sabato 29 novembre 2014

COME SI FA A CROCIFIGGERE UNA CROSSGUARD LIGHTSABER?





Dato che ho la fortuna di vivere in un ambiente sociale estremamente variegato, vivo, spiccato e curioso, ho la possibilità oltre che di confrontarmi su praticamente ogni ambito della vita moderna anche di trovare risposte e sostegno alle domande e tesi più disparate; soprattutto, ho la meravigliosa opportunità di poter dire la mia ed intavolare appassionate ed appassionanti discussioni su argomenti di attualità con estrema immediatezza, per stare sempre sul pezzo, per così dire.


Nello specifico, parliamo del teaser di star wars VII, sguinzagliato ieri.
Precisando che non ho intenzione di dilungarmi sulla critica di questi due pezzi, ho visto una video-”recensione” postata sulla pagina https://www.facebook.com/empirafanclub e letto una recensione a fumetti (ma va?) di Ortolani, entrambi fortemente critici nei confronti di alcuni aspetti del teaser di SW VII uscito ieri. Prima di tutto: di "alcuni"? È un teaser, non un vero e proprio trailer: quanti aspetti possono esserci? Quanta la carne al fuoco della quale recensire, non speculare? Insomma, secondo me, qui è palese la volontà di criticare gratuitamente, proprio perchè non si può oggettivamente recensire un dannato teaser. Ma non è questo il fattaccio.

Le frecciatine più perculanti, infatti, sono state scoccate contro la crossguard lightsaber, sì: la lightsaber con la guardia laser, che conferisce una forma di croce all'arma. E allora? BOOOM: le critiche, sempliciotte, ma acerrime e moltissime. “È tamarra”, “la voglia di innovare rovina tutto”, “è una trovata per tredicenni”, “non è utilizzabile in combattimento” e bla, bla, bla, bla...

Ed allora, io, che sono un polemico ma anche uno che ha apprezzato molto il teaser, dico la mia.

1) sospensione dell'incredulità o sospensione del dubbio: espediente letterario utilizzato soprattutto in ambito fantasy e sci-fi, prevede che di fronte ad eventi o fenomeni normalmente impossibili o irrazionali, qualora siano comunque funzionali alla trama e utili al suo svolgimento, lo spettatore/lettore, per scettico che sia, faccia un passo indietro e accetti pacificamente la stranezza. In particolare, qui abbiamo un sith; i sith usano la forza e la usano per fare le cose più bizzarre e, tra le altre, lanciare fulmini di energia dalle mani. Ora: voi non fate domande su questa particolare abilità sith e la accettate, sì? Però, di contro, pensate davvero di poter ridire sull'utilizzo da parte loro di una spada laser con una guardia laser? No. Non potete. Loro sono sith, loro hanno la forza, loro possono. Ciò basti a voi, a me e a Re Kaioh. Diciamocelo: quando vediamo Tony Stark far virate di 90° a mach 3, non ci domandiamo come porca di quella vacca faccia a non spappolarsi il cervello, no?

2) la lightsaber con guardia laser già esisteva o perlomeno ne esisteva il concept: http://starwars.wikia.com/wiki/Crossguard_lightsaber .


Piantatela con 'sta storia del "non sanno più che inventarsi", perchè non regge.
In chiusura e per dovere di cronaca, ho da fare un'evidenziata: sia Ortolani che la video-”recensione” non mancano di sottolineare come la scimmia di vedere SW VII gli rimanga ben salda sulle spalle: perciò, possiamo dire con una certa sicurezza che non abbiano deciso di bocciare un intero film per colpa di un teaser. (Vero? VERO?)
Con somma brevità di argomenti e concisione espositiva, ci siamo arrivati! Si riduce tutto ad una questione semplicissima ma altrettanto fondamentale: piace o non piace. Non metto la citazione latina, perchè altirmenti sarei veramente un paraculo.

I ringraziamenti: Matteo Scarzello, il quale mi ha ricordato il concetto di sospensione del dubbio e "Io non Tollero" che mi ha dato l'opportunità di esporvi queste mie riflessioni.
Elia Coen

sabato 6 settembre 2014

ALLA RICERCA DELL'APPARTAMERDO

(loft open-space, luminoso, in città, ben collegato con bus e metro. Affittasi a ragazza con esperienza in furto con destrezza e in rapina in villa. No perditempo)

No vabbe. Bisogna che qualcosa dica, perché ne sento la necessità viscerale. Devo denunciare un crimine contro tutta l’umanità. Un dramma che affligge tutti e che arricchisce i pochi a scapito dei molti. Mi riferisco alla tragedia dello studente che cerca casa. Ma mannaggia la stravacca della Milka. Possibile che sia più facile trovare una scimmia con doti di calcolo integrale nelle mutande di mia nonna che una casa appena sopra il livello di dignità umana accettabile? Evidentemente si. Del resto nonna ha sempre amato molto gli animali.

Come prima cosa, il pacco è la dimensione
“Monolocale arredato, cucina americana, intimo e accogliente. Funzionale”. Ah beh. Funzionale. Se è funzionale allora va bene. Però intima vuol dire che praticamente caghi nella lavastoviglie, accogliente significa che per aprire l’armadio devi uscire di casa, funzionale significa che per dormire metti i piedi nel forno e che tu proprietario sei stronzo. Si perché la vera arte del locatore è l’inzuccheramento della supposta. Giuro questa è vera. Cerco casa no? La zona è molto bella, il prezzo è abbordabile, e sono comprese tutte le spese. Il colpo della vita uno pensa. Si, ma quel sagomone del proprietario non ti dice che – e giuro che è la verità – che la stanza non ha finestre. Scusa, ma è legale ‘sta cosa? Tu affitti un monolocale, con una sola porta d’ingresso, senza finestre, di 20 metri quadrati. Sii onesto allora, di' che affitti un armadio. O al massimo un camerino di Zara.

Il secondo grosso problema è il bagno
Sì perché il bagno fa tutta la differenza del mondo, tra una stalla e una casa normale. Per prima cosa, se sei un nababbo hai il bagno singolo. E allora lì è benessere perché tanto ci metti quello che vuoi, lo occupi per quanto vuoi e hai l’inestimabile certezza che le puzze e le pisce che senti sono le tue. Il problema è quando il bagno lo condividi. E tanti più sono i coinquilini, maggiore è il divertimento. Intanto scopri la peculiare capacità del colon umano di andare a ritmo con tutti gli altri intestini nel raggio di 400 metri. Praticamente fa come un iPod quando lo attacchi al computer, si sincronizza. E così tutti devono fare la popò nello stesso momento. Ci sono delle code tali che sembra di stare in discoteca. Certi da fuori le vedono e nel dubbio si mettono in fila, che non si sa mai che in zona bidet non diano i free drink. Ma il vero problema è un altro. Sono i peli. OH. SANTO. CIELO. DI. TUTTI. I. BEATI. Peli, peli di estranei ovunque. Che, bagnati, fanno l’onda e tu non capisci se sono di testa, di gambe, di culo o di minchia. In un bagno di una casa che ho visionato, ce n’erano così tanti che le alternative potevano essere: o questi hanno messo la moquette nella doccia (una chiccheria) oppure i miei probabili coinquilini sono una muta di cani da slitta.

