lunedì 21 ottobre 2013

DIECI CATEGORIE DI PASSEGGERI CHE MAI VORRESTI VICINO (II parte)



Come promesso ecco le ultime cinque categorie di gente che non vorresti mai incontrare sui binari della tua lunga vita da pendolare. Perchè il lunedì fa già cagare di suo, non c'è bisogno che ci si mettano d'impegno anche gli altri.

1.       LO SPELEOLOGO. Sedersi accanto a lui è, se ci pensi un onore. Non a tutti, infatti, è data la possibilità di assistere al ritrovamento di un prezioso reperto dell’antichità. L’oro dei nazisti, il tesoro di re Atahualpa, i resti di un ominide morto durante la seconda glaciazione? Un Vangelo apocrifo? L’arca dell’Alleanza? Questo e molto altro, il tutto ben celato nelle sue labirintiche cavità nasali. Appena arrivato si siede, estrae l’attrezzatura e, senza neanche bisogno di imbragarsi, si cala nella narice. Che eroe, che coraggio, che dedizione. La ricerca, a volte, va avanti per ore, impegnando anche più dita alla volta. Il segreto è non perdere la fiducia. Quando tutto sembra perduto, quando oramai il poveretto è arrivato ad inserire anche il polso, voilà, un meraviglioso topazio da tre chili e otto si stacca dalla parete. Aaaaaaaah che gioia, che meraviglia vedere quando gli sforzi sono ripagati. Nei giorni di sinusite violenta, poi, lo scavatore è anche capace di portarsi a casa una serie di smeraldi verdissimi da diadema. Non mi si venga poi a dire che in Italia non si fa ricerca.

2.       L’USURPATORE. L’usurpatore è quello che il posto te lo fotte. Ti sei alzato per andare un attimo al bagno? In un attimo quello entra dal finestrino e hop, si siede al tuo posto. E quando torni si spertica in scuse fantasiosissime, arrivando a negare persino che tu sia mai realmente salito sul treno. Questa categoria è quella che odio di più. È proprio quella categoria che passerei due volte al tritacarne prima di far imbiondire in padella con uno spicchio d’aglio. I peggiori sono quelli che trovi già seduti al tuo posto, nonostante tu abbia regolare prenotazione. Quando gli fai notare gentilmente che si devono levare dalle balle, quelli ti guardano con gli stessi occhi del cane legato fuori dal macellaio: “Eh ma scusi sa, è che al mio posto c’era già qualcuno…abbiamo fatto cambio perché mi dà fastidio essere seduto in direzione contraria al senso di marcia…possiamo fare cambio, il mio posto è quello di fronte alla porta del cesso…sa lo facevo così sto accanto a mio marito…per lei è un problema fare a cambio?”. No guardi, per me non è un problema cambiare il posto con lei, per me è un problema vedere il suo grosso culo sfranto dove dovrei essere seduto io. Io capito, io!! Io mi sono rotto i coglioni a prenotare per tempo, a specificare di stare vicino al finestrino, a scegliere di stare in testa in modo da essere vicino all’uscita e poi arrivi tu, garrula testa di minchia, e ti siedi dove ti tira il sopracitato culo? Ma io ti elimino, ti stermino, ti derattizzo. In confronto a me Francisco Franco faceva l’animatore del miniclub a Minorca. Sa che c’è? Che uso la tua stessa scusa: mi passa cortesemente le sue valige, che dovrei andare in bagno, ma sa, cosa vuole, mi dà fastidio farla stando contrario al senso di marcia.

