venerdì 29 novembre 2013

DECALOGO DEL RIBELLE MODERNO




In questo momento di grave crisi, di larghe intese, di borselli stretti e di tasche bucate; in questo periodo di conformismo dilagante e illiberale, è arrivato il momento di riscoprire il valore della disobbedienza civile. Ma come fare ad essere dei ribelli senza arrivare tardi ad aperitivo, o senza farsi ritirare la carta punti del supermercato che poi non riesco a prendermi quel bel servizio da sei per fare la fonduta in casa che piace tanto ai miei amici quando vengono da me e ci guardiamo assieme quel gran pezzo di servizio ad utenza pubblica di Michele Santoro martire? Perché diciamocela tutta, per far la rivoluzione ci vuole proprio del tempo. E mica poco. Che uno avrebbe anche da andare a pilates: non mi pare che il ventre piatto alla Che Guevara mi possa venire solo a colpi di scioperi, manifestazioni e sanpietrini. Poi se ci metti anche che dal parrucchiere una volta al mese uno ci deve andare per forza (perché va bene essere contro ai doppi stipendi, ma anche le doppie punte non scherzano) e che il lunedì sera a Squadra Antimafia cari miei non rinuncio (combattiamo il crimine organizzato a suon di dati Auditel) per tutti i diritti umani del mondo, insomma, di tempo non te ne resta mica tanto. Ecco allora dieci semplici istruzioni da seguire per preservare la voglia di protestare in corteo, ma dal taxi; per gridare la propria disobbedienza sociale, ma non dopo le 23 come da regolamento condominiale; per essere (o tornare ad essere o diventare) un rivoluzionario moderno, che lancerà pure le molotov alle manifestazioni, ma solo se sono piene di champagnino.


        I.            Non lavarsi le mani dopo che si è usciti dal bagno (è la propaganda borghese e reazionaria che impedisce agli individui di avere un rapporto libero con il proprio corpo; nulla che riguarda quest’ultimo è, pertanto, da disprezzare o allontanare. Bando alle inibizioni –gli estremisti veri possono pure abolire la carta igienica).


      II.            Riponi i prodotti che non compri dal carrello in posti diversi dai loro reparti di appartenenza (es. gli assorbenti nella zona surgelati, il bourbon tra i farmaci, le supposte nella zona caramelle, i preservativi nel reparto “feste e decorazioni”; confondiamo il capitalismo senz’anima).


    III.            Attacca le gomme da masticare sotto i banchi (basta con questa squola che ci costringe e non ci libera, che ci impone un indottrinamento reazionar-clericale. Eviterei di buttarle per terra però che la bidella del secondo piano ha degli zoccoli anti-infortunio di ghisa e un passato da campionessa regionale di lancio del martello).


    IV.            Fai le puzze in ascensore (in guerra, tutto vale, comprese le armi batteriologiche; mi pare fosse Marx che diceva: “due cose non scorda mai il buon rivoluzionario: la foto della mamma, e una mutanda da cambiare nel vestiario”).


      V.            Tocca i quadri nei musei, i vestiti nelle vetrine, gli oggetti sugli scaffali (solo il padrone, tronfio della sua proprietà, crede di poter limitare il popolo e il suo sviluppo e la sua curiosità; la libertà è a portata di mano e se si rompe possiamo sempre dire che l’abbiamo trovata già così).


    VI.            Indica le persone di cui stai parlando (tra i fratelli rivoluzionari non ci può essere divisione di alcun tipo, alcun ostacolo alcun imbarazzo; nel caso il soggetto in questione sia parecchio grosso, assicurati che tra te e lui ci sia una mezza dozzina di carreggiate trafficate all’ora di punta. A Tokyo).


  VII.            Fregati i bicchieri della birra/ vino che ti piacciono di più al bar (la proprietà privata è un invenzione dell’Occidente capitalista ed oppressore. Usata come strumento di sfruttamento e di divisione dei popoli che sono un solo popolo; poi al massimo lo uso come portapenne).


