venerdì 29 marzo 2013

LA PRIMAVERA INTANTO TARDA AD ARRIVARE




Lo sapevo. Del resto Napolitano la faccia di uno così l’ha sempre avuta. Napolitano, lo vedo, è un uomo con la passione del fai-da-te. Dai si vedeva. Poi dopo una certa età fisse del genere vengono anche solo per riempirsi le giornate. Me lo immagino al Quirinale che gira in salopette, scarpone anti-infortunistiche e cassetta degli attrezzi al seguito. E via alla ricerca di uno scranno presidenziale che balla, attacca i battiscopa al Senato e da quando è tornato dal Brico, la Camera è tutta una mensola. E Clio me la vedo dietro che smadonna perché “ Ho capito Giorgio che devi dare anche una stuccatina all’uscente governo Monti che sul versante esteri ha qualche crepa brutta, ma non mi puoi girare con il pennello in mano che mi lasci tutte le macchie di bianco per terra come Pollicino. Che poi hai visto questo non è il periodo adatto per smacchiare”. Era, quindi, inevitabile, che si prendesse anche sta struma di fare il governo. Che poi mi domando a chi starà mai pensando

“allora…vediamo. Agli esteri ci metto Toto Cotugno, no Cutugno..insomma quello con gli amici in Russia, che così per l’inverno il gas lo strappiamo in cambio di un tour mondiale sulle vie della Trans-siberiana. Poi agli interni..mmm..agli interni ci metto Barbara Gulienetti quella di Paint your Life che fa tutte le robe col riciclato che mi piace..alle infrastrutture ci metto Giovanni Muciaccia, che la Tav me la fa con la colla vinilica e i rotoli di carta igienica finiti e così zero impatto ambientale..e anche gli ambientalisti sono a posto..alla sanità Lucianone “oggi sveliamo i misteri dell’ingrossamento della prostata” Onder e non si discute. Beh poi è gioco forza che se c’è lui alla sanità, alla giustizia ci metto il giudice Santi Licheri che così le repliche di Forum me le fa dal vivo…cosa Clio? Morto?!?! Come morto?! Beh ma quando?!?! Eh ben ben…da due anni??! Boia ora devo rifar tutto da capo..”

Notti insonni al Quirinale insomma. E fuori i politici trasecolano e ripetono come un mantra che tutto è nell’interesse del paese. L’impressione però è che questo valzer cieco, che non porta da nessuna parte lo stiate facendo ancora per i vostri vecchi interessi e che al limite sia il paese che ne sta pagando gli interessi. Ma il segnale elettorale non via ha scottato un po’ la pelle delle balle? Macchè, tutti hanno ripreso a fare gli stessi discorsi, le stesse recriminazioni e altre belle balle con la frutta. Ma non c’è da sorprendersi. Alla fine della fiera di volti nuovi non so voi io non ne ho visti così tanti ( a parte quel pestatore di cacche di professione di Crimi). E come si può pretendere dagli stessi qualcosa di diverso. È come chiedere al lupo dei tre porcellini di diventare capocantiere. Non si può. Sembriamo tornati a prima delle elezioni. Il rinnovamento langue, tutto tace e la pancia degli italiani brontola. Sembriamo tornati a Febbraio: la stessa incertezza, gli stessi dubbi, i soliti noti che non ce la fanno e gli insoliti noti che sconcertano. Sembriamo ancora a Febbraio, per l’umore e anche per il clima. E suona profetica una canzone: “La primavera intanto, tarda ad arrivare”.