3.       IL CINOFILO. Premetto che amo molto i cani. Davvero tanto. Li preferisco decisamente agli esseri umani. Ma vi prego, da animalista, se avete una bestia, viaggiate in macchina. Che altrimenti a fine viaggio uno scende dal treno con quella voglia inspiegabile di pelliccia. Il cinofilo è quello che si porta dietro il cane persino in treno. Il problema è che rivolgendosi a te: “Scusi, le dà fastidio se tengo Chicco qui con me?” il padrone canaglia non ti specifica che l’amoresuodelcuore Chicco è un mastino inglese di 115 chili, registrato all’anagrafe canina come Triceratopo, noto per produrre quel litro e mezzo di bava densa come la colla da manifesti e che soffre di una gravissima forma di aerofagia che gli deriva quando è costretto a stare troppo tempo in luoghi molto affollati (e il tuo scompartimento è affollatissimo, che lo dico a fare). O peggio ancora Chicco è un pincher nano, litigioso come una commessa del supermercato, che si dimostrerà sessualmente iperattivo nei confronti del tuo polpaccio sinistro, con cui inizierà un rituale di accoppiamento senza esclusione di colpi. Solo dopo il tuo ennesimo rifiuto, ci piscerà sopra, in segno di spregio.

4.       L’ANZIANO. L’anziano ha un grosso problema: non sa esattamente la sua fermata. I parenti stronzi, che l’hanno caricato sul treno, gli han detto: “Ascolta nonno, te sali, poi se non sei sicuro della fermata….chiedi!”. Maledette cacche molli. L’anziano, che è uomo di una volta, prende il consiglio alla lettera e inizia a chiederti quando è la sua fermata, ancora prima che il treno parta. Una goccia che scava. E ogni volta che il treno si ferma, gli prende la fregola. Fino a che non ti esaspera: “Mi scusi, ma come può pensare che questa sia la sua fermata? Non vede che siamo fermi dentro una galleria?? O lei è il nonno di Batman oppure vorrà dire che non siamo ancora arrivati, no?”. Che poi, per colpa di una prostata ormai spessa come un copertone e il tremolio del treno, l’anziano ha bisogno sempre di andare in bagno, tre o quattro volte. E una legge tacita vuole che l’anziano non sappia mai dov’è il bagno. Così tu lo vedi alzarsi lentamente ed allontanarsi, claudicante. Si fa sempre più piccolo ed incerto. Cominci a preoccuparti quando questo, dopo 45 minuti non è ancora tornato. Neanche fosse il tuo di nonno. Ma dov’è, dove non è, sarà mica caduto, avrà incontrato dei malintenzionati. Lo riporterà al posto il capotreno, dicendo che l’hanno trovato coi pantaloni abbassati che provava a fare la pipì nel cabinotto della centralina elettrica.

5.       IL MANIACO. Una categoria trasversale nella vita. Il maniaco è quello che ti fissa per tutto il tempo, ancora prima che tu abbia obliterato il biglietto. Si siede il più vicino a te, ma non così vicino da invadere il tuo spazio di allerta. Ti guarda e tace. Non sbatte nemmeno le palpebre. All’inizio ti chiedi se sta guardando te o qualcun altro, se magari è perché ti spunta dal naso un faraglione di Scopello. Nel modo più discreto possibile allora ti controlli nell’ordine: naso orecchie bocca capelli guance collo spalle petto mani gambe. Niente. Tutto sembra normale. Ma quello continua. Che poi lo sai benissimo che il modo migliore per evitare i pericolo è non guardarlo, ma tu, idiota, non riesci a fare a meno, è più forte di te, come da bambini quando ti dicevano di non guardare fisso il sagrestano che aveva la gobba. E invece tu guardi, e non appena si instaura il contatto visivo è finita; il maniaco si sente autorizzato ad avvicinarsi ed attaccare bottone con le frasi più patetiche. Farà di tutte per farvi parlare, per sapere cosa fai, dove vivi, cosa studi, se sei fidanzata, dove lavori, quali sono le tue passioni, i tuoi sogni, i tuoi hobbies. Provate a rispondergli “Ho la passione della carne umana, soprattutto alla brace”. Magari capisce l’antifona (in caso contrario, sconsiglio di accettare l’invito a pranzo).