VIII.            Condividi, linka, inoltra, tagga, metti like a tutti i posts, status, pagine impegnate socialmente, femministe, animaliste, animiste, attiviste (la partecipazione è innanzitutto di intenti, di ideali di anime. Non lasciamo che la vecchia utopia della piazza, così strumentalizzata da rivoluzionari traditori, ci faccia sentire inadeguati. Il Web è la nuova piazza, il Web è la vera salvezza. Che poi il giorno della manifestazione non si trova manco un parcheggio e metterla in quello a pagamento per due ore mi scoccia). In alternativa, segui tutti i programmi televisivi di approfondimento politico, scegliendo quelli più sovversivi, anti-governativi e complottisti (perché nel corrotto Far West mediatico, siamo ciascuno di noi è chiamato ad essere shareiffo dell’informazione).


    IX.            Non allacciare la cintura di sicurezza nel tragitto che va dal vialetto al garage e viceversa (perché nessuna legge può impedire un rivoluzionario di muoversi liberamente e di riappropriarsi della strada che è il suo mondo, tranne la zona a traffico limitato che se le telecamere sono accese ti arriva una multa che poi non puoi uscire per un mese per pagarla).


      X.            Non obliterare il biglietto del tram o del treno (riappropriamoci dei trasporti pubblici, che sono diventati aziende impersonali senz’anima, schiave del profitto e dell’interesse di lobby piuttosto che strumento sostenibile di ripiano delle condizioni di vita di tutti i cittadini. Non ci faremo intimidire dal controllore corrotto di cui non riconosciamo l’autorità e in ogni caso se prendi il Frecciarossa la prenotazione la fai online e manco ti serve il biglietto).


    XI.            Bara nella pesatura della frutta al supermercato (la Terra è madre di tutti noi, indistintamente e per questo nessun ostacolo deve essere posto al godimento dei suoi sacri frutti, che nutrono tanto il forte quanto il debole, il povero quanto l’abbiente. E se mi capita, nel sacchetto delle Renette ci metto tre mandarini, un pugno di noci e due cachi, che è pure la loro stagione.


(SI, AVETE LETTO BENE, VI AVEVO PROMESSO UN DECALOGO E INVECE I PUNTI SONO UNDICI. QUESTO PER RIVENDICARE LA MIA LIBERTA’ DI PENSIERO E DI ESPRESSIONE ANCHE RISPETTO A ME STESSO. CHI SONO IO PER PORRE CON UN TITOLO INTIMIDATORIO LIMITE AL MIO DIRITTO DI AUTODETERMINAZIONE ATTRAVERSO LA LIBERA SCRITTURA? SONO UN RIBELLE, NON DIMENTICATELO, E NON DEVO DAR CONTO A NESSUNO DELLE MIE AZIONI, NESSUNO PUO’ ASSOPIRE IL MIO FUOCO E LA MIA SETE…scusate, mi chiama mia mamma che è pronto a tavola e se non vado subito si incazza perché si incolla tutta la pasta e dice che lei non è mica la serva che se la gratta tutto il giorno e la pagano per cucinare, perché è rientrata da lavorare alle sette e pure lei è stanca come tutti……PHASTA LA REVOLUCION!!)