mercoledì 27 marzo 2013

LO STUDIO E LA SINDROME DA BIBLIOTECA




Oh santo cielo. Gli esami, di nuovo. Non ci posso credere. Mi sembrava ieri l’ultimo disperato generale che ho dato, mi sono appisolato un secondo sul divano durante le prove libere del Gran Premio e sbam! È già ora di parzali. Eccheppalle però!! Che poi per queste cose io sono pessimo. Non so proprio organizzarmi o calendarizzare i miei impegni. Rimando, procrastino, posticipo. Poi arriva un momento, fateci caso, in cui si supera la “sottile linea d’ansia” e ci si rende conto di non aver fatto una bega fino a quel momento: voglio proprio vedere come le ripeti 18.487.534 pagine in cinque giorni, idiota. Mi odio. In quei momenti vorrei picchiarmi con un ferro da stiro. In questi casi le alternative sono due. O si va a dormire lungo i binari della stazione aspettando l’arrivo del direttissimo per Roma Ostiense in modo da assicurarsi una vita da tartare, oppure si va in biblioteca. Ora, io non tollero la biblioteca dell’università. Intanto perché tu ci arrivi, sotto periodo esami, e sembra un centro d’accoglienza per cittadini immigrati. Una bolgia incredibile. Secondo me della gente si mette in coda anche se non sa per quale motivo. Ho incontrato uno che credeva di essere in fila per entrare ad un rave, due che pensavano fosse la fila per il Katun e una dozzina di suore dirette a Medjugorje che avevano sbagliato strada. E va beh. Dopo un’ora e un quarto uno entra, a fatica trova un posto e inizia a studiare. Oddio, in realtà, appena entri scatta la “sindrome da biblioteca”. Ti guardi intorno e hai la sensazione incrollabile di essere quello che è più indietro nello studio, che ha studiato meno degli altri, che ha studiato peggio degli altri e che sa meno degli altri. Del resto è normale sentirsi un peto di lumaca, quando vedi gente intorno a te che ha addosso due dita di polvere e la sempre cara mi fu quest’erma gobba da studio. A fine giornata loro hanno letto due volte il libro, l’hanno riassunto, ne hanno ricavato un gruppo di slides, l’hanno recensito e hanno preso un caffè con l’autore, mentre tu hai appena finito di scegliere quali evidenziatori userai.

Che poi, il fatto che in biblioteca si studia di più è una credenza come quella del coniglio pasquale. Perché salvo tu non abbia le capacità di concentrazione e raccoglimento di un monaco tibetano, la biblioteca è il luogo delle diecimila distrazioni. Innanzitutto, appena sei in biblioteca, qualunque cosa diventa più interessante del libro che devi leggere. Inizi a guardarti le mani ( “ma ho sempre avuto l’indice a forma di wurstel?”), analizzi il funzionamento meccanico della tua penna, resti affascinato dalla forma strana del naso di quello davanti (“ ma quello ha dormito con una fresa da falegname sulla faccia per avere un naso così o a starnutito sopra il frullatore acceso?”). Tutto diventa fonte di infinita meraviglia. E poi, non fai a tempo a sederti che con cadenze regolari il tuo studio è interrotto alternativamente da una pausa caffè o da una pausa sigaretta, ogni volta con persone diverse. A fine giornata hai bevuto così tanti caffè da esser diventato nervoso come un campo minato e hai fumato così tante sigarette che il comune ti ha obbligato a circolare solo i giorni pari. E a domanda: "E con lo studio?" rispondi prontamente:
"E' al piano di sotto, ma mio padre lo sta ristrutturando, ci vorremmo ricavare una camera per gli ospiti.

