giovedì 17 aprile 2014

ABBIATE PIETA'

E' morto Gabriel Garcia Marquez. E' una cosa molto triste la morte di uno scrittore, perchè, al di là di tutto, il mondo ha sempre, disperatamente bisogno di storie da ascoltare. Personalmente oggi mi sento più povero. Vorrei però precisare una cosa: io odio, con tutto me stesso i coccodrilli di Facebook, che lo salutano con una citazione brutta orrenda o con frasi così inutili ed artificiali da sembrare le modalità di applicazione scritte dietro il flacone del balsamo. A caccia di un like, di un commento, o magari solo per dimostrare di avere una cultura letteraria importante (poi vai a vedere su Wikipedia e, guarda caso, la frase scelta è la prima citazione riportata sulla pagina).

Quello che chiedo a questi cyber-becchini è di avere pietà dei morti. Di evitare manifestazioni esibizioniste di un lutto presunto. Volete ricordarlo come si deve? Spegnete tutto e andatevi a comprare uno dei suoi libri che magari non conoscete. Oppure, nell’intimo di camera vostra, recuperate un passo di una delle sue opere, non il vostro preferito, che di solito fa schifo,ma uno a caso. Una pagina, un capoverso. Al massimo dieci righe. E leggetelo e tenetelo per voi, lasciate che vi pervada, come la pioggia d'estate, improvvisa, durante una passeggiata. Abbiate pietà.

Un ultima cosa. Vi prego, davvero, in ginocchio, non salutatelo su Facebook. Non ce n’è bisogno. Spero che almeno in Paradiso, o dovunque egli sia ora, non arrivino le notifiche, o per lo meno non abbia tempo né tantomeno voglia di leggerle, nonostante la rete wireless prenda da Dio.

martedì 15 aprile 2014

IL SACRIFICIO DELLA PALESTRA





Credo che uno nella vita possa mentire a tutti ma non a se stesso. Io sono grasso. È una vita che lo sono. E porca puttana. Quando mi siedo e poi mi alzo il mio ombelico sembra la bocca di una cernia appena pescata. Il mio ombelico sbadiglia e in alcuni momenti della mia grassa esistenza ha assunto un’espressione di sorpresa. La mia pancia, da sempre, è a bocca aperta. Si vede che il mondo la lascia senza parole.


Questo fino a ieri. Si perché il vecchio me è morto, per fare spazio ad una versione del sottoscritto più tonica, massiva e vascolare. Mi sono iscritto in palestra. Avevo un sacco di pregiudizi sulla palestra, su quelli che la frequentano, su ciò che si fa.
E, lasciatemelo dire.. AVEVO RAGIONE SU TUTTO!!!
Andare in palestra fa schifo, e se per caso sei uno di quelli a cui piace, va via, maledetto bastardo rassodato, non ti voglio nel mio post, stronzo!!


La palestra mi fa schifo innanzi tutto per l’odore, di disinfettante, anabolizzanti e paura. Mi sembra di allenarmi dentro una clinica veterinaria. Porta l’asciugamano, pulisci i manubri, asciuga il seggiolino. “Guarda io non sudo più dal 2003, che per la cronaca è stata l’estate più calda degli ultimi secoli (e pure quella in cui uscì l’intramontabile lavoro di DJ Bobo: Chihuahua; non so, che dite, non credete ancora alle coincidenze?), quindi non c’è pericolo che bagni le macchine, io piuttosto terrei d’occhio quel ragazzo lì sulla cyclette che deve essere fatto di Calippo visto che il 60% di acqua che è in lui si sta riversando nella sala fitness e francamente quell’asciugamano da bidet che si è portato costituisce una ben scarsa difesa ai suoi getti d’acqua in stile Blastoise”.


