando sul loro robusto e muscoloso corpo tatuaggi improbabili e vistosi  il cui senso si perde nella notte dei tempi. 
Io credo di poter affermare di averle viste tutte nella mia lunga vita. Ho potuto assaporare fino in fondo le perversioni e gli esibizionismi della categoria in questione. È per questo che ho voluto stilare una sorta di manuale antropologico su di loro , sperando che possa servire un giorno a qualche archeologo per studiarli quando, scavando, troveranno i resti di Quarto Oggiaro.
Prima caratteristica che salta subito all’occhio, più che altro che fa lo stesso effetto di un pugno di sabbia in pieno occhio, è l’unico indumento in grado di mettere in mostra la loro tatuata che tanto gli è costata fatica e dolore : la cannottierazza. Di solito nera per i veri esperti del settore, mette in mostra bicipiti colorati con immagini di Madonne, Scudetti della squadra del cuore oppure frasi come “ Io nella vita mi hanno imparato a vivere le regole della strada” e in quel momento , quando il tuo sguardo incontra una di queste oscenità, pensi solo a una cosa : ma questo soggetto a che stadio dell’evoluzione umana si è fermato ? Ma soprattutto , dopo aver palesemente toppato quel giorno dal tatuatore perché fatto di crack o non so di quale altra sostanza, cosa lo spinge a portare addosso quell'orrore grammaticale che lo condanna ad essere individuabile a vita come ignorante di origine controllata? Sembra lo faccia quasi per segnalarlo...presente la campanella dei lebbrosi?? Ecco proprio così. 
Se non altro è onesto, lo sai che non è Umberto Eco, anzi l'unico eco nella sua vita è quello nel cranio quando trattiene uno starnuto. 

Seconda caratteristica: la fisicata. Cosa che costa fatica sudore e sangue a questi super evoluti esseri umani. Sacrificano infatti intere giornate nella palestra di “ Lello Pettorale “ per poter essere degni e fieri di mostrare il tatuaggio. L’arte dopotutto ha le sue regole e un dipinto di pregevole fattezza non potrebbe mai essere riposto in una cornice dell’Ikea giallo diarrea .
Per questo cercano di rendersi DEGNI dell’opera che si sentono FIERI di scolpirsi addosso .

Tra di loro bisogna ammetterlo, a onore del vero, ci sono dei mancati geni, delle menti strappate alla letteratura e all’arte. Questo mi sembra sempre più vero  quando vedo alcuni di loro sfoggiare delle frasi in latino. Voglio dire almeno questi lo slancio di cultura lo hanno avuto! Impararsi una frase in latino per poi potersela tatuare. Roba che rimarrà sempre nel loro bagaglio culturale e che in disco quando la tipa gli chiederà “ciè ma che significa?” lui potrà fieramente dire “ significa LA GALLIA è DIVISA NELLA SUA INTEREZZA IN TRE PARTI “ “cosa scusa???!!” .
Eh si perché il tapino tatuato quel giorno, quando cercava una frase figa in latino, sotto mano aveva solo il “De bello Gallico”.
 
I.N.T del Lettore 

domenica 7 aprile 2013

GLI AVVOLTOI DA ESAME (INFAMI)




Torno adesso alla tastiera dopo due esami in due giorni e sapendo che me ne aspettano altri due. Della serie, questo si che è un incentivo a svegliarsi la mattina. L’unico momento bello è quella manciata di secondi di assoluta incoscienza, in cui non ricordi che esami devi dare, quando li devi dare e che università stai frequentando. Devo dire che da questi ultimi due sono uscito abbastanza provato; alla domanda di mia madre: “beh, allora, come sono andati dai?” vi dico solo che ho risposto “ohi mamma, diciamo che a Pearl Harbor hanno avuto mattinate più difficili”.
Ok. Momento vittima sacrificale terminato. Ora arrivo al sodo: io non tollero in modo più assoluto gli avvoltoi da esame. Sono quelli, li avrete sicuramente presente, che durante gli esami orali si siedono subito dietro di te e il professore e si ascoltano tutta l’interrogazione. Maledetti impiccioni. Si mettono lì, appollaiati come delle poiane necrofaghe e aspettano di banchettare con le carcasse degli esaminandi. Ora, tu sei in quella aula da sedici ore perché il tuo cognome è Zuzuzzu, hai fatto un conteggio delle domande fatte che sapevi e non sapevi e hai deciso che, quando ti chiama, giri la ruota e speri che esca la Caverna, hai la salivazione azzerata per aver masticato tre chili e sette di gomme, a forza di mangiarti le unghie sei arrivato ai gomiti, il libro di testo, per le volte che l’ hai sfogliato in queste ore, ha preso fuoco, appena ti chiamano ti viene una cacca di magnitudo 7.8 e in tutto questo devi anche dare spettacolo. La scena muta in eurovisione. Ma mangiatevi un insalatona di ortiche, bastardi. Subito dopo che ti sei seduto senti già il loro respiro pesante e gli occhi che ti guardano la nuca. Sembrano quei sadici che vanno a vedersi le esecuzioni sulla sedia elettrica “ma solo perché mi piace sentire l’odore di bruciatino” e lo dicono con l’acquolina alla bocca. Come se non bastasse, appena viene formulata la domanda, mentre tu ti arrabatti a mettere insieme qualcosa di ascoltabile, quelli hanno già iniziato a scartabellare tutto il materiale che hanno e parlottano tra di loro. Certi hanno pure il coraggio, mentre ti ascoltano, di fare apprezzamenti sulla tua risposta e di fornirne una loro propria personale, attraverso sbuffi e suoni inarticolati che vogliono dire “ma dai!! Io la so!! È così facile, magari l’avessero chiesta a me…ma no, non devi citare quello, ti pare.. ecco lo sapevo e ora? Ti sei incartato da solo. Se vabbè, se questo prende più di venti io merito la laurea ad honorem”. I peggio sono quelli che, non contenti del teatrino, se il professore fa una battuta, ridono, alle tue spalle in tutti i sensi. Per la serie, Kim Jong-un non ci sei mai quando servi.
Io, personalmente, vorrei allertare questa gente qui. State attenti che io ho una memoria fotografica micidiale. Da oggi, se voi assistete ai miei esami, io vi giuro che vi pedinerò tutte le volte che andrete in bagno e vi farò da pubblico non pagante, mentre provate a fare la pipì o la cacca. Vi avviso. Non vi lascerò tregua. Ad ogni ora del giorno e della notte mi avrete dietro di voi a commentare la vostra mira o a tenere il tempo dello sforzo con un tamburo, gridando: “Spin-gi! Spin-gi! Spin-gi!”. Magari voi prenderete più di me agli esami, ma io vi posso assicurare che vi faccio venire un’occlusione intestinale che quando vi stappano la bomba Maradona, a confronto, sembrerà uno sbadiglio a bocca chiusa.