Un’altra questione è la condizione media in cui la casa ti viene consegnata.
Non è che è sporca. È, piuttosto, come Baghdad. Ci sono proprio le macerie e dietro alla cassettiera ci puoi trovare due miliziani jihadisti. Un tappetino da doccia, lasciato lì chissà da chi e da quanto, dopo un po’ che lo fissavo, si è mosso e, si è gettato dalla finestra. I consigli della mamma in questo caso sono preziosi: una tanica di benzina, o, in alternativa del fosforo bianco, che fa pure atmosfera.


Per non parlare della vergognosa discriminazione sessuale in materia di affitti.
Case su case su case su case, solo per ragazze. E non c’è verso. E ti prende la disperazione quando è la quinta volta che ti rimbalzano perché si scusa, non abbiamo niente contro di te, però vedi, noi cercavamo una ragazza..MAIALI!! Cercatevela su un sito di incontri, non con gli annunci delle case, che il Signore vi confonda! Preso dallo sconforto, all’ennesimo rifiuto, ho provato a spacciarmi per una ragazza, tirandomelo dentro come ai cani quando stanno su due zampe…mi avrebbero anche preso, se non fosse che così, mi era spuntata la coda.

domenica 13 luglio 2014

LE 7 REAZIONI DI UN ITALIANO ALLA VITTORIA TEDESCA

(a sinistra: composta esultanza della Merkel; da destra: Platinì che si sta pentendo di aver preso il bis di impepata di cozze al ristorante "La Favela" di Rio, e Blatter che controlla di non aver perso la clip del piercing nuovo che si è fatto)


La Germania campione del mondo. No vabbè. Mi scappa un ECCHECCAZZO scrittotuttoattaccato. Non si può. Non ci voglio credere. Ora per quattro anni questi ci mangiano in testa e ce la meneranno fino alla morte. Sapete come si dice “Siamo i campioni del mondo” in tedesco? “Wir sind Weltmeister”. Eh? Scusa come? Più che un ritornello di vittoria sembra una variante alle erbe di una birra trappista: “Scusi mi porta una Weltmeister piccola, sì che devo guidare”. Comunque, superato il gelo generale del resto del mondo (è noto che i tedeschi sono la categoria più odiata al mondo, staccando largamente i lettori di giornale altrui a tradimento e quelli che usano verbi come “fowardare”, “matchare”, “aperitiviamo”) occorre fare un’analisi non tanto della partita, per evitare di spargere sale sulla piaga, quanto delle reazioni del tifoso medio alla vittoria della Germania.

1.       IL COMPLOTTISTA
“Ecco vedi, ha vinto la Germania, ma è normale. Cosa ti aspettavi. Dominano l’economia e la finanza mondiale, figurati che interessi economici ci sono dietro la vittoria”
“Ma guarda, io non credo, l’Argentina ha giocato che sembrava la squadra del reparto di Nefrologia e Dialisi dell’ospedale, sarà stato quello...”
“Se vabbè ciao. Se non ci arrivi da solo. Scusa voglio chiederti una cosa: hai visto che pubblicità c’è stata subito dopo la partita?”
“Si, quella della Opel...”
“Bene, e di che colore era vestita la Merkel stasera?”
“Di rosso”
“E l’arbitro?”
“Pure”
“BENE!!! Non ci arrivi da solo? No perché se questi non sono segni evidenti di un piano volto a truccare i Mondiali, non so cosa dirti!”
“Ma io non penso...”
“E poi scusa, Schumacher, si è svegliato proprio per i Mondiali così, per caso? Oppure l’hanno svegliato apposta sennò si perdeva la vittoria dei suoi compatrioti massoni?”
“Io adesso non tirerei in ballo Schumi, che, povero, in quanto a ballare balla pochino ultimamente”.

È inutile, qualunque cosa dirai verrà ricondotta ad un disegno superiore che coinvolge i Carbonari, il signoraggio bancario, i servizi segreti deviati, Roberto Giacobbo, le scie chimiche e il terzo segreto di Fatima. Roba che Dan Brown a confronto scrive menù per ristoranti cinesi.

2.       IL CONTROTENDENTE
Il controtendente è quello che tifa Germania. Anche se tedesco non è. Affetto da disturbi cognitivo-emotivi tifa Germania per il gusto di stare sul cazzo. Poi quando gli chiedi:
“Ma scusa, perché tifi Germania?”
“E beh sai... l’organizzazione...la pianificazione...che poi quando dicono una cosa, oh quella è”
“Sì ho capito, quindi ti esalta anche la tua squadra di imbianchini quando viene a rifarti il salone! Fai proprio la ola mentre stai seduto nella sala d’attesa del tuo commercialista al pensiero che, altroché 4-4-2, il modulo più sicuro è il 7-40.”
“No vabbè, ora generalizzi. Dai, è stata MERITATISSIMA”
E da lì in poi si aprono fiotti di banalità incontrastata, in cui svetta la perla di Gary Lineker, a cui Dio donò un piede formidabile e non anche un’opportunissima afasia, “Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e poi la Germania vince”. Non provate a convincerli, date loro solo comprensione e affatto, probabilmente la loro mamma li ha accarezzati fino ai 16 anni con un rastrello.

3.       IL ROMANTICO
“Ahinoi, che mondo povero...(sospiro)”
“Perché scusa?”
“La Germania, ha vinto...(risospiro)”
“E quindi?”
“Non c’è più poesia nel mondo...”
“Beh non esagerare, è una partita di calcio!”
“Eh... (sospiro)...non capisci... (sguardo rivolto all’infinito) ...non è solo una partita di calcio. È una lotta, tra vincitori e vinti. Solo il pallone può dare speranza, segnare una rivincita anche degli ultimi.”
“Va bene ho capito, ma è la soddisfazione di un giorno, non è che domani i poveracci stanno meglio...”
“Ma non c’entra, e poi è la sconfitta del cuore contro la fredda tecnica. Vince la programmazione disumana, non il genio, la sregolatezza, la bellezza dell’imprevedibile...”
“Aspe, mi son perso, ma stiamo parlando sempre della partita si?”
“Sarebbe stato un messaggio al mondo. Conquistate tutto con l’allegria. Restiamo umani...”
Ecco, dite a questi che stiano sereni, dato che non mi pare che Pelé abbia già vinto un Nobel per la Pace e che dubito che Madre Teresa di Calcutta sapesse fare più di tre palleggi consecutivi.