Della palestra poi odio le macchine. Nel senso che mi inquietano. Mi sembrano macchinari da Inquisizione spagnola ai tempi della Controriforma. Se un le guarda con occhio obiettivo, si renderà ben presto conto di come siano pensate per stritolare, disarticolare, sfondare, torcere, lussare ogni parte del tuo corpo. Ieri stavo facendo quella che si chiama butterfly machine (nota personale: il dolore che ti infligge la macchina è direttamente proporzionale alla dolcezza del nome, tipo come la parola curaro: “mm ho proprio una brutta tosse, devo avere la gola infiammata..” “Guarda tesoro prova questo nuovo prodotto di erboristeria, si chiama curaro..lo dato ieri a nonno che non riusciva a dormire per il mal di schiena e guarda, è mezzogiorno e non si è ancora tirato su il dormiglione” …già). Dunque dicevo, stavo facendo sta macchina per i pettorali, quella per cui devi aprire e chiudere le braccia…beh…non è che abbia sofferto, diciamo che alla terza serie da dieci ho iniziato a gridare: ABIURO!!! ABIURO!!! LA TERRA STA FERMA E IL RESTO TUTTO LE SI MUOVE ATTORNO!! Probabilmente Galileo è stato piegato da una sessione di spinning; se non altro quelli dell’Inquisizione l’abbonamento non te lo facevano pagare.


Altra cosa che odio delle palestre sono le altre persone. La mia palestra perfetta dovrebbe essere tipo al centro del deserto del Gobi. Nessuno, io intorno non voglio nessuno. Si perché io in palestra ci vado come ad espiare dei peccati, col capo cosparso di cenere; questi infami figli di una vacca magra ci vanno e godono. Anzi se non ci vanno stanno male. E quando arrivano li vedi tutti baldanzosi che non vedono l’ora di spaccarsi di brutto di addominali.

“Ehi ciao non ti ho visto mica entrare” (da leggersi con voce grossa e cavernosa)

“Eh per forza, sai ieri ho finito di lavorare sono venuto qui alle 20 e poi, una cosa tira l’altra, quando ho riguardato l’orologio erano già le tre di notte e allora mi son detto sai che c’è, tanto vale farmi apertura! Sono sudato da quasi 14 ore, mi sento vascolarizzatissimo!!” (da leggersi con voce maschia)

“Wow che fortunello, io invece guarda, oggi ho annusato per sbaglio una fetta di crostata e allora mi sono fiondato qui, ciccio merdone che non sono altro”

“Bravo, che dal naso alla pancia è un attimo”

“Infatti adesso dovrei fare 16 serie da 25, ma ne faccio 20 da 50 con peso doppio così mi punisco…atzzzz (verso da sollevamento) …utzzzz (altro verso da sollevamento) mmm come godo…sento che mi si sta accavallando un muscolo, come mi piace!”

“Bravo che se non si accavalla non serve a niente”

E intanto capito io sono lì, attonito, che piuttosto che finire la serie di torsioni col bastone mi farei calpestare da un esercito di ballerini di tip tap.

Che tra l’altro andare in palestra, per te che sei un novizio, un nuovo adepto del circolo del bicipite (praticamente un bicircolo), il confronto con gli altri è impietoso. Tutti intorno a te vedi uomini enormi, che sollevano pesi dell’equivalente della tua famiglia, zii e nonni compresi, dopo il pranzo di Natale; ma soprattutto vedi donne, DONNE, picchiare il sacco da boxe con una forza e un’aggressività tale da farti guardare nelle mutande, rendendoti così conto che quei pochi centimetri di virilità ti sono rientrati, sono diventati retrattili dalla vergogna, come ai cani. Se infatti, loro sono talmente grossi da doversi dipingere addosso i vestiti non esistendo una maglietta in grado di resistere alla sollecitazione dei loro avambracci da distruzione di massa, tu a mala pena riesci a sollevare un decimo del loro peso senza sospettare di aver realizzato per lo sforzo un inedito di Pollock nelle mutande.