I.N.T LA BIBLIOTECA UNIVERSITARIA


venerdì 22 marzo 2013

SFOGO INTOLLERANTE




Io non tollero quelli che ti parlano alle spalle. Tutti noi abbiamo almeno un amico, un conoscente, una persona, che sappiamo parlare alle spalle degli altri. Sono tipo come i pappagalli dei pirati. Ti stanno sulla spalla e ti fanno compagnia, ma intanto ti cagano lungo la schiena. Sono davvero persone insopportabili. Torbidi e maligni come le pozzanghere sui cigli delle strade quando passano le automobili. Infidi come il gradino che ti aspetti salendo le scale, ma che in realtà non c’è, e che ti fa mettere un piede in fallo e ti sdraia a pelle di vacca texana sul pavimento. Sono quelli che “no tesoro guarda stai benissimo, il ciclamino è proprio il tuo colore. Poi abbinato a queste panta dorate sei la fine del mondo” e poi dietro “cioè ma l’hai vista quella?! Ma si veste con la catapulta o ha addosso quella roba perché ha perso una scommessa?? Cercano per caso personale al circo Togni e stai andando ad un colloquio?”.
O magari “no guarda, ma ti pare, son tutte voci, non dargli retta. Io lo so che sei una ragazza seria e profonda. Lo so io e se ne accorgeranno anche loro!!” e però pensa “sese bella, sei profonda come il pozzo dei desideri, maiala! Che hai visto più piselli tu che la zuppa del Casale della Findus! Che c’ha più corna il tuo ragazzo che un negozio di trofei di caccia!!”. Il problema è che tutto questo a te non lo dice, che magari un bel gavettone di realtà ti farebbe bene, ma chiaramente non perde occasione per dare la sua vera versione delle cose. E quando tu lo vieni a sapere è come scendere in picchiata dalle torri gemelle di Mirabilandia. Ci resti. Cominci, allora a fare la conta di tutte le cose che ti ha detto e non ti ha detto e non riesci a tenerne il conto. E magari, capito, tu gli hai raccontato le peggio cose della tua vita ( dalla mano lunga di zio Adalberto, che sarà stato anche cieco, ma andava sempre a colpo sicuro, fino a quella volta che per scommessa, da ubriaco hai intinto il cornetto nell’acquetta salmastra del vespasiano di un autogrill). Se pensi poi a quanti ha raccontato gli affari tuoi, ti viene voglia di volare a Casablanca, cambiare nome faccia, sesso, razza, comprare una bara, scavarti una fossa, organizzare il tuo funerale e poi spararti.
La cosa ideale sarebbe, in realtà, la vendetta. Un bell’occhio per occhio come andava una volta. Andare in giro a raccontare tutte le oscene meschinità e le disgustose bassezze di quell’orrida scoreggia di lumaca. Puoi anche cominciare, ma ben presto ti arrendi, perché ti rendi conto che non puoi farcela. È fisicamente impossibile, infatti, parlare alle spalle di una persona che ha la faccia come il culo. Tecnicamente, gli sei sempre di fronte.

SFOGO INTOLLERANTE

sabato 16 marzo 2013

GRILLI E CICALE





I grillini entrano in Parlamento ed è il caos, no? Chi non li ha votati li guarda come gli austriaci guardavano i Turchi dalle porte di Vienna. “Boia, e ora?” è la domanda più ricorrente. “Se non altro son facce nuove, vedrai che scardineranno i soliti giochi di palazzo” rispondono quelli che li hanno votati, o semplicemente gli ottimisti. Eh va beh, alla fine ci sta. A forza di ripetermelo e sentirmelo ripetere mi ero quasi convinto: dai alla fine l’importante è la bella ventata d’aria e di cambiamento, chè secondo me in Parlamento è da mo’ che c’è aria di chiuso. Poi ieri apro il giornale e ciao amore ciao. Dopo Giannino e Crosetto, che vantano lauree prese rispettivamente a Paperopoli e nel fantastico mondo di Oz, anche una grillina, Marta Grande, pare vanti titoli accademici in eccesso. Il caso è sempre quello: sul curriculum avrebbe all’attivo una laurea in Lingue e commercio internazionale in Alabama ed inoltre una quasi laurea in relazioni internazionali e un master a Pechino. Roba da fuochi d’artificio in piazza insomma. Uno legge e dice “dai oh, arrivano questi che son giovani e pure preparati! Che prima avevamo della gente che credeva che l’Islam confinasse con l’Iran e l’Iraq e che la presa della Bastiglia fosse una mossa di sottomissione da wrestler americano! Adesso vedi!!”. E invece, gratta gratta, il master è stato un soggiorno estivo a Pechino, la laurea in Alabama un corso di 63 ore e la laurea in relazioni internazionali deve essere ancora discussa. Che è come se scrivessi:

“Sono Edoardo Righini, ho 21 anni, sto conseguendo la laurea magistrale in Diritto, ho esperienze nel campo musicale nell’uso di strumenti a fiato in complessi di 20-30 elementi; ho avuto molteplici successi manageriali in campo sportivo arrivando a creare un team coeso che proprio l’anno scorso ha ottenuto importanti risultati nelle maggiori competizioni nazionali e internazionali. Negli ultimi anni ho anche avviato una piccola impresa autogestita di trasporto umano-urbano ecosostenibile a chiamata, che ha ricevuto non pochi complimenti” e poi scopri che tutta sta roba è perché alle medie ho suonato il flauto dolce nello spettacolo scolastico “Cappuccetto rosso e il lupo”, gli importanti risultati sportivi sono stati vincere al torneo di Subuteo della parrocchia un salame all’aglio e che l’impresa autogestita umano-urbana ecosostenibile è portare la gente sul cannone della bicicletta se me lo chiede. Però!! Bella roba.  Dai raga, ma vi pare?? Ma perché dovete fare così? Non solo è una figura di melma, ma poi non è neppure originale. La novità la novità e poi ciulate nel manico pure voi. No dai vi prego.  Che poi, per me è una cosa che hanno un po’ tutti gli italiani: “la sindrome del pescatore”. Che pescano un’acciuga e ti dicono che hanno arpionato Free Willy. Fateci caso. Ti dicono che fanno delle cose della Madonna, che nessun altro ha mai fatto, e se le hai fatte anche tu, sicuramente non sono state così belle emozionanti ed esaltanti. Poi però scopri che il mega concertone che sembrava Woodstock è la festa dell’Unità di Bagnacavallo e che lo stage in giornalismo e comunicazione è stare in edicola al posto della zia quando va a farsi la mappatura dei nei. Di per sé non ci sarebbe niente di male, solo che queste inesattezze innocue sono così frequenti e così socialmente tollerate ( mentre sono una cosa che io non tollero) da diventare scontate se non sottointese. Sono come la tara nei problemi di matematica delle elementari. Le devi sempre sottrarre per sapere il peso delle cose che ti raccontano. Il problema è che a forza di raccontarle ci si comincia a credere e ci si disabitua alla realtà delle cose; regredisce la capacità di distinguere la verità e la bugia, i cui sapori si confondono in bocca. In questo modo è vero la vita diventa più fantasiosa, ma nello stesso tempo noi non riusciamo più a capire cosa è vita vera e cosa non lo è. Ci mettiamo alla mercè dei parolai più grossolani, perché non solo non ti rendi più conto di chi ti dice la verità, ma cosa ben più grave non stani più chi ti racconta delle fole da giostraio. E finisci per avere dei politici che sono polipi e dei grilli che son cicale.