4.       IL TECNICO
Il tecnico è quello che, in risposta al tuo commento “Tedeschi cacconi puzzoni pussate via!” si lancia in una trattazione in cinque volumi sui motivi tecnico-tattici della vittoria tedesca.
“Intanto per partire la programmazione e l’organizzazione. Non crederai mica che Loew abbia vinto così per caso. La sua squadra ha un impianto tecnico solido e complesso, frutto di un programma di selezione e formazione che investe ben due cicli completi di Mondiale. Ha recuperato l’uso di mezze ali efficaci, merce rara al giorno d’oggi, e ha rafforzato il centrocampo che non solo totalizza il gioco, ma è anche in grado di concedersi giocate raffinate. L’utilizzo di Klose gli permette di estendere o restringere la cassa armonia della squadra che tra recuperi e ripartenze è in grado di fare un gioco totalizzante. Poi è ovvio, a vincere è il sistema Germania: vivai giovanili obbligatori e gestione dei club trasparente sia sul piano finanziario sia su quello…”. il tutto con l'odiosa tranquillità e l'inutile spocchia della voce di Trenitalia quando annuncia un ritardo di circa tre giorni del regionale veloce verso Venezia Santa Lucia.
Guarda a me la Germania mi sta sul culo perché a Berlino, in gita con la scuola, mi hanno fregato il marsupio, provi a rispondere. Lui continua e tu alla fine ti abboni alla rivista.

5.       IL CRITICATORE TOTALE
In caso di vittoria della Germania, per evidente superiorità, il criticatore totale inizia una serie di insulti in ordine sparso che poco hanno a che fare con il merito della partita:
“Ma dai ragazzi, questi non si possono vedere, ma che cos’è!! Cioè va bene che hanno vinto ma son tristi lo stesso. Ero più contento io quando ho vinto il mercante in fiera quest’anno a Natale. Che squadra triste. E poi brutta, Dio Santo, brutta. Vincono pure, ma sembrano la squadra del dopo lavoro dei metalmeccanici di Mirafiori. E poi la Merkel (suo bersaglio preferito, ndr.). Minchia quanto la odio. Che fosse per loro anche, ma la Merkel non posso sopportare che esulti, sta grassona orrida. Che chi ti ha messo quella giacchetta da piccola fiammiferaia? Ma non hai dei parenti, qualcuno che ti vuole bene e ti dica no guarda Angela se devi uscire con ‘sta roba piuttosto stai a casa. Hai visto il portiere? Che faccia che ha? Si ma tutti comunque, c’hanno quella faccia da nazista, altroché. Gioca la Gestapo stasera…”
E via così di luoghi comuni, dai crauti ai calzini coi sandali, diventati ormai topos letterario.

6.       IL BERSAGLIERE
È quello che, consumatosi il trionfo tedesco, si sente improvvisamente soffocare dalla rinnovata minaccia del Reich. I tedeschi ormai sono in cima al mondo e allora bisogna scendere in campo, per difendere i sacri confini patri. Ispirato dall’ardore nazionale promette che venderà la BMW, smetterà di mangiare yoghurt Muller (perché magari sono parenti, lui e il calciatore), disdice la prenotazione Lufthansa, sostituisce tutta la birra che ha in casa con la sangria, dà fuoco nel salotto alle Puma da ginnastica e usa per l’igiene intima la collezione di pantaloncini Adidas. Trascorrerà le vacanze estive sulle rive del Piave, perché l’invasione non lo colga di sorpresa.

7.       IL MALAUGURANTE

Il malaugurante è quello che tifa contro. La frase classica è “tutti, ma non loro”. E dato che siamo in Italia, tra italiani, il malaugurante contro la Germania è la razza più diffusa, al pari di quella che tifa contro Francia. Bene, il malaugurante passa tutto il campionato del mondo a tifare per la squadra che incontra la Germania, portandole, ovviamente una sfiga da bestia. Questo non lo scoraggia, anzi. Il gufaccio si galvanizza e organizza sedute di macumbe con le zingare in casa pur di veder perdere la Germania. Che ovviamente vince. Riceveranno, al termine della competizione un cesto di frutta esotica, con un biglietto di ringraziamento. “Danke”, ovviamente.

mercoledì 18 giugno 2014

I DIECI SINTOMI DELLA MATURITA'




Oggi c’è stata la prima prova di maturità. E tutti giù a citare Antonello nazionale, che praticamente con una canzone e l’appoggio del Ministero dell’Istruzione si è messo a posto a vita. Ogni maturità è diversa. Ognuno di noi ha avuto la sua notte prima degli esami e il proprio diverso e particolare esame (qualcuno è così stronzo come il sottoscritto, da continuare ad averne pure adesso). Ma ci sono cose che sono uguali per tutti e ci sono tutti gli anni. Almeno dieci. Sono i sintomi che la maturità è arrivata.

1.       IL TOTO-TEMI
Che è una cagata pazzesca. Sempre. Peggio che sentire l’oroscopo di Paolo Fox. Tutti si sforzano di trovare nel corso dell’anno eventi, simbologie, ricorrenze che dovrebbero essere indizi della scelta del Ministero. “Ah ecco vedi, quest’anno ci sarà il 25ennale dell’invio della cagnetta Laika nello spazio. Il tema sarà sicuramente l’estate e l’abbandono dei cani in autostrada”. Ma guarda io non credo. “Hanno incastrato con la prova genetica l’assassino di Yara; la traccia sarà sicuramente il Dna e il suo ruolo nella storia: da Mendel al Detective Conan”. Mi sembra improbabile e pure di cattivo gusto. “E’ morto pochi mesi fa Garcia Marquez. Mi sembra ovvio che tutta la prima prova sarà sulla MotoGP e sulla rivalità con Pedrosa e Rossi”. Se vabbè lallero.

2.       I DIZIONARI
Il dizionario è il vero compagno della maturità. Per l’occasione diventa una piccola enciclopedia miniata. Ogni spazio libero è riempito da glosse, asterischi, rimandi. E nei metodi di redazione si vede che siamo un popolo ingegnoso nelle difficoltà: gente scolla la copertina interna e ci mette i bigliettini, chi fa rilegare pagine in aggiunta, chi incolla pagine pari e dispari con in mezzo pagine di appunti, altri ancora dividono i temi per iniziale della parola chiave e raccolgono il tutto sotto la lettera corrispondente. Ai meravigliosi amanuensi degli anni 00 bisognerebbe dire che se la metà del tempo per fare questi lavori la passassero a studiare probabilmente ne saprebbero più degli esaminatori.

3.       LA CORSA
Prima di ogni esame c’è la ricerca del posto migliore. Che è sempre quello più indietro. Quello che è quasi in bagno. Quello dietro la colonna. Quello che è così indietro che praticamente è in un’altra scuola. Per aggiudicarselo, la lotta è senza quartiere. Appena si aprono le porte le scene sono quelle di una fuga da un palazzo in fiamme.  La lotta è senza quartiere. Calci, pugni spintoni, bastardo, infame, ti ammazzo. Sputi e lanci di oggetti contundenti. C’è gente che porta un dizionario in più proprio per scagliarlo sulla folla urlante. Alcuni non arriveranno nemmeno ai banchi.