domenica 24 novembre 2013

LA DURA VITA DA FASHION BLOGGER




Ragazzi è arrivato il momento per me di essere magnanima, di supportare con un contributo piccolissimo le minoranze ( anche perché quest’anno mi sono dimenticata di donare l’8 per mille ). E' arrivato  il momento di essere un pelo più buoni con tutti perché il conto alla rovescia verso il Natale si fa sempre più incalzante. 
Già mi aspetto che domani milioni di mie amichette su faccialibro scriveranno “ meno un mese a nataleeee.. si !!! “ . Ragazze io vi amo, giuro. 
Ma non divaghiamo, la specie da salvare questa volta è quella dei grandi e infaticabili Fashion Blogger. 
Lo so cosa state pensando… che a furia di mangiare intolleranza mi sia rincoglionita. Ebbene no sono molto seria. 
Voi non saprete mai cosa sia la vita dura se non provate almeno un giorno da Fashion Blogger .  
Ma parliamoci chiaro la vita da fashion blogger è tremenda!!! 
Un Fashion Blogger si sveglia ogni mattina e sa che dovrà scattare più foto lui/lei di un autovelox. 
Fa colazione e sa che dovrà fotografare tutto quello che ingurgita per finta. Si, perché come potete vedere dai loro fantasmagorici profili Instagram, loro fanno foto di colazioni che nemmeno cicciobombo cannoniere ma poi in realtà si mangiano solo un chicco d’uva marcia così poi gli viene la dissenteria e un chilo lo perdono easy anche oggi. Ma a voi devono far vedere che “ zio mangio come se non ci fosse un domani ma cioè ho un metabolismo cioè che mi brucia proprio tutto... cioè non so come sia possibile anche alla mia cugina di terzo grado modella capita “ GIAH . 
Altra disgrazia che questa specie protetta ha è avere tutto il giorno dietro il loro santo e piatto culetto un fidanzato che, per quanti sforzi di immaginazione possiamo fare, non sarà mai eterosessuale ma accetta di stare con loro solo perché sogna un giorno di poter essere lui il fotografato più fiko dell’anno .
I vestiti che spesso sono obbligate a indossare sono così  brutti che alla Rinascente stanno al reparto "Se compri un capo ti ridiamo indietro i soldi e un buono gratuito per il Burger King". E appena sbagliano le follower haters accanite sono pronte a farglielo notare. Che violenza sono costrette a subire. Anni di psicanalisi per riprendersi dagli insulti ricevuti. Un blogger che ha più nei di Bruno Vespa è stato preso in giro per mesi per questa sua patologia incurabile. Me lo vedo la sera piangere davanti allo specchio o buttarsi da un precipizio con una palla di piombo attaccata al piede urlando "Fanno carattereeee....eeee" SSPLASH
Loro sono obbligate a sposare uno stile di vita politically correct. Loro vorrebbero tanto indossare pellicce e paraorecchie di visone. Ma se lo dovessero fare per loro sarebbe la fine. SONO TRAUMI, il mio pensiero ogni sera va a le povere fashion blogger con le pellicce sintetiche di eco pelo. Potete scorgere una lacrima nelle loro foto. 
Potrete obiettarmi : si ma viaggiano un sacco . Vero, questa cosa effettivamente mette invidia anche a me  ma non mangiando e non scopando MA COME SI DIVERTONO?! Che tu sia a Singapore o Cassinetta di Lugagnano è la stessa cosa. 

insomma un po’ di rischi della carriera da fashion blogger ve li ho elencati. Se non siete convinti fino in fondo e questo percorso lavorativo vi fa comunque rizzare i capezzoli vi voglio rincuorare tenete duro perché mi sto già muovendo per creare per voi un sindacato. 

mercoledì 20 novembre 2013

LE SETTE COSE CHE TI FANNO GIRARE LE PALLE DI PRIMA MATTINA





1.      Alzarsi tutti tiepidi dal proprio letto e appoggiare i piedi per terra, convinti di trovare le ciabatte e invece infilare il piede destro nella ciabatta sinistra e toccare col piede sinistro il pavimento freddo come una lapide perché la stronzissima ciabatta mancante è finita sotto il letto.


2.      Accorgersi di aver comprato biscotti, marmellata, fette biscottate, cereali al cioccolati, integrali, con le fibre, ma di aver finito ieri l’ultimo cartone di latte e di non averne più in casa, ovviamente (sapendo di non poterne chiedere una tazza alla vicina del secondo piano, che porta una quarta estroversa, dato che la volta in cui le hai chiesto un po’ di latte hai rimediato soltanto una commozione celebrale).