6.       L’undicesima categoria è SPECIAL ONE e sta fuori dalle dieci perché non rientra esattamente nella lista. Sto parlando dei COMATOSI. I comatosi sono i peggiori compagni di viaggio da avere, perché sono i tuoi compagni di viaggio, cioè sono i tuoi amici, quelli che fanno il tragitto con te tutti i giorni. Tu ti aspetteresti da loro un qualche appoggio, invece questi appena si siedono di fronte a te, perdono i sensi. Cadono in uno stato di coma semicosciente: si svegliano solo all’arrivo del controllore, alla terza fermata, e sette minuti prima dell’arrivo in stazione. Per il resto nisba, buonanotte suonatori. Questi sono i peggiori perché ti abbandonano, ti lasciano da solo contro tutti. Guarda bastardo che se volevo viaggiare in compagnia di una salma, mi facevo dare uno strappo da mio zio, che ha una ditta di pompe funebri.





sabato 19 ottobre 2013

77 VOLTE MAX: i 7 motivi per cui è il più grande cantante dall'Unità d'Italia



Sento che è venuto il momento per me di fare un tributo come si deve al più grande dei grandi, al primus inter pares, al Poeta. Sto parlando del Max nazionale. No, non mi riferisco a Massimo Giletti e nemmeno a Max Tortora. Ma solo a lui, all’unico vero ed inimitabile Max. Quello che ha cantato la nostra vita e in cambio vuole solo 20euroesettanta per l’ultimo cd (occhio Max, chè va bene tutto ma la corda dopo un po’ si spezza). Ho sentito di dover celebrare ‘sto gran pezzo di musica italiana dopo aver letto un bell’articolo sulla semantica di Pezzali e dopo essermi posto la domanda: ma perché Max è il più grande cantante degli ultimi centocinquant’anni?

1.       LA RAGIONE DEL SUO SUCCESSO. No aspetta, non avete capito, mi sono spiegato male. Tra LA e RAGIONE ci deve essere una virgola. La, ragione del suo successo. Lontano dalle pretese canore e stilistiche superflue, ma sempre fedele alla regola che squadra che vince non si cambia, Maximilione ha capito che scrivere tutte le canzoni con la stessa tonalità è la via. E così, da trent’anni a questa parte, sono passati il groppo in gola il cuore che batte i tacchi alti e la gonna corta, ma lei no, la nota accessibile, la nota musicalmente nazionalpopolare è rimasta. Diventando marchio di fabbrica inconfondibile. Se la scelta sia stata legata alla scarsa disponibilità di ottave del cantante o ad una precisa Weltanschauung artistica è un segreto che si porterà Repetto nella tomba.

2.       KARAOKEY. Il secondo motivo si ricollega al primo. Max non è solo Profeta e Poeta. È anche uomo umile e modesto. Per questa ragione si è sempre guardato bene dallo sfoggiare le sue innegabili doti canore (no Max, avere tre cani non vuol dire avere doti canore….). Perché Max quando canta è l’uomo qualunque, anzi è l’uomo chiunque e come tale chiunque può cantare come lui. Vi sfido infatti a partecipare ad un karaoke in un qualunque sabato sera presso un qualunque bar lungo tutta la nostra penisola senza che qualcuno proponga un “Nord sud ovest est” o “Hanno ucciso l’uomo ragno”. Vi sfido. Tra l’altro la vittoria è assicurata, proprio perché non conosco persona al mondo che canti male una canzone di Max e così anche chi è stonato come un’autoambulanza, che durante questi eventi si sente emarginato, può godere di quattro minuti e venti di gloria pura, grazie anche al coro di voci galvanizzate che sempre si solleva durante una sua canzone (grazie Max).