4.       LA COMMISSIONE
La commissione d’esame, nella sua varietà, raccoglie sempre le stesse categorie di persone. C’è l’esaminatore-merda, quello incattivito dal caldo, dalla calvizie, che lo colse a 22 anni, e da una vita familiare fallimentare che passa gli esaminandi a filo di coltello; c’è quella che non ne ha un’idea, la riconosci perché si presenta in sandali, con la gonna ampia e vaporosa, fa domande da consumatore seriale di limoncello e l’unico contributo che fornisce al collegio è proporre la pausa caffè; oppure c’è quello che ha meno voglia di essere lì degli studenti, di solito è il professore di materie che in quel liceo non c’entrano nulla: inizia a sudare dal 6 Giugno e finisce il 18 Luglio, respira rumorosamente e, tra uno studente e l’altro, bestemmia.

5.       LA TRACCIA DI MERDA
Ogni maturità ha una traccia imbecille. Così idiota che sembra finta. Tipo quella che capitò a me, e giuro non sto scherzando, sugli alieni. Chi cazzo ha fatto entrare Giacobbo al Ministero dell’Istruzione? Chi me lo corregge il tema poi, la redazione di Mistero? E ovviamente c’è sempre il compagno di classe coglione che la sceglie, dato che in genere è così ignorante da non scegliere quella su Quasimodo perché “il cartone Disney non me lo ricordo bene e poi manco mi è piaciuto tanto”.

6.       IL TEMA STORICO
Che è quello che nessuno sceglie mai. Perché obiettivamente fa schifo. Io farei una proposta e lo abolirei. “Europa del 1914 e quella del 2014: trova le differenze”. Gerry Scotti? L’Iphone? I selfie? “L’Italia e la tragedia delle foibe”. Ma siete cretini? Metà degli studenti è un miracolo se arriva alla fine sella Seconda Guerra Mondiale e voi scegliete le foibe. Che poi ci fu un ragazzo, sublime, che lesse male e scambiò il tema storico per quello psicoanalitico: la tragedia delle fobie. Inutile dire che la sua maturità fu parecchio in salita.

7.       LA CACCA
Almeno per quanto mi riguarda, la maturità mi ha provato dal punto di vista gastrointestinale. Il ricordo più vivido che ho è che due ore prima dell’esame iniziava un moto tellurico a livello dell’addome e in breve tempo mi trovavo nella mutanda una riproduzione in scala, funzionante, dei soffioni boraciferi di Larderello. Roba che proprio i Dolori del giovane (sul) Water. Altro che Dukan, ce l’ho io la dieta miracolosa: gli esami di maturità, un paio di volte l’anno.

8.       IL RIPASSONE
Si arriva alla maturità avendo in mente un programma di studi da campo di lavoro coreano. Allora, 6.45 sveglia; 7:00 saluto al sole; 7: 05 colazione; 7: 10 inizio studio; fino alle 11 si fa tutta la letteratura da Manzoni a Moccia; dalle 11 alle 13 storia: dalla fondazione dell’impero carolingio fino alla guerra in Kossovo; dalle 13: 00 alle 13: 05 pranzo; fino alle 16 geografia diritto scienze sociali; 16- 18 fisica e biologia: dalla scoperta del fuoco alla pecora Dolly; 18 – 21 filosofia geologia matematica; 21: 05 chimica, nel senso che bisogna che ti droghi; 21: 10 – 23 storia dell’arte letteratura latina e greca; 24 religione, nel senso che reciti un rosario nel caso dovessi morire nel sonno.

9.       LA SECCHIA
Tutti, ma proprio tutti, l’hanno cercata come estrema ancora di salvezza. La secchia di turno, che passasse tutto il passabile, con la collaborazione di qualche esaminatore interno che fa finta di non vedere. E’ scientificamente provato. Durante l’esame il secchione esercita una forza di gravità sui propri compagni direttamente proporzionale al quadrato del prodotto tra le materie da preparare, i nove in pagella di questo e l’ignoranza avvilente degli studenti, il tutto fratto il numero dei compagni di classe. A questo si aggiunga che l’esattezza della versione che ti passerà sara tanto inferiore quanto la lunghezza del raggio visivo-uditivo entro cui si trova il copiatore. Questo significa che la gente si picchia sulla schiena pur di sedere vicino al primo della classe, che diventa “voce della verità”. Ti recitasse, per vendicarsi, la lista dei film di Cicciolina al posto della versione di Tacito, non ci sarebbe problema, nessuno dubiterebbe del Verbo.

10.   FINALMENTE E’ FINITA
Forse la sensazione più bella di tutte. Sentire di avere chiuso un capitolo enorme della propria vita. Chiuso con verifiche, interrogazioni, compiti a casa. Vedrai quando sarò all’università sarà tutto diverso. Farò ciò che voglio, studierò quando voglio e come voglio. Autonomo, indipendente, bello, splendido e splendente. E la cosa forse più bella di tutte è che, in quel momento, ci credi ancora, per davvero.


giovedì 17 aprile 2014

ABBIATE PIETA'

E' morto Gabriel Garcia Marquez. E' una cosa molto triste la morte di uno scrittore, perchè, al di là di tutto, il mondo ha sempre, disperatamente bisogno di storie da ascoltare. Personalmente oggi mi sento più povero. Vorrei però precisare una cosa: io odio, con tutto me stesso i coccodrilli di Facebook, che lo salutano con una citazione brutta orrenda o con frasi così inutili ed artificiali da sembrare le modalità di applicazione scritte dietro il flacone del balsamo. A caccia di un like, di un commento, o magari solo per dimostrare di avere una cultura letteraria importante (poi vai a vedere su Wikipedia e, guarda caso, la frase scelta è la prima citazione riportata sulla pagina).

Quello che chiedo a questi cyber-becchini è di avere pietà dei morti. Di evitare manifestazioni esibizioniste di un lutto presunto. Volete ricordarlo come si deve? Spegnete tutto e andatevi a comprare uno dei suoi libri che magari non conoscete. Oppure, nell’intimo di camera vostra, recuperate un passo di una delle sue opere, non il vostro preferito, che di solito fa schifo,ma uno a caso. Una pagina, un capoverso. Al massimo dieci righe. E leggetelo e tenetelo per voi, lasciate che vi pervada, come la pioggia d'estate, improvvisa, durante una passeggiata. Abbiate pietà.

Un ultima cosa. Vi prego, davvero, in ginocchio, non salutatelo su Facebook. Non ce n’è bisogno. Spero che almeno in Paradiso, o dovunque egli sia ora, non arrivino le notifiche, o per lo meno non abbia tempo né tantomeno voglia di leggerle, nonostante la rete wireless prenda da Dio.

martedì 15 aprile 2014

IL SACRIFICIO DELLA PALESTRA





Credo che uno nella vita possa mentire a tutti ma non a se stesso. Io sono grasso. È una vita che lo sono. E porca puttana. Quando mi siedo e poi mi alzo il mio ombelico sembra la bocca di una cernia appena pescata. Il mio ombelico sbadiglia e in alcuni momenti della mia grassa esistenza ha assunto un’espressione di sorpresa. La mia pancia, da sempre, è a bocca aperta. Si vede che il mondo la lascia senza parole.