3.      Farsi la doccia con l’acqua fredda perché il boyler è rotto, è spento, non ha scaldato o non so che altro ( ti faresti la pipì addosso se potessi per scaldarti, ma dopo il primo getto di acqua a sette gradi centigradi tutto quello che esce è brina).


4.      Vedere, mentre si cammina per arrivare alla fermata, il tram che devi prendere passarti davanti, con il conducente che ti fa ciaociao con la manina. Confidi nel maxi-tamponamento.


5.      Constatare che il tuo treno/tram ha un tempo di arrivo stimato da rivoluzione di un corpo celeste. Ovviamente quando arrivi ti chiedi se quella sia la linea giusta o la tratta che va direttamente a Bombay vista la gente che c’è sopra. Ti pare di scorgere in fondo anche due vacche e una mezza dozzina di galline.


6.      Dimenticare sullo stronzissimo tavolo le chiavi, il portafoglio o (sublime) il caricatore del cellulare. Ti si apre davanti agli occhi un terribile dilemma morale: tornare indietro perdendo così metà mattina.



7.      Partire con la pioggia. Farsi il tragitto con la pioggia. Veder spuntare il sole appena arrivati (riprenderà a piovere non appena timbrato il cartellino di uscita)

mercoledì 6 novembre 2013

GUIDA RAPIDA E POSTUMA AL BOCCONI&JOBS


 Il 5 Novembre scorso si è tenuto il Bocconi and Jobs day. E mi viene da dire che benessere. È l'evento, per chi non lo sapesse, che permette agli studenti di incontrare i rappresentanti di varie aziende, lasciare il proprio CV, baciare la pantofola papale e magari mendicare un internship (stage non si dice più dal 2007, perdenti!). Centinaia di studenti si ritrovano così a vagare per delle ore, spaesati, ripetendo sempre le stesse cose (la maggior parte delle quali balle) e sentendosi rispondere sempre le stesse cose. Ma uno ci deve essere, sempre se sei maschio Loden, hai la pretesa di accoppiarti con una donna Louboutin e darti da fare per il tuo radioso futuro tra amministrazione creativa, gestione burlona e finanza unpo’comecazzocipare. In caso contrario la considerazione che devi avere di te è paragonabile a quella di cui gode la tignola della farina. Tuttavia non è facile approcciarsi ad un evento del genere e neppure capirne gli aspetti più rilevanti.
 Ecco la rapida guida postuma al Bocconi and Jobs (postuma ovviamente per la sbornia).

1.       Al B&J chi va per fare un giro si veste come capita, chi deve lasciare il curriculum ha obbligatoriamente la giacca. Anzi puoi capire quanto hanno bisogni dello stage dalla progressione del vestiario: si va dalla giacca con le toppe di chi “vado mi informo, ma senza impegno”, alla giacca scura con camica bianca aperta di quello che “ho già un mezzo accordo con un’azienda ma vediamo se riesco a trovare l’occasionissima”, per finire con frac-camicia di lino-cravatta Regimental- doppiopetto-gemelli di madreperla-scarpa laccata di chi “vi prego prendetemi a fare uno stage anche come phon asciugamano da toilette altrimenti non mi laureo e mi tocca subaffittarmi il sedere per pagare la retta del semestre”.
2.       Puoi parlare con chi vuoi, dare in giro tutti i curricula che vuoi (che per la cronaca sarebbe meglio stampare già su carta da kleenex), ma tanto alla fine “guarda comunque tu vai sul sito, sezione careers e mandaci l’application”. Ti ci vorranno circa tredici colloqui di questo tipo per farti venire il sospetto che quest’application non si scarica da iTunes e non serve l’aggiornamento ad iOs 7.
3.       Quelli della Credit Suisse hanno le mentine più buone.
4.       Se sei del secondo anno ti dicono che cercano persone del terzo. Se sei del terzo, in realtà sarebbe meglio tu fossi laureato. Se sei laureato, magari aspetta di finire la specialistica. Se sei specializzato, occorrono persone con già qualche esperienza. Se sei plurilaureato, specializzato, masterizzato, tutor, assistente, professore di ruolo, dean della facoltà, in realtà loro sono lì per caso, non sono neanche di Milano, hanno già mandato via gli altri Testimoni di Geova che son venuti proprio ieri e ti hanno fermato solo per chiederti dov'è il bagno.
5.       Non raccontare balle perché ti sgamano. È inutile che gli dici che parli correntemente nove lingue di cui tre neolatine, quattro orientali e due lingue morte, che hai esperienza di scambio e didattica all’estero, in particolare della zona centro-nord-sud americana, che per te la varianza è una danza che si balla nella latitanza e che hai sostituito i comandi di Fifa sulla Xbox con option-call-put-plain vanilla(per crossare) se poi ti presenti con lo zainetto dell’Invicta. Lo sanno che racconti balle. Almeno non essere patetico.
6.       La gente va lì per dare il curriculum, ma si consola col gadget. Anzi, ad un certo punto la ricerca dell’internship naufraga diventando una puntata di “Accumulatori seriali” degna di Real time.
7.       (corollario) il settanta per cento della gente che è lì lo fa solo per i gadgets.
8.       (corollario) la competizione per il gadget è furibonda.
9.       (corollario) mentine, cioccolatini, caramelle, gomme da masticare non valgono gadget.
10.   (corollario) molti gadgets, molto onore.
ecco un chiaro esempio di quanto vi sto dicendo circa la legge del gadget e i suoi corollari