Ultima cosa che non riesco a tollerare delle palestre (anche se non dubito che l’elenco sia incompleto) sono gli spogliatoi. OH MIO DIO CHE SCHIFO GLI SPOGLIATOI!!! Perennemente umidi, sembra di cambiarsi nelle paludi di Venezia. Immancabile la classica pozzangherina di broda primordiale, viscida e insidiosa, che anche se non vuoi sfiori comunque con la parte del piede che esce dall’infradito. Lebbra allo stato liquido. Ma soprattutto il capello galeotto, o peggio il pelo pubico attaccato come un monito alla parete della doccia, all’altezza delle spalle. Ora, quale cazzo di legge fisica mi può spiegare il fenomeno?? Come fa un pelo di palla a finire dietro la mia nuca??? Ad ultimo vorrei fare un appello. Bellissimi di rete quattro, lavatevi. Non esiste che arriviate, grondanti di sudore, vi passiate l’asciugamano a mo’ di Sindone sul corpo, vi rivestiate a salutiate l’allegra combriccola.
Si perché care le mie belle ragazze che volate di fiore in fiore, sappiate che ci sono dei ragazzi che fanno così, e si dà il caso che spesso siano i più fisicati di tutti.
No lo dico perché nel caso perdiate la testa per un bel marinaio dall’occhio ceruleo, con un addominale da réclame di profumo, state in campana, che quello che potreste sentire, mordendogli il bicipite, potrebbe non essere sapore di mare.


domenica 6 aprile 2014

PICCOLA STORIA NOBILE SULLA DIVERSITÀ DI GENERE


Mi piacciono i parchi. Specialmente di domenica e specialmente di primavera perché si riempiono di bambini. No, non ho delle deviazioni sessuali. Mi piace e basta perché torno bambino.

Ecco allora che ci sono quelli sullo scivolo, i giocatori di nascondino che poi spariscono veramente, vittime di un rapimento con destrezza in pieno stile zigano, il bambinone spumone ciccione che pretende di essere spinto dal nonno più secco di un callo del piede di un tuareg.

E poi c'è lui.
L'instabile bambino in bicicletta.

Lui mica ci vuole andare in bici. Sono i genitori che lo costringono. Perché sennó il ragazzino si isola. "Se vai in bici hai amici". E così il traballante bambino viene piazzato sulla bici, ovviamente avvolto da un triplo strato di protezioni: caschi, parastinchi, ginocchiere, gomitiere, guanti, sospensori. Praticamente potrebbe girare in bici serenamente ad Hiroshima. Comunque. Il bimbo parte. È incerto ma parte. Traballa. Pedala. È in equilibrio. Formidabile. Ci prende confidenza. Veloce, sempre più veloce. Affronta una discesa. No bimbo, mi sembra prematuro, io mi limiterei al falsopiano.... Come non detto. La ruota dietro perde aderenza e il pargolo striscia per tre metri buoni. Urla. Grida. Sembra uno stormo di gabbiani su un peschereccio. I genitori apprensivi corrono sul luogo dell'accaduto. E qui si dispiega il miracolo. Lotte improbe di generazioni in nome della parità dei sessi sbugiardate in un attimo. La mamma prende in braccio il bambino: "amore oddio amore dimmi come stai? Che hai fatto? Stai bene? Vieni che mamma adesso ti guarisce la bua!". Il papà, invece, un genio. Corre anche lui agitatissimo verso il figlio. Ma con movimento repentino sfila da sotto il bambino la bici, mette giù il cavalletto e inizia a sincerarsi delle condizioni del mezzo meccanico. Dopo qualche minuto si tira su tutto soddisfatto e, portandosi dietro la bici, mormora: " Per fortuna che sei caduto di lato,  che ti ho cambiato ieri il manubrio, e mica ci torno da quell'aguzzino del biciclaro, che mi sei costato un botto".

La vita, nella sua diversità, è piena di gioiosi miracoli.