mercoledì 13 marzo 2013

I MILLE DUBBI SUL CONCLAVE





Io non tollero speciale Conclave. Ora io non so il motivo di questa cosa, ma a me il Conclave fa impazzire. Cioè, al di là della religione, della fede e di tutti i Cristi ovunque dispersi. A me piace proprio come momento. Non so come mai. Forse perché mi da l’impressione di assistere ad una cosa antica. È come fare un salto all’indietro. E poi è rassicurante perché è una roba che tu vivi ed è sempre uguale e ti fa rivivere il passato. È come quando fai le foto con una macchina fotografica istantanea, di quelle che sembravano soprappeso, che poi sputavano la foto e tu dovevi scuoterla come una tovaglia per far uscire l'immagine. Oppure quando ritrovi il vecchio walk-man, dal peso di un forattino, e ti metti ad ascoltare l’audiocassetta (anni che non scrivevo questa parola) e ti commuvi a sentire la musica lievemente distorta e ricordi la formidabile fatica di mandare indietro la canzone e beccare esattamente l’attacco che ti piace. O ancora quando ti ritrovi a guardare una videocassetta col video registratore e la risoluzione è quella di una scacchiera per la dama e continui ad interrogarti come fare a far sparire la riga nera tremolante che tagliava inevitabilmente lo schermo.
Ecco, è un po’ così. La sensazione è un po’ quella. Poi diciamolo, se il vintage va di moda ora, sto stuolo di cardinali è sul pezzo più di chiunque altro! Mille anni con la stessa roba addosso. Ohi va bene il taglio classico e tutto. D’accordo che magari sdoganare la mini gonna talare potrebbe sembrare inopportuno se non blasfemo, ma una via di mezzo la si può trovare. Che so, passare dal rosso al pois. O magari la chierica con la cresta da Moicano, come i burla-cappelli che si mettono gli sciatori estrosi. O ancora meglio le babbucce che fanno i suoni, come le scarpe della Bull Boys, che citano frasi di Ben Hur. Così, per intimidire i peccatori.
Poi il Conclave mi ha sempre posto davanti a quesiti irrisolti. A me sta cosa che stanno chiusi dentro mi confonde ogni volta che ci penso. Per esempio, ma se uno di loro deve andare in bagno, dove va? Ci son dei bagni? Ma quanti sono? Perché va che son tanti tutti quei cardinali, e vista l’età media può anche darsi che  la prostata lasci a piedi qualcuno. Oppure, mangiano? Ma dove? In Cappella Sistina direttamente? Non è che poi a uno casca un bucatino e mi macchia di pomodoro un affresco inestimabile di Michelangelo? Ma soprattutto, dove gliela cucinano la roba? Mi volete dire che c’è una cucina dentro la Sistina, o allestiscono una cucina da campo tipo “Camping Mirella” a Gatteo Mare? Oppure, i telefonini se li possono portare o vanno lasciati fuori? O magari come a scuola va bene, ma spenti, al massimo col vibro? Che poi, ci sarà campo? (evito ogni triste battuta sul camposanto, che mi sembra poco consona). E ancora, questi dove dormono? Ci son dei letti? Delle brandine? Hanno i sacchi a pelo e dormono assieme come nelle occupazioni studentesche? Mah.
Sono dubbi da uomo piccolo, mi rendo conto. E davanti ad eventi così grandi a volte è meglio fare un passo indietro. Su questi uomini del resto sta la responsabilità enorme di dover fare la Storia e di dover decidere del futuro della Chiesa. Mica pizza e fichi. Che poi, vista la congiunzione storica, sta scelta vale doppio. Si perché, dopo Sanremo che ha lasciato insoddisfatti gli ascoltanti, dopo le elezioni che stanno facendo penare i votanti, non è possibile che il Conclave elegga un Papa che sconcerti i credenti. Non possiamo sbagliarli tutti e tre. Sarebbe l’en plein della disperazione. Dopo non ci resterebbe che una cosa.  Dare ragione ai Maya. Il mondo sta finendo. Ma non ci avevano avvisato, il mondo finisce a rate.
 I.N.T. SPECIALE CONCLAVE

martedì 12 marzo 2013

INT DEL LETTORE: VITA DA PENDOLARE




Io non tollero fare la pendolare . Questo non perché sono una viziatella che vuole la vita comoda e che è spaventata dall'olezzo dei treni. Niente di tutto questo. 
Non tollero la mia posizione sociale di pendolare perché in questo paese non funzionano i trasporti . Questi servizi pubblici si prendono ore della mia preziosa vita , non curandosene e mi procurano dei danni alla serenità e al buon umore difficilmente sanabili . Io sono pendolare dalla prima liceo . Avevo 14 anni, se dovessi fare una stima di quante ore ho perso per colpa di trenitalia( ora trenord faccagare uguale) credo che ammonterebbero a cinque giorni interi di vita. 
Cioè ragazzi ma avete idea di quante cose avrei potuto fare in quei giorni? 
Scoprire il bosone di Higgs prima del CERN , allenarmi per la maratona e essere io la Alex Schwazer italiana, incontrare Christian Bale innamorarci e fare tanti figli e ciao università io vado a Hollywood.
Il punto è che io non lo saprò mai . Quelle ore sono perse e non le avrò mai indietro . 
La cosa imbarazzante è che appena c'è un ritardo l'autoparlante spara parole a caso, del tipo : treno ritardo binario ferrovia essere non dipeso da noi djswjhanssnsnsbsban
E li ti domandi se è una tattica per tenerti buono o se assumono solo spastici e li mettono a fare gli annunci . 
Bene l'intolleranza per loro non finirà mai.
Io non tollerò essere una pendolar