11.   Se arrivi in ritardo, l’unico gadget con cui puoi sperare di tornare a casa è la matita in simil-legno fatta con la plastica riciclata. Molle. Ideale per chi soffre di artrosi precoce.
12.   Gli stands dove c’è più fila sono quelli delle marche di trucchi/vestiti o quelli di prodotti sportivi/case automobilistiche (i cervelloni li evitano). Da quelli finanziari non puoi andartene prima di aver firmato per un fondo comune di investimento aperto non armonizzato (eh????!?!).
13.   I più tristi sono quelli che pur di lasciare il curriculum e fare bella figura fingono spudoratamente di conoscere, amare e voler congiungersi carnalmente con l’amministratore dell’azienda per cui sono fermi allo stand (“no guardi le giuro il suo marchio è davvero un’ispirazione. Sia sul piano aziendale che sul piano di immagine. Poi io i vostri prodotti li ho sempre usati sempre. Cioè per me P&G è un must. Voglio dire ha presente quando avete fatto uscire quel cappellino beige con il pelo e i paraorecchie? Io l’ho comprato subito. Che poi si sa P&G è made in Italy, vuol dire eleganza. Che quando è successa quella cosa col sindaco Pisapia per l’evasione fiscale io ero con vuoi. Si figuri poi che è tre anni di fila che vado al Gay Pride a Roma”……no guarda forse ti confondi….)