Questo fino a ieri. Si perché il vecchio me è morto, per fare spazio ad una versione del sottoscritto più tonica, massiva e vascolare. Mi sono iscritto in palestra. Avevo un sacco di pregiudizi sulla palestra, su quelli che la frequentano, su ciò che si fa.
E, lasciatemelo dire.. AVEVO RAGIONE SU TUTTO!!!
Andare in palestra fa schifo, e se per caso sei uno di quelli a cui piace, va via, maledetto bastardo rassodato, non ti voglio nel mio post, stronzo!!


La palestra mi fa schifo innanzi tutto per l’odore, di disinfettante, anabolizzanti e paura. Mi sembra di allenarmi dentro una clinica veterinaria. Porta l’asciugamano, pulisci i manubri, asciuga il seggiolino. “Guarda io non sudo più dal 2003, che per la cronaca è stata l’estate più calda degli ultimi secoli (e pure quella in cui uscì l’intramontabile lavoro di DJ Bobo: Chihuahua; non so, che dite, non credete ancora alle coincidenze?), quindi non c’è pericolo che bagni le macchine, io piuttosto terrei d’occhio quel ragazzo lì sulla cyclette che deve essere fatto di Calippo visto che il 60% di acqua che è in lui si sta riversando nella sala fitness e francamente quell’asciugamano da bidet che si è portato costituisce una ben scarsa difesa ai suoi getti d’acqua in stile Blastoise”.


Della palestra poi odio le macchine. Nel senso che mi inquietano. Mi sembrano macchinari da Inquisizione spagnola ai tempi della Controriforma. Se un le guarda con occhio obiettivo, si renderà ben presto conto di come siano pensate per stritolare, disarticolare, sfondare, torcere, lussare ogni parte del tuo corpo. Ieri stavo facendo quella che si chiama butterfly machine (nota personale: il dolore che ti infligge la macchina è direttamente proporzionale alla dolcezza del nome, tipo come la parola curaro: “mm ho proprio una brutta tosse, devo avere la gola infiammata..” “Guarda tesoro prova questo nuovo prodotto di erboristeria, si chiama curaro..lo dato ieri a nonno che non riusciva a dormire per il mal di schiena e guarda, è mezzogiorno e non si è ancora tirato su il dormiglione” …già). Dunque dicevo, stavo facendo sta macchina per i pettorali, quella per cui devi aprire e chiudere le braccia…beh…non è che abbia sofferto, diciamo che alla terza serie da dieci ho iniziato a gridare: ABIURO!!! ABIURO!!! LA TERRA STA FERMA E IL RESTO TUTTO LE SI MUOVE ATTORNO!! Probabilmente Galileo è stato piegato da una sessione di spinning; se non altro quelli dell’Inquisizione l’abbonamento non te lo facevano pagare.


Altra cosa che odio delle palestre sono le altre persone. La mia palestra perfetta dovrebbe essere tipo al centro del deserto del Gobi. Nessuno, io intorno non voglio nessuno. Si perché io in palestra ci vado come ad espiare dei peccati, col capo cosparso di cenere; questi infami figli di una vacca magra ci vanno e godono. Anzi se non ci vanno stanno male. E quando arrivano li vedi tutti baldanzosi che non vedono l’ora di spaccarsi di brutto di addominali.

“Ehi ciao non ti ho visto mica entrare” (da leggersi con voce grossa e cavernosa)

“Eh per forza, sai ieri ho finito di lavorare sono venuto qui alle 20 e poi, una cosa tira l’altra, quando ho riguardato l’orologio erano già le tre di notte e allora mi son detto sai che c’è, tanto vale farmi apertura! Sono sudato da quasi 14 ore, mi sento vascolarizzatissimo!!” (da leggersi con voce maschia)

“Wow che fortunello, io invece guarda, oggi ho annusato per sbaglio una fetta di crostata e allora mi sono fiondato qui, ciccio merdone che non sono altro”

“Bravo, che dal naso alla pancia è un attimo”

“Infatti adesso dovrei fare 16 serie da 25, ma ne faccio 20 da 50 con peso doppio così mi punisco…atzzzz (verso da sollevamento) …utzzzz (altro verso da sollevamento) mmm come godo…sento che mi si sta accavallando un muscolo, come mi piace!”

“Bravo che se non si accavalla non serve a niente”

E intanto capito io sono lì, attonito, che piuttosto che finire la serie di torsioni col bastone mi farei calpestare da un esercito di ballerini di tip tap.

Che tra l’altro andare in palestra, per te che sei un novizio, un nuovo adepto del circolo del bicipite (praticamente un bicircolo), il confronto con gli altri è impietoso. Tutti intorno a te vedi uomini enormi, che sollevano pesi dell’equivalente della tua famiglia, zii e nonni compresi, dopo il pranzo di Natale; ma soprattutto vedi donne, DONNE, picchiare il sacco da boxe con una forza e un’aggressività tale da farti guardare nelle mutande, rendendoti così conto che quei pochi centimetri di virilità ti sono rientrati, sono diventati retrattili dalla vergogna, come ai cani. Se infatti, loro sono talmente grossi da doversi dipingere addosso i vestiti non esistendo una maglietta in grado di resistere alla sollecitazione dei loro avambracci da distruzione di massa, tu a mala pena riesci a sollevare un decimo del loro peso senza sospettare di aver realizzato per lo sforzo un inedito di Pollock nelle mutande.

Ultima cosa che non riesco a tollerare delle palestre (anche se non dubito che l’elenco sia incompleto) sono gli spogliatoi. OH MIO DIO CHE SCHIFO GLI SPOGLIATOI!!! Perennemente umidi, sembra di cambiarsi nelle paludi di Venezia. Immancabile la classica pozzangherina di broda primordiale, viscida e insidiosa, che anche se non vuoi sfiori comunque con la parte del piede che esce dall’infradito. Lebbra allo stato liquido. Ma soprattutto il capello galeotto, o peggio il pelo pubico attaccato come un monito alla parete della doccia, all’altezza delle spalle. Ora, quale cazzo di legge fisica mi può spiegare il fenomeno?? Come fa un pelo di palla a finire dietro la mia nuca??? Ad ultimo vorrei fare un appello. Bellissimi di rete quattro, lavatevi. Non esiste che arriviate, grondanti di sudore, vi passiate l’asciugamano a mo’ di Sindone sul corpo, vi rivestiate a salutiate l’allegra combriccola.
Si perché care le mie belle ragazze che volate di fiore in fiore, sappiate che ci sono dei ragazzi che fanno così, e si dà il caso che spesso siano i più fisicati di tutti.
No lo dico perché nel caso perdiate la testa per un bel marinaio dall’occhio ceruleo, con un addominale da réclame di profumo, state in campana, che quello che potreste sentire, mordendogli il bicipite, potrebbe non essere sapore di mare.


domenica 6 aprile 2014

PICCOLA STORIA NOBILE SULLA DIVERSITÀ DI GENERE


Mi piacciono i parchi. Specialmente di domenica e specialmente di primavera perché si riempiono di bambini. No, non ho delle deviazioni sessuali. Mi piace e basta perché torno bambino.

