È arrivato il momento di scrivere qualcosa
sul fantastico Gala di Natale della Bocconi. Vi giuro, ho provato a
trattenermi, con tutto me stesso. Ma è più forte di me. Avete presente quando
avete la pipì e vi fanno sedere in macchina, magari sopra una delle sospensioni
e la vescica inizia, ad ogni scossone, a ballare una quadriglia irlandese. Ecco,
il mio stimolo irresistibile è stato tipo questo. Non potevo esimermi perché il
Gala è l’evento più glam, top, vip, fashion, exclusive, luxurious dell’anno (ho
la nausea) e se non ci vai sei fuori. Ma anche se ci vai devo dire che non stai
tutto a posto con la testa.
Cominciamo da una prima
considerazione. 35 euro di biglietto.
Mannaggia la puttana. Fine della prima considerazione.
Seconda considerazione. No, ma
davvero 35 euro!?!?!?!? State scherzando!?!?!?!?!?
35 euro ma per davvero!?!? cioè ma
siete sicuri non sia un acconto sul MAV del semestre??!?! Io resto allibito. Sono
una botta di soldi mica da poco. Gente si è giocata così il regalo di laurea. Che,
tra l’altro, la vendita è stata impietosa. Dire che sono stati venduti subito è
riduttivo. Diciamo che i biglietti, a contatto con l’aria, sono sublimati, come
la naftalina nell’armadio. Solo allora, quando i veri nababbi avevano già
comprato una dozzina di biglietti a testa, si è scatenata la ricerca furibonda
di altri biglietti sottobanco. Scene da mercato nero dopo la Seconda Guerra
Mondiale. I poveretti senza biglietto, hanno dovuto girare tutti i gruppi Facebook,
elemosinando un biglietto, affidandosi a presunti amici di amici in possesso di
fantomatici plichi di biglietti invenduti o a bagarini senz’anima, che gli
hanno venduto l’ingresso a condizioni da semi-usura:
“Dunque, ecco a te il biglietto..”
“Ah perfetto, grazie! Quanto ti devo?”
“Bene, come d’accordo sono 35 euro, a
cui aggiungere la corona imperiale inglese di oro massiccio, pesante 7 libbre e 6
once, valutata 1110 sterline, la corona d'oro massiccio della regina, pesante 3
libbre e 10 once, valutata 338 sterline, 3 scellini e 4 denari, il mento di San
Giovanni Battista, una coppia di gorilla albini in età adulta e una libbra di
carne umana. Ah, dimenticavo, mi parlavi di tua sorella salutista…sai mica
quanto viene un rene umano in franchi svizzeri?”
I peggiori sono quelli che, invece, non lo comprano ma magari ce l’hanno
avuto gratis per traffici piuttosto loschi e lo sottolineano ad ogni
momento “No guarda, cioè, io non ci sarei mai andato, ma sai me l’hanno
regalato. Ah quanto hai pagato? Io nulla sai, conoscevo quelli che lo
organizzano”. Simpatici come un capello in una portata da ristorante. Tra l’altro,
ne sono certo, metà di questi pezzi Carso mente, spudoratamente. In realtà la
fila da comune mortale l’hanno fatta anche loro, anzi si sono finti gravidi per
passare davanti, ma sai, se sei élite, lo devi rimarcare ad ogni momento, anche
se io non ti ho chiesto niente, infame.
Ma veniamo al top. Alla sera che tutti aspettano. Gli uomini sembrano tutti dei Ken
sessualmente esuberanti e finanziariamente seducenti, belli, sorridenti, eleganti.
Maestri indiscussi di galateo e arti cavalleresche. Le donne, invece, modelle
mozzafiato, candide, ma ammiccanti allo stesso tempo. Roba da far saltare via i
pantaloni come fossero caricati a molla.
SEH,
VI PIACEREBBE!!!!!