14.   Stampate i curricula su carta riciclata. Anche quello, a suo modo, è pensare al futuro.

venerdì 1 novembre 2013

HALLOWEEN E I MORTI BEVENTI



Da qualche ora è passato anche Halloween, razza di ubriaconi che non siete altro. Per alcuni questo ha coinciso tra l’altro con la fine degli esami e il binomio gli è stato fatale (in tutti i sensi). Alcool e morti viventi. Anzi, alcool e morti beventi. Si vede che sottoterra fa particolarmente secco e c’è bisogno di oliare le ugole. Devo ammetterlo, ho sempre faticato a capire la festa, o meglio, la dinamica con cui si sviluppa. Voglio dire: è la festa dei morti no? Bisognerebbe fare paura no? Spaventare, richiamarsi al mortifero, al satanico, all’oscuro, no? Bene. Allora non capisco perché per Halloween le donne si vestono da sexylatexstregaslavecumblowjob, mentre gli uomini sembrano degli idioti allucinanti.
 Le prime si mettono dei completi che risvegliano davvero i morti viventi (altroché rigor mortis), strette in corpetti da mucchio selvaggio tutto nudo e tutto caldo, con dei tacchi d’alta quota che gli fanno un seno da porto d’armi e un culo che più che a mandolino è tutta la Filarmonica di Berlino. Se uno da morto fosse veramente così, al cimitero ci sarebbe la coda e il becchino dovrebbe chiamare il numero con l’altoparlante come dal salumiere.
 Gli uomini no. Gli uomini invece sembrano dei notevoli imbecilli. Li vedi poveroni che sembrano dei cretini, col vestito raffazzonato su, con metà roba loro, metà è prestata, una parte è riciclata da un Halloween passato e un’altra fa parte palesemente di un vecchio costume di Carnevale ritrovato chissà dove. Più che spaventosi sembrano dei senzatetto sciancati con su i vestiti della Caritas.
 Che poi il maschio ad Halloween caccia fuori sempre i soliti tre travestimenti. Number one: IL VAMPIRO, con i patetici canini finti che li fanno parlare tutta la sera come quelli a cui si è gonfiata la lingua per una reazione allergica alla frutta secca e il rigolino di sangue dall’angolo della bocca, che si vede anche da notevole distanza essere di fattura ipercasalinga (pennarello o i più arditi tempera). Il tutto corredato dal misero mantello nero, residuo di un costume di Zorro di quinta elementare che nel corso di tutta la serata provocherà una lieve ipossia (se non altro si risparmia sul cerone bianco).
 Number two: IL JOKER, che dalla morte del suo più noto interprete (pace all’anima sua) è diventato un must in ogni Halloween. Il costume da Joker è insidioso perché è quello che presenta il più evidente divario tra il “com’è” e il “come dovrebbe essere”. Si parte carichi da matti, al pensiero che “massì faccio il Joker che è una cazzata, un po’ di trucco, la giacca, il sorrisone…taaac! Vedrai che mi manca solo l’Oscar”. Se, BAU! Dove cazzo la vuoi trovare una giacca viola??anzi un intero completo, cretino? Così il tentativo naufraga in una passata di bianco sul viso, il sorriso orridamente asimmetrico e i capelli inamidati da una bomboletta che prometteva colore istantaneo.
Number three: LO ZOMBIE, che dato che è morto è buono per tutte le stagioni. È proprio il costume della pochezza, di quelli che porca boia mi son trovato all’ultimo a dover andare alla festa e ora che minchia mi metto. Lo zombie è il costume vincente perché basta una mano di cerone, un po’ di sangue stilizzato, un paio di cicatrici fatte con la matita e oplà, fatto! Poi sotto ti puoi mettere quello che vuoi, dalla tuta (eh sai, sono morto sul divano) ai knickerbockers (eh sai, sono morto in un’escursione in montagna) che tanto una cazzata qualunque te la inventi.
Devo essere sincero, certe cose, non so perché mi mettono un po’ di tristezza tipo:
·         Le cicatrici finte disegnate sulla fronte con una riga orizzontale e quattro verticali
·         Le maschere da strega di plastica verde coi buchini per gli occhi
·         Il cappello da strega nero con la punta che si sminchia subito e sembra depresso
·         Le ragnatele finte che certi locali coraggiosi esibiscono tutti gli anni dal 1906
·         Il flyer della festa “dead or alive” con sullo sfondo mani di zombie protese tipo The Walking Dead verso un bicchiere di mojito con sotto scritto “15 euro entrata e free drink” (no guarda, non so perché ma non credo francamente che questa sarà la festa più spaventosa della stagione)
Ma alla fine l’importante è bersi addosso così tanto da essere a posto fino a Natale.
Un’ultima cosa. Onore al merito: un messaggio che mi ha fatto concludere la serata in bellezza e che è stato per me fonte di ispirazione, perché non è giusto dimenticarsi ad Halloween di “gente come me che finisce di studiare a quest’ora, esce e non capisce più un cazzo, pensa di essere a Gotham City tra tipe che sembrano bulgare sulla Romea il sabato sera e joker boys”.