Ecco allora che ci sono quelli sullo scivolo, i giocatori di nascondino che poi spariscono veramente, vittime di un rapimento con destrezza in pieno stile zigano, il bambinone spumone ciccione che pretende di essere spinto dal nonno più secco di un callo del piede di un tuareg.

E poi c'è lui.
L'instabile bambino in bicicletta.

Lui mica ci vuole andare in bici. Sono i genitori che lo costringono. Perché sennó il ragazzino si isola. "Se vai in bici hai amici". E così il traballante bambino viene piazzato sulla bici, ovviamente avvolto da un triplo strato di protezioni: caschi, parastinchi, ginocchiere, gomitiere, guanti, sospensori. Praticamente potrebbe girare in bici serenamente ad Hiroshima. Comunque. Il bimbo parte. È incerto ma parte. Traballa. Pedala. È in equilibrio. Formidabile. Ci prende confidenza. Veloce, sempre più veloce. Affronta una discesa. No bimbo, mi sembra prematuro, io mi limiterei al falsopiano.... Come non detto. La ruota dietro perde aderenza e il pargolo striscia per tre metri buoni. Urla. Grida. Sembra uno stormo di gabbiani su un peschereccio. I genitori apprensivi corrono sul luogo dell'accaduto. E qui si dispiega il miracolo. Lotte improbe di generazioni in nome della parità dei sessi sbugiardate in un attimo. La mamma prende in braccio il bambino: "amore oddio amore dimmi come stai? Che hai fatto? Stai bene? Vieni che mamma adesso ti guarisce la bua!". Il papà, invece, un genio. Corre anche lui agitatissimo verso il figlio. Ma con movimento repentino sfila da sotto il bambino la bici, mette giù il cavalletto e inizia a sincerarsi delle condizioni del mezzo meccanico. Dopo qualche minuto si tira su tutto soddisfatto e, portandosi dietro la bici, mormora: " Per fortuna che sei caduto di lato,  che ti ho cambiato ieri il manubrio, e mica ci torno da quell'aguzzino del biciclaro, che mi sei costato un botto".

La vita, nella sua diversità, è piena di gioiosi miracoli.

domenica 23 febbraio 2014

SANREMO 2014: LE PAGELLE



Anche sto Sanremo è finito e diciamolo già un po’ ci manca. Visto che è stata la fiera del politicamente corretto anche le consuete e inutili pagelle sono state redatte con spirito equanime. Cinque voci per lei e cinque voci per lui. Lei attenta allo stile, alla musica, al livello artistico e tutte ste pippe da prima della classe, quella di lui che nota solo le cose più inutili e la percentuale di tettas fruibile comodamente dal divano.

PAGELLA DI LUI

VOTO7: DI SORPRESA ALLE TETTE DELLA LITTIZZETTO
Ma da quando la bella di notte di Che tempo che fa a ‘sto paio di Milka’s?? Roba da non crederci. O Sanremo ha iniziato ad elargire miracoli che neanche San Gennaro coi saldi (ma dubito, perché altrimenti il buon Fazio Fabio, il conduttore che si taglia con un grissino, avrebbe dovuto ricevere una spina dorsale) oppure c’è puzza di Silicon Valley.  Ma lei non era quella che viva i brutti perché la bellezza è negli occhi di chi beve?? È facile fare la piatta col seno degli altri, eh Lucy Liu?? Comunque non lo trovo corretto; uno si illude, nell’abbiocco generale di aver trovato un approdo libidico e invece alza lo sguardo e AAAAAAARGH!!!!!!!!! BABBA BIA!! Il pensiero di aver avuto anche solo per un attimo fantasie sconce su quel decolté ti fa sentire sporco come se ti fossi eccitato a guardare il sedere di una suora. Ma il costumista suo, che voi sappiate, è ancora a piede libero?


VOTO 3: ALLA PATATA
A livello di presenza tuberosa fate conto di aver visto una rievocazione storica della grande carestia irlandese di patate del 1845. Una desolazione. Dico solo che quel pezzo di carne sotto sale delle gemelle Kessler a confronto del resto sembravano filetto al pepe verde. Sicchè si fa quel che si può. Posso affermare una cosa in controtendenza. A me la Casta m’è piaciuta. Morbida e rassicurante come la merendina della Susanna tutta panna con i grissini nella scatolina. Certo non è stata il massimo nel canto. Certo la coreografia la deve aver provata a L’Aquila. Certo il suo dentista deve essere un lanciatore di coltelli cileno. Ma insomma, le altre erano così in là con gli anni che le (poche) fantasie possibili su di loro erano in bianco e nero. Tra l’altro il tema, poco rimarcato, era la bellezza: OLTRE IL DANNO LA BEFFA!! Si vede che a Fazio piace l’odore di formalina.

VOTO 8: AI FIORI
A me i fiori a Sanremo fanno schifo. Li odio. Mi puzzano da esequie, da ditta di onoranze funebri. Grazie per averli eliminati. Del resto è anche fuori luogo: la canzone italiana non ha bisogno di fiori, è stata tumulata già da tempo. I parenti ne danno il triste annuncio.

VOTO 6: AL TENTATO SUICIDIO
Che spettacolo. Per un nostalgico come me questo è oro. Un deja vu. Pippo dove sei, Pippo!!!!! Torna ti prego. Quando c’era lui la gente si buttava tutta in orario. Certo molti hanno sollevato obiezioni sulla credibilità della scena (da dove sono arrivati, come ci sono passati, come mai due disoccupati indossavano scarpe firmate, come mai sembra che la Rai gli abbia pagato l’albergo a Sanremo). Sono tutte malelingue. E poi, il loro messaggio è stato frainteso: non era una protesta, ma un’anticipazione delle successive reazioni del pubblico. Non erano disperati, solo in anticipo con la scaletta.

VOTO 10:ARISA VINCITRICE
Prima di sollevare qualsiasi protesta teniamo a mente una cosa. Questa di cognome fa Pippa. Il premio è meritato, se non per la coerenza, almeno per la forza di aver superato indenne il liceo.


PAGELLA DI LEI

VOTO 2: LIGABUE CHE FA COSE
Quest’uomo come si è mosso ha pestato una merda. Intollerabile la sua interpretazione di “Creuza de ma“ e perfino il suo cavallo di battaglia “ Certe notti”  non è riuscito a coinvolgere  l’Ariston. Poi ha cantato “Il sale della terra”. Io sta canzone l’ho già sentita. 

VOTO 9: A RENZO ARBORE
Renzo Arbore : forse il momento migliore di tutto questo #quasifestival. So che a cantare in napoletano per la gioia di Edoardo sono stati in molto in questo festival … Ma come Arbore credo che nessuno sia riuscito a coinvolgere il pubblico. 