3.       L’ABITO NON FA IL MONACO. Altro motivo di stima assoluta di Max è senza dubbio l’aspetto fisico, che diciamo che rema un po’ contro. Non è, infatti, facile riempire palazzetti e far cantare un popolo intero vestendosi come un magazziniere di una ditta di laminati. Eppure Lui ce l’ha fatta, checché se ne dica. Già da ragazzo il nostro eroe non era esattamente un adone che ti scalda come un termosifone (nonostante all’epoca intasasse alcuni suoi video di astrofighe da maneggio…dai Maxxi, non sei credibile, abbassa un po’ il tiro). Poi il tempo è passato. Come una mototrebbiatrice. E a ben vedere ha fatto anche retromarcia diverse volte. Nonostante sia senza capelli, abbia delle occhiaie da violenza domestica e si sia inspessito come un piumino invernale, ha avuto comunque il coraggio di presentarsi a Sanremo e di organizzare un tour lungo un sogno. Max è l’uomo che non ha paura di invecchiare e di mostrarsi così com’è (sì Max, ma se continui così la paura poi ce l’hanno gli altri).

4.       SE SOLO AVESSI LE PAROLE. E Max ce le ha. Cazzo se ce le ha. Sempre giuste. Sempre esatte. Lui conosce la vita e te la racconta. Ti insegna la tua esistenza. E canta ciò che ti è capitato o ti capiterà. È un po’ come gli oroscopi di Paolo Fox. E tu quando lo ascolti non puoi fare a meno di dire “Porca vacca è proprio vero..è proprio così..sto cazzo di Peugeot in salita fa una fatica da porco che mi tocca scendere e spingerlo io da dietro, che poi mi costa un totale di RCAuto..la prossima settimana mi faccio l’abbonamento ai mezzi”.

5.       MAXKETING. Max è l’unico artista che ha capito la forza coagulante delle canzoni brutte. Scientemente ha deciso, da un po’ di tempo a questa parte, di fare canzoni oggettivamente imbarazzanti (Maxi tuttoaposto??). Ovviamente questa non è altro che una mossa di marketing brillante. Infatti tutti i fans, non appena hanno sentito ‘ste vaccate allucinanti hanno gridato tutto il loro dolore come fanno i gabbiani quando vanno a morire e si sono rifugiati nelle vecchie canzoni, unico lenitivo alle ferite musicali inferte dal loro idolo. Ma si sa, Max ha costruito tutta la sua carriera sull’adagio “si stava meglio quando si stava peggio” e il suo sostenitore medio è intrinsecamente convinto di questa verità. Max non fa altro che rafforzare in loro tale convinzione, che il passato è sempre migliore del presente, che tutto passa e tutto se ne va e che, in definitiva, “si stava meglio quando si stava Max”.

6.       MAXIMA COERENZA. Parliamoci chiaro. Pur essendo il cantante della Verità, Maximilione non ha mai avuto dei gran contenuti: amici, birra, motori, patata, due di picche, abbandono, patata, inadeguatezza, amore, nostalgia e patata (o nostalgia della patata, vedete voi). E questa scelta l’ha portata avanti sempre. Non è di quei cantanti che si svegliano una mattina e decidono di impegnarsi. Di darsi un tono perché alla fine se sulla carta d’identità mi faccio aggiungere che sono anche intellettuale entro gratis al cinema il martedì e il giovedì. Voglio dire, uno può uscire da Amici e poi avere la pretesa di cantare di bolle speculative sui titoli immobiliari, disoccupazione strutturale e del Mistero dell’Immacolata Concezione? Bah. Max invece no, non è sceso a compromessi. A costo di scrivere delle banalità disarmanti, non tradisce mai. Piuttosto scade nel bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. E sono convinto che va ancora a ballare al pomeriggio e che il sabato pome gira ancora per Pavia a fare le penne, anche se il medico gliel’ha sconsigliato per via dell’ernia.


