Scrivo questo
post in un momento di grave difficoltà d’animo. È lunedì mattina, e già
partiamo male. Piove, come tutti i lunedì incattiviti di autunno. E quando il
lunedì piove, hai l’impressione che a pisciarti addosso sia la settimana tutta
intera. Male male. Sono in treno. Questo dice praticamente tutto. Ovviamente il
treno in questione è un regionale veloce (grazie Trenitalia per la raffinata
ironia) che puzza di piscio, sudore e paura. Oggi visto che piove, alle note
acidule di ascella ancora assopita, si aggiunge un intenso odore di cane
bagnato. Mi è molto difficile in momenti come questo non desiderare un
deragliamento coi fiocchi. O una bella bomba carta nel bagno del treno. Non solo
per il treno in se, che ovviamente viola diversi requisiti fissati dalla Carta
Europea dei Diritti dell’Uomo, ma soprattutto per i miei compagni di viaggio,
una di quelle fette di umanità da colite ulcerosa. Perché “l’inferno sono gli
altri” come diceva Sartre. Figurarsi di lunedì mattina
1.
IL
CENTRALINO. Il centralino è una piaga da decubito. È quello che appena
poggia il sedere nel vagone riceve o fa una telefonata che dura fatalmente tutto
il viaggio. Sei ore e quaranta di conversazione senza scatto alla risposta. Ma
che cazzo hai da dire per tutto quel tempo!? E soprattutto, a chi!? Si parte
dal tempo, per passare alla famiglia, gli amici, la serata trascorsa, i morti,
la settimana che viene, la crisi in Medio Oriente, l’acquisizione della
Telecom, il mistero della transustanziazione del corpo di Cristo, passando per
l’ultima giornata di campionato e i risultati della rettoscopia. E tu preghi
disperatamente per avere una galleria. Invece niente, assistito da una
copertura campo da Radio Maria, il centralino non molla un momento, alzando se
possibile la voce e diminuendo le pause per la respirazione. Il peggio è
quando, però, ad essere al telefono è uno straniero, che parla nella sua lingua
madre. Oggi c’era di fianco a me una cinese che ha parlato, penso, dell’intera
dinastia imperiale, ovviamente in mandarino. Sceso alla stazione ho fatto
immediatamente un esamino di certificazione C2 di lingua che fa tanto
curriculum.
2.
LA PROLE.
Come sono belli i bambini. Già. Solo se salgono su altri treni però. Perché se
salgono sul tuo, nel tuo stesso scompartimento, l’istinto di continuazione
della specie viene azzerato. I piccoli bastardi, infatti, sono metodici.
Srotolano, nel giro di un paio d’ore, tutte le ottave di cui madre natura li ha
muniti. E così iniziano a piangere al fischio del capotreno e smettono quando
finalmente scendi in stazione con le stimmate alle orecchie. Signora, porca
vacca incinta, ma suo figlio è posseduto o ha ingoiato un antifurto? All’inizio
tu li guardi e sorridi benevolo, così piccoli, candidi, indifesi. Alla fine
sono angeli con i lacrimoni e un piantino è adorabile. Col passare del tempo
cominci a chiederti qual è la velocità massima che può raggiungere un
passeggino lanciato fuori da un treno in corsa, o se fai ancora in tempo ad
iscriverti a quel corso di tiro al piattello che fanno vicino casa tua. Finisci
col pensare che la decima piaga d’Egitto era roba da principianti (che era
quella dove muoiono i primogeniti, ndr).
3.
DITTA
TRASLOCHI SU ROTAIA. Sono quelle (si quelle, perché sono sempre fatalmente
donne) che partono con otto valigie, cinque borse, quattro zaini, tre marsupi,
due tracolle e un baule da viaggio stile Luigi XIII, sei cappelliere e una
voliera. Cinquantadue chili di femmina per un totale di sette tonnellate e
mezzo di merce. Roba da trasferimento abitativo di terremotati. Ovviamente la
poverina arriva trafelata e il minimo che possiate fare è darle una mano; se
non fosse che la pulzella non vi ha comunicato di fare come mestiere
l’occultatore di cadaveri per la mafia, che ha riposto, affettati, dentro i
bagagli. La conseguenza è un’ernia grande come il cranio di una scimmia e una
tachicardia ventricolare da corridore di triathlon sovrappeso. Il problema è
che tutta quella fiera di valige non starà mai tutta fisicamente nei ripiani
sopra i posti a sedere. Questo ti costringere a fare un viaggio da
contorsionista ungherese visto che i restanti bagagli vengono disposti tra i
passeggeri. E così dovrai viaggiare con una gamba in spalla, un gomito in
bocca, su un piede solo, seduto sul bracciolo. Se passa Gino Strada è capace
che vi scelga come testimonial fotografico della campagna contro le mine
antiuomo. Sennò, male che vada, ho sentito che al Circo Togni assumono.
4.
IL
MUSCHIATO. Ora io mi chiedo se in giro vendano delle camicie pre-sudate,
già con la pezza incorporata, magari in un sacchettino a parte come si fa coi
bottoni di ricambio. Perché è umanamente impossibile puzzare già alle 8 e venti
di una mattina di ordinaria follia. Porca miseria, o abiti in un peschereccio o
sei sonnambulo e hai dormito tutta la notte su un tapis roullant acceso. Tu lo
vedi il muschiato, o meglio lo senti. Lo identifichi per il fatto che alzando
un braccio è in grado di far appannare i finestrini. Dall’esterno. Il primo
istinto è di scappare più lontano che puoi, andare dall’altra parte della
banchina. Ma è inutile. Per un misterioso e maligno gioco di scatole cinesi, ti
troverai costretto in un tramezzo, tra la carrozza sette e la carrozza otto,
stipata come l’intestino di un occluso, a distanze illegali da quest’ultimo e
soprattutto dalla sua ascella allucinogena. Dopo aver scambiato il controllore
dei biglietti per una visitazione mariana, a causa dei miasmi corporali, perdi
i sensi inevitabilmente. Ti svegli alla stazione termini, mentre l’addetto
delle pulizie colombiano ti sta derubando.
5.
IL
JUKEBOX. La mattina presto non assomiglia per niente ad una delle Quattro
Stagioni di Vivaldi. La mattina presto assomiglia più a Guantanamo. Ora, che
musica possono mai passare a Guantanamo? Certamente musica di merda, che è quella che ascolta il passeggero di fianco a
voi. Armato di due amplificatori da 1000 watt a padiglione, sguinzaglia tutta
la libreria del suo ipod addosso a te, che provi a dormire su sedili comodi
come trappole per topi. In base alla giornata, al tipo, e alla tua personale
buona stella, si può andare dal death metal, al tecno trash, passando per il
neomelodico remix. Il volume delle cuffie è così alto che ti vibrano persino i
pensieri. La musica ti azzanna nel dormiveglia come un cane in calore, ma di
quelli grossi. In momenti come questo ci vorrebbe un amico. Magari Mike Tyson.
Magari con molto appetito.
LUNEDI PROSSIMO LE ULTIME CINQUE CATEGORIE. BUON VIAGGIO!
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