VOTO 8,5: GUALAZZI ft. SIR BOB
Badate ben io lo so che era musicalmente il pezzo migliore di questo festival… Grazie tante mettiamo insieme due mostri della musica e cosa abbiamo??! UN PEZZO MEDIOCRE. Si perché la delusione è stata davvero tanta. Uno aspetta mesi per sentire questa combo musicale che ha tutta l’aria di essere divino.. e invece sente l’elettronica da Raffaellona nazionale.  Comunque podio meritato ( vi piace vincere facile!? ) 

VOTO 5: ROCCO HUNT
Allora devo parlare di lui perché ha vinto la categoria nuove scoperte. Ok ce la devo fare. Allora lo sappiamo bene che il sud Italia quando c’è da supportare qualcuno sono i migliori. Si. MA questo qui mi era ultimo nella classifica della giuria di qualità e il voto popolare lo ha fatto schizzare al primo posto. È L’UOMO TELEVOTO. Ora capite perché la democrazia diretta non è pensabile? Rocco e lu juorno  buono che tu ti dia all’ippica. Ae quest’anno allo festivallo di Sanremo si è proprio pariato. 

VOTO 7 E MEZZO: ARISA
Othelma puliscimi le scarpe. E infine lei. Magò. Fate largo gente.  Miss ghiandola mammaria ARISA . Una settimana prima del festival di Sanremo ho detto a una persona “quest’anno vince Arisa“. Bene. Secondo voi abbiamo scommesso!? No. MALEDIZIONE. Comunque mi tengo la soddisfazione di averlo detto. Mi sento un po’ Pippo Baudo in questo momento… L’HO SCOPERTA IO PIPPAAAA !! E ho un testimone. 
Bene Giuseppe Anastasi ha tirato fuori il pezzone da Sanremo che tutti aspettavamo. Una canzone molto Disney ma perfetta per Arisa, sempre fedele al suo personaggio. Vittoria che comprendo e approvo. Il brano Controvento mi sta martellando la testa da circa 5 giorni… anzi ora me lo ascolto un po’. C’è da dire che mi è mancato il TRASH. Dove stavano quest’anno Un GIGI d’Alessio e una Loredana Bertè aka richard Benson!??
La Carrà ci ha provato ma non era il trash di cui avevo bisogno. Fazio impara da Baudo. Le sigle come le faceva lui nessuno mai. 

PERCHè SANREMO è SANREMO





mercoledì 12 febbraio 2014

5 MOTIVI PER ODIARE UNO STUDENTE IN SCAMBIO

(foto tratta dal sito www.west-info.eu)



Proverò ad essere molto pacato e diplomatico. A me tutti ‘sti compagni di classe (scusate ma colleghi mi fa schifo come termine, lo usano solo i boriosi e gli idioti) che fanno lo scambio mi stanno sulle palle. Io vi odio. Non vi sopporto più. Giuro quando vi vedo la voglia di spostarvi l’asse della mandibola con un cazzotto ben piazzato è irresistibile. Si perché, cari i miei Marco Polo della domenica, cari i miei Vasco de Gama dei miei stivali, cari i miei “io vagabondo che son io vagabondo che non sono altro” di sto gran paio di santissimi, il vostro exchange elettrizzante lo scontiamo noi, quelli che restano, il pubblico da casa.


1.       LE FOTOGRAFIE
Ora, se a metà Novembre tu pubblichi, condividi, invii foto di te che fai surf sulla costa australiana, immersioni in profondità in Nuova Zelanda, prendi parte a riti propiziatori del vigore sessuale in un tempio a Java, combatti a mani nude un diavolo della Tasmania per segnare il tuo passaggio all’età adulta o scali vulcani ancora attivi alla ricerca di te stesso, beh la differenza tra te e un ufficiale della Gestapo è solo la nazionalità sul passaporto. Perché la cattiveria sadica e gratuita è esattamente la stessa. Perché diciamolo una volta per tutte. Gridiamolo a pieni polmoni. LE TUE FOTO MI FANNO SCHIFO E NON VOGLIO VEDERLE. Se voglio vedere il Grand Canyon al tramonto o l’alba sulle rovine di Machu Picchu mi compro l’ultimo numero di National Geographic; se voglio vedere quanto fa schifo la mia vita mi basta guardare “Gli uomini più ricchi del mondo”, una simpatica serie tv che mostra la giornata tipo di un multimiliardario, che snocciola come fossero numeri telefonici le proprie sostanze finanziarie. Cifre che non guadagnerei mai, manco avessi due culi e li dessi via entrambi.


2.       LA VITA VISSUTA
L’exchanger parte che solitamente è Clara, quella anemica sulla sedia a rotelle amica di Heidi, e torna che è tipo John Wayne, dopo che si è bevuto un frullato con le balle di Chuck Norris, Indiana Jones e Clint Eastwood. Il viaggio l’ha cambiato, l’ha toccato dentro (se vabbè è stato il viaggio a toccarti, sicuro, proprio lui, non quella spagnola lasciva o il norvegese con un pettorale soppalcabile). Insomma, niente, tornano cambiati e spaesati e ogni occasione è buona per rimarcarlo. Poi capito, dopo che ti parlano del loro percorso dentro e fuori loro stessi, ti chiedono: “beh e tu, invece? Niente di nuovo? Che mi racconti? Non hai niente da raccontarmi?”. Ma minchia. Ora dimmi cosa posso raccontarmi dopo le mille e uno avventure che mi hai sciorinato. Io ho fatto la solita vita di cacca, facendo i soliti esami di cacca, sotto una pioggia di cacca, fino a quando non sei tornato tu a farmi sentire ancora più una cacca. Io ho pensato che al prossimo che mi chiede potrei tipo rispondere:

 “Mah guarda…mentre eri via ho vinto alla lotteria, due volte, eh si incredibile vero? E giocando gli stessi numeri pensa. Eh ma quando si dice il caso. Poi ho cambiato sesso un paio di volte, solo per vedere se è più comoda la tazza o la turca e per poter spostarmi rapidamente a cavallo del mio assorbente con le ali; poi ho scoperto la cura per l’aids, la poliomielite, la calvizie, il tumore alla prostata e il raffreddore comune, ma ho scritto la formula chimica su un cracker e, sovrappensiero, me lo sono mangiato. Mi hanno fatto beato; ho fatto un concerto all’Arena di Verona e ah sì, dimenticavo, mi si è allungato l’apparato riproduttore a tal punto che ora somiglia ad una manichetta anti-incendio”.


3.       L’ESCLUSIONE
Ogni scambista, quando incontra un altro scambista, sembra ritrovare fratelli di sangue. Incredibile. Può averli visti anche mezz’ora prima ma niente, l’abbraccio da Carramba che sorpresa! è inevitabile. E poi iniziano discorsi che tu, che lo scambio lo fai solo di figurine Panini, non puoi capire neanche lontanamente:
“ehi bello come stai..oh ma sai oggi mi è tornata in mente della camera all’ostello in centro a Taiwan” “Maaaaaaaaamma vecchio che degrado..15 no capito 15..e scusa quella volta io te e Franz con il gorilla albino?”
“Minchia vero, me ne ero dimenticato!! Ma poi che fine hanno fatto i calzini?”
“Ah niente saranno ancora dentro la macchinetta dei preservativi..”
“Caz vero, ma erano dappertutto quella sera!”
“ Eh per forza. Che tra l’altro quel giorno le due tipe erano ancora a letto e manco si sono accorte di niente”
“Loro no, ma il custode si..che ci stava per spaccare la macchina!!”
“Oh dai vabbe, ti dico solo una parola….Canterano!”
“ahahahahaahahahahaahah! Ca è vero!!!ahahahaahahaahah! sei un boss! Dai ora ti saluto…”

e tu intanto resti lì, sospeso come un fesso, a chiederti se quella sera, ad essere dappertutto, fossero i preservativi o i calzini.