IO NON TOLLERO LA PIOGGIA



Io non tollero la pioggia. Perlomeno in città. La pioggia è poetica, pulisce l’aria e ricorda i vestimenti leggeri e l’anima che si schiude novella. Ma non in città. In città fa schifo e basta. Innanzitutto perché quando ti svegli la mattina e guardi fuori dalla finestra e vedi che piove, senti proprio che la tua qualità di vita cola a picco. Se piove, quando esci dal letto, freddo. Tutto è umido ed ostile. I vestiti che indossi sembrano presi da un banco frigo, la tazza del water a contatto col sedere sembra una lama di ceramica e la doccia calda che ti fai, o è tiepida, o troppo breve per assicurarti una scorta sufficiente di calore. Poi quando esci non c’è verso, fa sempre più freddo di quel che avevi previsto e ti penti di aver addosso solo otto strati di vestiti e di non esserti spalmato addosso due dita di grasso di foca.
Poi devo dire, la pioggia mi è diventata intollerabile perché non è possibile che piova una settimana intera. Cioè va bene un paio di giorni, ma una settimana no. Roba che gli animali per sicurezza hanno cominciato a girare in coppia. Certa gente ha dato dentro l’automobile per un pattino station wagon con trazione a pedale e in edicola i numeri di Famiglia Cristiana avevano già come inserto il primo pezzo dell’arca.
La pioggia in città è fatale per i trasporti. Se sei a piedi la minaccia non viene solo dall’alto ma pure dal basso, data la profondità delle pozzanghere. Certe sembrano la Fossa delle Marianne. Ed è chiaro che quei gran figli di una trojka degli automobilisti ci passano sopra, ma non essendo una Gesù Cristo mobile, non è che restano sulla superficie come nel noto miracolo, ma alzano una parete di acqua sudicia e maleodorante che quando ti travolge ti fa sentire il Sud-Est asiatico. Se sei, invece in bici o in motorino, innanzitutto ti senti idiota, perchè solo un idiota usa uno di questi mezzi quando piove. Solitamente, infatti, questi sono mezzi di bel tempo e buon umore. Quando piove, invece, diventano attentati alla vita tua e di chi ti sta attorno. I freni non frenano, ti areni in mezzo alle pozzanghere balenabili e slitti con le ruote di dietro, facendo una serie di piroette che Carolina Kostner a confronto sembra un gatto delle nevi per poi stamparti contro l’auto articolato dell’altra corsia. Tra l’altro non ci son santi, puoi tenere con una mano l’ombrello ( a tuo rischio e pericolo dato che ogni tre per due si rivolta per il vento o ti solleva preso da una corrente ascensionale in stile Mary Poppins) o metterti l’inutile k-way che tanto arrivi a destinazione che sembri comunque uscito da una doccia.
Se sei in macchina ti rendi conto di come la gente quando piove disimpari a guidare. Proprio non ce la fa. Fa manovre straordinarie, rallenta o inverte il senso di marcia. Smette di leggere i cartelli e alle rotonde si guarda intorno spaesata. La precedenza diventa relativa e il parcheggio ad S una sorta di miraggio irrealizzabile.
I mezzi pubblici, quando piove, diventano il luogo del male di vivere. L’orrida condensa sui vetri ti fa capire che sul bus sono in troppi e questo ti genera claustrofobia anche solo da fuori. Dentro la gente è umida, sporca e stronza. La vedi che guarda gli altri passeggeri sognando di brandire un tritacarne elettrico. La puzza è di ascella umida vecchia ed hai la sensazione, quando respiri, che l’aria dentro sia felpata. Con tutti gli ombrelli che la gente si porta dentro poi è un miracolo uscire con tutti e due gli occhi.
Infine la pioggia in città è odiosa perché imprevedibile. Secondo le previsioni del tempo ci son sempre delle schiarite. Tu guardi fuori e sembra di stare in mezzo alla tempesta perfetta. Bah. Io personalmente ho adottato una tattica. Si chiama “la regola del vu cumprà”. Sostanzialmente per capire se pioverà o no guardo cosa vendono i vu cumprà. Se hanno gli ombrelli piove, se hanno le sciarpe ci sarà vento, se hanno guanti e cappello di lana un ciclo di aria fredda siberiana travolgerà l’intera penisola. E ci prendono con un’esattezza impressionante. A mio avviso potrebbero anche essere sfruttati per giocare tipo in borsa o avere delle proiezioni finanziarie. Il giorno in cui inizieranno a chiedere una sterlina invece che un euro sarà il momento di uscire dall’Eurozona. Con buona pace di Monti, Grillo e company.
I.N.T. LA PIOGGIA