martedì 2 aprile 2013

FACCIAMO UN GIOCO



Avete presente quando leggete una cosa e vi rendete conto che, 

letta con gli occhi del presente, acquista un significato tutto 

particolare? Quando ad esempio un cantante scrive una canzone su 

una cosa, volendo dire una cosa, ma se la si interpreta con gli 

accadimenti del presente, quella canzone sembra un affresco 

perfetto di ciò che succede. Non era nelle intenzioni del cantante 

scrivere qualcosa che avesse quel significato che ora gli attribuisci, 

ma è inevitabile darglielo. Ti rendi conto che, in quel momento, la 

canzone è diventata come profetica a sua insaputa. Facciamo un 

gioco. Leggete il testo di questa canzone e fate finta che il 

personaggio che la canta sia Napolitano. Tante, troppe, cose non 

sembrano riferirsi alla situazione attuale? Facciamo un gioco. 


Giochiamo a fare Bisanzio.






Anche questa sera la luna è sorta
affogata in un colore troppo rosso e vago,
Vespero non si vede, si è offuscata,
la punta dello stilo si è spezzata.
Che oroscopo puoi trarre questa sera, Mago?
Io Filemazio, protomedico, matematico, astronomo, forse saggio,
ridotto come un cieco a brancicare attorno,
non ho la conoscenza od il coraggio
per fare quest' oroscopo, per divinar responso,
e resto qui a aspettare che ritorni giorno
e devo dire, devo dire, che sono forse troppo vecchio per capire,
che ho perso la mia mente in chissà quale abuso, od ozio,
ma stan mutando gli astri nelle notti d' equinozio.
O forse io, forse io, ho sottovalutato questo nuovo dio.
Lo leggo in me e nei segni che qualcosa sta cambiando,
ma è un debole presagio che non dice come e quando...
Me ne andavo l' altra sera, quasi inconsciamente,
giù al porto a Bosphoreion là dove si perde
la terra dentro al mare fino quasi al niente
e poi ritorna terra e non è più occidente:
che importa a questo mare essere azzurro o verde?
Sentivo i canti osceni degli avvinazzati,
di gente dallo sguardo pitturato e vuoto...
ippodromo, bordello e nordici soldati,
Romani e Greci urlate dove siete andati...
Sentivo bestemmiare in Alamanno e in Goto...
Città assurda, città strana di questo imperatore sposo di puttana,
di plebi smisurate, labirinti ed empietà,
di barbari che forse sanno già la verità,
di filosofi e di eteree, sospesa tra due mondi, e tra due ere...
Fortuna e età han deciso per un giorno non lontano,
o il fato chiederebbe che scegliesse la mia mano, ma...
Bisanzio è forse solo un simbolo insondabile,
segreto e ambiguo come questa vita,
Bisanzio è un mito che non mi è consueto,
Bisanzio è un sogno che si fa incompleto,
Bisanzio forse non è mai esistita
e ancora ignoro e un' altra notte è andata,
Lucifero è già sorto, e si alza un po' di vento,
c'è freddo sulla torre o è l' età mia malata,
confondo vita e morte e non so chi è passata...
mi copro col mantello il capo e più non sento,
e mi addormento, mi addormento, mi addormento...