7.       PETER MAX. Max Pezzali come Peter Pan. Tutti quelli che non vogliono crescere, che giocheranno a calcetto tutta la vita, che organizzeranno le cene di classe anche superati i cinquanta, che rimpiangeranno i Pokemon e il Gameboy color trasparente (o nell’improponibile versione viola), che rimpiangeranno la terza liceo, che si racconteranno per la trecentonovantesima volta degli scherzi fatti in gita di classe, che rimpiangeranno l’estate caldissima come condizione permanente dell’anima, che si lasceranno tentare dal rifarsi il codino, dal rimettersi l’orecchino, dal risentire una ex, dal riesumare il lettore cd portatile, dalle AirMAX (è un caso??????io credo di no), dalla cintura con la fibbia modello cintura di sicurezza dell’aereo e dal Bacardi al limè non potranno che amare Max per tutta la vita, perché, lui l’aveva già capito, eravamo felici ma non lo sapevamo.

lunedì 14 ottobre 2013

DIECI CATEGORIE DI PASSEGGERO CHE MAI VORRESTI VICINO



Scrivo questo post in un momento di grave difficoltà d’animo. È lunedì mattina, e già partiamo male. Piove, come tutti i lunedì incattiviti di autunno. E quando il lunedì piove, hai l’impressione che a pisciarti addosso sia la settimana tutta intera. Male male. Sono in treno. Questo dice praticamente tutto. Ovviamente il treno in questione è un regionale veloce (grazie Trenitalia per la raffinata ironia) che puzza di piscio, sudore e paura. Oggi visto che piove, alle note acidule di ascella ancora assopita, si aggiunge un intenso odore di cane bagnato. Mi è molto difficile in momenti come questo non desiderare un deragliamento coi fiocchi. O una bella bomba carta nel bagno del treno. Non solo per il treno in se, che ovviamente viola diversi requisiti fissati dalla Carta Europea dei Diritti dell’Uomo, ma soprattutto per i miei compagni di viaggio, una di quelle fette di umanità da colite ulcerosa. Perché “l’inferno sono gli altri” come diceva Sartre. Figurarsi di lunedì mattina

1.       IL CENTRALINO. Il centralino è una piaga da decubito. È quello che appena poggia il sedere nel vagone riceve o fa una telefonata che dura fatalmente tutto il viaggio. Sei ore e quaranta di conversazione senza scatto alla risposta. Ma che cazzo hai da dire per tutto quel tempo!? E soprattutto, a chi!? Si parte dal tempo, per passare alla famiglia, gli amici, la serata trascorsa, i morti, la settimana che viene, la crisi in Medio Oriente, l’acquisizione della Telecom, il mistero della transustanziazione del corpo di Cristo, passando per l’ultima giornata di campionato e i risultati della rettoscopia. E tu preghi disperatamente per avere una galleria. Invece niente, assistito da una copertura campo da Radio Maria, il centralino non molla un momento, alzando se possibile la voce e diminuendo le pause per la respirazione. Il peggio è quando, però, ad essere al telefono è uno straniero, che parla nella sua lingua madre. Oggi c’era di fianco a me una cinese che ha parlato, penso, dell’intera dinastia imperiale, ovviamente in mandarino. Sceso alla stazione ho fatto immediatamente un esamino di certificazione C2 di lingua che fa tanto curriculum.

2.       LA PROLE. Come sono belli i bambini. Già. Solo se salgono su altri treni però. Perché se salgono sul tuo, nel tuo stesso scompartimento, l’istinto di continuazione della specie viene azzerato. I piccoli bastardi, infatti, sono metodici. Srotolano, nel giro di un paio d’ore, tutte le ottave di cui madre natura li ha muniti. E così iniziano a piangere al fischio del capotreno e smettono quando finalmente scendi in stazione con le stimmate alle orecchie. Signora, porca vacca incinta, ma suo figlio è posseduto o ha ingoiato un antifurto? All’inizio tu li guardi e sorridi benevolo, così piccoli, candidi, indifesi. Alla fine sono angeli con i lacrimoni e un piantino è adorabile. Col passare del tempo cominci a chiederti qual è la velocità massima che può raggiungere un passeggino lanciato fuori da un treno in corsa, o se fai ancora in tempo ad iscriverti a quel corso di tiro al piattello che fanno vicino casa tua. Finisci col pensare che la decima piaga d’Egitto era roba da principianti (che era quella dove muoiono i primogeniti, ndr).