giovedì 7 marzo 2013

INT DEL LETTORE: LA FESTA DELLA DONNA





io non tollero l'8 Marzo , o meglio, non tollero quello che l' 8 Marzo è diventato per molte donne.
Scorro su facebook la mia bacheca e vedo un tripudio di eventi creati dalle migliori discoteche di Milano " Festa della Donna festeggia con noi e 800 spogliarellisti brasiliani " oppure " festa della Donna lista arrapata omaggio " .
Questo è proprio quello che mi fa andare in bestia. Perchè le donne per dimostrare di essere emancipate devono comportarsi come uomini scemi? Come dei bavosi uomini che vanno a ringalluzzirsi di fronte a uno spogliarello?! Come mi fanno pena gli uomini di questo genere ugualmente mi fanno pena le donne. Ma la cosa che più mi fa pena è che scelgano di farlo proprio l'8 Marzo!
La festa della donna dovrebbe essere il momento in cui viene celebrata la nostra femminilità che ci rende (per fortuna ) diverse dagli uomini. Accettando la nostra preziosa diversità.
Invece quello che vedo è una orda di donne allupate che sbavano per un addominale scolpito dimenticando il significato della festa. La festa diventa una sfocata occasione per fare baldoria. Conversazioni tra amiche del tipo " cie zia perchè adesso all'8 marzo si esce tutte con il gruppo della palestra e si va a vedere lo spogliarello dei manzi di Abercrombie " ... " si guarda vecchia ho proprio bisogno di vedere un po' di chiappe sode al vento "
Questo mi mette tristezza e mi fa pensare a una cosa .. Ma noi la parità ce la stiamo conquistando ?
I.N.T. DEL LETTORE:  LA FESTA DELLA DONNA

domenica 3 marzo 2013

I.N.T. I CONDUCENTI





Io non tollero i conducenti. Tutti li odiano. Non riesco proprio a spiegarmi come mai le aziende pubbliche di trasporti assumano per questo ruolo le persone più sgradevoli sulla Terra. Io son d’accordo che non bisogna disturbare chi guida, ma non è che chi guida, forte di questa tutela, può trattare il viaggiatore come il secchio degli sputi. Poi le vittime preferite dai conducenti sono gli anziani, perché oggettivamente rompono le palle e sono indifesi allo stesso tempo. Ho visto una volta una signora, di quelle fragili come la carta crespa, chiedere al conducente indicazioni circa la fermata. Il massimo che è riuscita a strappare son stati due colpi di tosse dal guidatore, che si è premurato di avvisarla della fermata una volta arrivato a quella dopo, dicendo “così impara a chiedere invece di guardare i nomi delle fermate”. E la vecchina ha pure chiesto scusa. Strepitoso.

Un’ altra volta, ad una fermata, un anziano con la bomboletta dell’ossigeno in un carrellino si avvicina lentamente all’entrata del bus. Per essere lento obiettivamente era lento. Molto lento. Il conducente si volta, lo guarda e poi chiude impietosamente le porte e se ne va dicendo “dai nonno! Fammi vedere! Metti il NOS nonno, che c'hai la bombola!” guardandolo dallo specchietto. Un aguzzino a tutti gli effetti.