4.       IL PIANTO
Si, perché anche gli scambisti piangono, appena tornati. Tutti, o almeno quasi. Che per te che sei qui e magari li aspettavi pure è un po’ complicato da accettare. “Oh guarda…a me dispiace che ti manchi così tanto la Svezia.. guarda, se vuoi mi faccio i capelli biondo platino, ti compro una renna e sto fine settimana ti porto all’Ikea e chiediamo al custode se ci fa dormire li, va bene?”. Ma nulla può guarire un exchanger in depressione (come se quelli che son rimasti qui invece facessero parate in maschera tipo Disneyworld dalla gioia).


5.       IL CREDITO
Gli infami, tra l’altro, oltre ad essersi spaccati la testa come una noce, tra donne/uomini, alcool e altre attività promiscue tornano, belli come serafini, e con gli occhioni puliti ti dicono “Ah ma io questo esame non lo devo mica dare, l’ho già dato in scambio. Anzi anche i prossimi tre li ho già dati, sono in credito di esami”. E tu senti che qualcosa dentro di te prima urla, sbava, si rivolta, si contorce e poi muore. E ovviamente gli esami già dati sono quelli noti per essere assassini, di quelli che il prof si presenta in classe col cric.



Ma la verità alla fine è una sola. Che a quelli che non partono, il culo rode fino a fare le scintille. Vi prego, abbiate pietà di noi. Amen.

sabato 8 febbraio 2014

IL LAMENTO DI UN UOMO CON LA PANZA

(esempio di inevitabile imbolsimento, tratto da www.spetteguless.it)



Anche questa sessione di esami è finita, lasciando un vuoto e una stanchezza da lavanda gastrica. Mi è rimasto più o meno quel sapore in bocca, di succo gastrico, risotto alla milanese e colazione. Che bella immagine eh? Però è la verità. E per la mia media questa sessione è stata paragonabile ad un’aggressione di un criminale tossicodipendente nelle periferie di Bucarest. Dopo una settimana di regressione animale, essendomi accorto del degrado corporale raggiunto, mi sono andato a fare la doccia, che lo scarso utilizzo in queste settimane, coniugato alla durezza dell’acqua milanese, che più che acqua, da questo punto di vista, sembra ghiaia, avevano reso simile alle Grotte di Frasassi. Dopo aver costretto alla fuga una comitiva di asiatici che si stavano facendo le foto sotto la cornetta della suddetta doccia, mi ci sono messo sotto e giù di raschia e sapone. È stato come togliere la corteccia ad un albero. Completata l’abluzione, sono uscito in accappatoio, mi sono asciugato e ho dato un’occhiata distratta allo specchio accanto a me. E lì ho avuto l’epifania del porca vacca. Non è un bel momento quando succede nella vita di un uomo (e succede nella vita di un uomo stronzetti, prima o poi capita a tutti non crediate, chè lo so che quando lo leggerete direte subito scuotendo quell’inutile testolina che avete “eh no figurati a me mai e poi mai, questo qui è uno sfigato, mica come me che sono l’uomo bionico”). Sé vabbè, rassegnati Robocop che capita anche a te, bastardo. Beh insomma mi guardo allo specchio e realizzo, dolorosamente, che c’ho la panza.
Porca puttana la panza.
Quella proprio da maniglia dell’amore. Oddio, da maniglione antipanico dell’amore. Da corrimano dell’amore. Da montascale mobile a cingoli per carrozzine per disabili dell’amore. Insomma avete capito. E questa cosa mi ha demolito. Porca miseria. Non che non sapessi di averla, anzi, ci convivo già da un po’, ma diciamo che c’eravamo volutamente ignorati. Un po’ come quando porti fuori il cane e non vuoi raccogliere la cacca. Tu sai e lo vedi che la sta facendo, ma fai il sostenuto, fingi di essere occupato, guardi il telefono e poi la lasci lì. Ma spesso capita che sovrappensiero torni nel luogo dell’odoroso misfatto e OPPELA!! la pesti e allora lì per forza diventi cosciente delle attività intestinali del tuo cane. Ecco io ieri ho pestato la mia panza.
Che poi la panza è fenomenologicamente e ontologicamente diversa dalla pancia. Intanto perché la pancia è una roba da donne, è roba da piercing, da gravidanza, da ombelico da cui bere champagne.                                        
La panza invece è da uomo ed è cosa assai diversa dal semplice pleiddino caldo di adipe, è uno stato mentale. La panza è quella cosa che tra l’acqua con meno dello 0,0001% di sodio (che fino a poco tempo fa credevo fosse un’esclamazione blasfema) e la birra in bottiglia di plastica col pratico tappo svitabile ti fa scegliere quest’ultima; è quella cosa che finito di sorbire il caffè ti fa dire al cassiere “scusi, il resto me lo può dare in Smarties?”; la panza è quella cosa che ti fa maledire i più alti perché “beati a loro chè quello che mangiano lo distribuiscono su maggior superficie, ce li avessi io pure cinque o sei centimetri in più”. La panza è quella cosa che tra lo spreco e il “ma che lo finisci tu quello?” ti fa scegliere l’ingestione coatta. La panza è quella cosa che ti autorizza, al mare, a fare il vero tuffo a bomba; è quella cosa che ti fa guadagnare titoli di merito come Panzer, Sancho Panza, Gatto Panzeri, Peter Panz.
La panza ti fa ammirare l’eroica tenacia di un bottone, l’imperturbabile fortezza della cintura e la mente perversa di chi ha concepito le bretelle. La panza è quella cosa che ti fa apprezzare più dalle nonne che dalle nipoti che frequenti. La panza è una dichiarazione di coscienza, circa la rotonda caducità delle cose umane, che si arrendono all’imperfezione e alla vanità di ogni cosa in questo mondo, che del resto è rotondo e non a tartaruga. La panza è il bagagliaio delle nostre speranze, dove riponiamo i buoni propositi di una vita: domani giuro che inizio ad andare in palestra, da domani giuro che faccio tutti i giorni tre serie di addominali, da domani dieta!, domani non resto a mangiare fuori, da domani smetto con la pasta, la birra e i dolci, da domani vado a correre. In perpetuo auspicio di un domani più felice, un domani più radioso, un domani dove essere migliori. Un domani ideale che ci porteremo dietro tutta la vita, perché il domani non muore mai. Come la panza, del resto.