3.       DITTA TRASLOCHI SU ROTAIA. Sono quelle (si quelle, perché sono sempre fatalmente donne) che partono con otto valigie, cinque borse, quattro zaini, tre marsupi, due tracolle e un baule da viaggio stile Luigi XIII, sei cappelliere e una voliera. Cinquantadue chili di femmina per un totale di sette tonnellate e mezzo di merce. Roba da trasferimento abitativo di terremotati. Ovviamente la poverina arriva trafelata e il minimo che possiate fare è darle una mano; se non fosse che la pulzella non vi ha comunicato di fare come mestiere l’occultatore di cadaveri per la mafia, che ha riposto, affettati, dentro i bagagli. La conseguenza è un’ernia grande come il cranio di una scimmia e una tachicardia ventricolare da corridore di triathlon sovrappeso. Il problema è che tutta quella fiera di valige non starà mai tutta fisicamente nei ripiani sopra i posti a sedere. Questo ti costringere a fare un viaggio da contorsionista ungherese visto che i restanti bagagli vengono disposti tra i passeggeri. E così dovrai viaggiare con una gamba in spalla, un gomito in bocca, su un piede solo, seduto sul bracciolo. Se passa Gino Strada è capace che vi scelga come testimonial fotografico della campagna contro le mine antiuomo. Sennò, male che vada, ho sentito che al Circo Togni assumono.

4.       IL MUSCHIATO. Ora io mi chiedo se in giro vendano delle camicie pre-sudate, già con la pezza incorporata, magari in un sacchettino a parte come si fa coi bottoni di ricambio. Perché è umanamente impossibile puzzare già alle 8 e venti di una mattina di ordinaria follia. Porca miseria, o abiti in un peschereccio o sei sonnambulo e hai dormito tutta la notte su un tapis roullant acceso. Tu lo vedi il muschiato, o meglio lo senti. Lo identifichi per il fatto che alzando un braccio è in grado di far appannare i finestrini. Dall’esterno. Il primo istinto è di scappare più lontano che puoi, andare dall’altra parte della banchina. Ma è inutile. Per un misterioso e maligno gioco di scatole cinesi, ti troverai costretto in un tramezzo, tra la carrozza sette e la carrozza otto, stipata come l’intestino di un occluso, a distanze illegali da quest’ultimo e soprattutto dalla sua ascella allucinogena. Dopo aver scambiato il controllore dei biglietti per una visitazione mariana, a causa dei miasmi corporali, perdi i sensi inevitabilmente. Ti svegli alla stazione termini, mentre l’addetto delle pulizie colombiano ti sta derubando.

5.       IL JUKEBOX. La mattina presto non assomiglia per niente ad una delle Quattro Stagioni di Vivaldi. La mattina presto assomiglia più a Guantanamo. Ora, che musica possono mai passare a Guantanamo? Certamente musica di merda, che è  quella che ascolta il passeggero di fianco a voi. Armato di due amplificatori da 1000 watt a padiglione, sguinzaglia tutta la libreria del suo ipod addosso a te, che provi a dormire su sedili comodi come trappole per topi. In base alla giornata, al tipo, e alla tua personale buona stella, si può andare dal death metal, al tecno trash, passando per il neomelodico remix. Il volume delle cuffie è così alto che ti vibrano persino i pensieri. La musica ti azzanna nel dormiveglia come un cane in calore, ma di quelli grossi. In momenti come questo ci vorrebbe un amico. Magari Mike Tyson. Magari con molto appetito.

LUNEDI PROSSIMO LE ULTIME CINQUE CATEGORIE. BUON VIAGGIO!