Però devo dire, li giudico con una certa pietà perché su di loro ho una teoria. Tutti i conducenti di bus hanno il complesso del “pompiere mancato”. A loro mica dispiacerebbe in linea generale, guidare un veicolo, ma non uno triste come il bus. Tutti gli altri veicoli hanno qualcosa di figo: l’ambulanza c’ha la sirena e il defibrillatore con cui eventualmente puoi mettere sotto carica il telefonino, l’autopompa, oltre ad avere un nome esilarante, ha l’idrante, che è forse la metafora più convincente della gagliarda virilità, la camionetta delle forze dell’ordine va dove ti porta l’azione e il portavalori della banche ti fa sentire in The italian job. Il bus non ha questa magia. Il massimo di soddisfazione che ti puoi togliere è frenare bruscamente e vedere la gente che cade, o chiudere le porte in faccia a quelli che corrono sbracciandosi per farti fermare. Basterebbe così poco per farli felici: dare anche a loro un gadget caratteristico e identificativo. Che ne so, mettergli uno spinnaker sul tetto per i giorni di vento così si sentono in una regata su Luna Rossa e in più sono eco-sostenibili;  mettere al posto del volante un joystick da ps3 così gli sembra di essere in Gran Turismo; sostituire i fanali anteriori con un lanciafiamme come le monster truck nei rodei texani così nel caso inceneriscono i pedoni che non attraversano sulle strisce o magari sostituire le ruote con dei cingolati, alla faccia delle automobili in doppia fila. O molto più semplicemente mettergli a disposizioni uno stock intero di Arbre Magique, per allontanare il fatale melting-pot di ascelle. Anche i passeggeri gradirebbero.
I.N.T. I CONDUCENTI

sabato 2 marzo 2013

I.N.T. I VACANZIERI EXTRA-CURRICOLARI

 



Io non tollero i vacanzieri extra-curricolari. Sono quelli che vanno in ferie nei periodi di lavoro normale, quando non dovrebbero, quando non lo prevede il piano dei corsi. Un esempio. Finiti gli esami della sessione invernale ognuno si sente masticato come la pappetta di pesce che mamma gabbiano rigurgita nel becco dei piccoli per nutrirli. Molli e sfibrati come il bolo. Ci si riposa qualche giorno, giusto un paio perché non vorrai mai perdere i calli ai gomiti e la gobba da competizione, poi si riprende la vita universitaria. Piano piano, poco poco, sottovoce. Fa schifo, e siamo d’accordo. Se non altro però, assieme a me, c’è tutta un’intera manica di babbei che patisce la stessa cosa. E invece no. C’è sempre il vacanziero extra-curricolare, quello che tu vai a lezione “no cioè ragazzi, ho proprio bisogno di staccare, perché alla fine se io non mi faccio la mia settimana bianca a Courmayeur ce mi sento privato di un diritto costituzionale”. Tu vorresti girargli la testa con le tue mani come si fa per ammazzare i polipi, ma invece sfoderi il sorriso di circostanza modello “30 denari” e anzi gli chiedi tutto interessato i dettagli della “meritata pausetta”. Se proprio vuoi strafare, aggiungi anche “beh allora mandami una cartolina…”, senza renderti conto che stai stringendo a tal punto il sorriso che ti sanguinano le gengive.

Il vacanziero extra curricolare poi è un inguaribile sadico, perché ti costringe ad essere parte della sua vacanza postando 16 000 foto al giorno. Tutte da catalogo "I viaggi del Ventaglio". Un sole che sembra Nairobi; comitive allegre e festanti che ridono a crepapelle; tramonti da concepimento; spa da sultanato e così via. Voglio dire, mai che un si faccia la foto davanti alla pensione “INES”, di una stella e un quarto, famosa per aver gli stessi copriletti ruvidi color sacco di canapa dal 1933 e per l’allevamento di blatte da esposizione sotto la moquette. O magari una foto alla triste polentata in baita assieme alla burbera proprietaria e a suo padre novantatreenne, che sta in piedi solo per la decisa inamidatura dei pantaloni e che pur vedendoci ancora bene allunga le mani come un non vedente;  in cui tutto sa di capra bagnata. Solo il capretto che ti servono sa, stranamente, da piedi della proprietaria. Che poi mi domando anche: ma come diavolo fa a fare tutte quelle foto. Cioè una persona normale da solo mica ce la fa, dovrebbe affittare la troupe di National Geographic. E invece quello riesce magari a farsi l’autoscatto guardando in camera mentre sta facendo un fuori pista durante la fiaccolata di mezzanotte. E tu allora maledici il disboscamento selvaggio, sperando che la Provvidenza si incarni in un abete.
I.N.T. I VACANZIERI EXTRA-CURRICOLARI