Quest’anno ho potuto notare, non senza un certo
sgomento, che il gusto è stato investito da un gatto delle nevi. Si perché,
durante il Gala c’è il malsano rito della foto, per far sognare a tutti il
brivido del red carpet. Bene. Quest’anno la galleria fotografica è stata
inquietante. Roba da carnevale di
Viareggio. (leggendo la descrizione immaginatevi una qualsiasi colonna
sonora supercafona da cinepanettone targato Boldi e de Sica, nda) Gente
con cravatte così brutte che per un attimo ho creduto si fosse starnutita
addosso; altri con cravatte fantasia stile “scranno reale Luigi XIII”; ragazzi
che hanno abbinato ad un completo nero una scarpa estrosa blu cobalto. A guardarli
in foto, questa classe dirigente del domani mi è sembrata un po’ gonfia. Sarà stato il papillon che li
impiccava o la scelta di una camicia di una taglia infelicemente più piccola,
ma mi è sembrato che alcuni stessero per scoppiare, con questi faccioni tondi
come culi. Poi ovviamente c’erano loro, i
cartonati, ossia quelli che in tutte le foto hanno sempre la stessa posa ed
espressione, che è, generalmente, una via di mezzo tra la colica causata da un
abuso di frutta secca e l’embolia gassosa arteriosa da immersione. Ma il fotografo sadico non ha risparmiato
neanche le donzelle: certi quarti di manzo da banco del salumiere, fasciati
da pretenziosi abiti da sera, che davano l’effetto di star sfogliando un
catalogo di Divani e Divani. Quanta opulenza. Alcune hanno pure sfoggiato il
tacco a zeppa, che fa così tanto Jacqueline Kennedy. Altre, invece, hanno
optato per l’outfit “Natale a Cracovia”, un misto di scosciamento, décolleté da quote latte e malattie sessualmente
trasmissibili (impareggiabile la lingua fuori alla Miley Cyrus dell’alta
borghesia, o lo sguardo truce da gattona dominatrice, già).
Una nota a parte
merita il cibo. Scarso. Il diabolico
catering ne mette a disposizione una quantità “leggermente inferiore” alla
domanda degli invitati, scatenando dei tumulti popolari, da assalto ai
panifici. Gente che si mena, si addenta dita a vicenda scambiandole per
cannelloni, si sputa addosso. Alcuni danno anche indicazioni sbagliate su dove
trovare le cose “dove sono i piatti? Ah non lo sai, quest’anno te lo dovevi
portare da casa. Si si vai pure a fare un salto a casa tua, ti tengo io il
posto in fila…..coglione”. Ma la cosa grave è che quando finalmente ti ritiri
dalla bolgia infernale con il tuo magro bottino (una tartina, due fette e mezzo
di salame, un cucchiaio di maccheroni al sugo e un pezzo di lasagna, che il
cameriere ti ha servito, per sbaglio, sopra la fetta di pandoro che avevi nel
piatto) realizzi che la definizione “scarso” non era solo quantitativa. Ogni anno,
il Gala è infestato da portate degne della più cruenta guerra batteriologica. Immancabili
nella formazione gastronomica sono: tartine scongelate a nido di rondine con
ripieno della stessa consistenza del cerume al gusto polvere, maccherone al sugo
freddo, che sembra nel piatto di mangiarsi una scultura futurista, lasagnina al
grasso da scarpe, crepes salata ideale per il lancio con riporto a Parco
Sempione e per finire panettone/pandoro in compensato misto acrilico (gusci di
noce e arachidi in tracce). Questi sono degli evergreen. Senza quelli non è
Natale. Io sto prendendo in seria considerazione di attrezzarmi e l’anno
prossimo aprire una piadineria temporanea nelle vicinanze. Vedrai poi il ricco
Natale.
Ultima considerazione. Io non ho mai, ma dico mai capito, perché
a nessuno sia venuto in mente, in tutti questi anni, di mettere nella sala
qualche sedia. Mica tante dico,
giusto una ventina. Lo dico perché nel corso della serata vedi che lentamente
la gente si accascia al suolo, perdendo conoscenza e sensibilità agli arti
inferiori (specialmente le donne, che solo a casa scopriranno di avere le
stimmate sui talloni come il Redentore). La visione di insieme è quella della
stazione Centrale alle tre di notte a Gennaio: capannelli di gente mezza
intontita che bivacca l’una addosso all’altra, senza scarpe. Alcuni tentano
anche di accendere un piccolo fuoco. Fosse costato un po’ di meno il biglietto,
uno gli faceva pure la carità. Che a Natale, peraltro, vale pure doppio.