martedì 26 febbraio 2013

I.N.T SPECIALE ELEZIONI: SIPARIO


Io non tollero speciale elezioni. Sipario. Il giorno dopo le elezioni, in Italia, si respira quell’atmosfera che c’è in casa quando la sera prima c’è stata una seratona della miseria. La tovaglia sporca, la spazzatura è da buttare, piatti pentole e bicchieri nel lavello da lavare, si contano le bottiglie vuote e tra pancia piena e testa pesante ci si sente di avere il peso specifico del mercurio. Tutto quello che è successo sembra arrivare da un ricordo distante, che si fatica a mettere assieme.
Come sempre, in Italia, dopo un’elezione, tutti trasecolano. Nessuno si aspettava nulla. Serpeggia lo stesso sgomento di quando si guarda l’agguato dell’orca assassina alla foca monaca. Si vive una sorta di dissociazione elettorale: nessuno si capacità dei risultati. E tutti parlano come se a votare ci fossero andati altri, un popolo italiano clonato, che vota in un paese parallelo. Allora ci si incazza e inizia la caccia alla volpe ( o al volpone): “CHI L’HA VOTATO??? VOGLIO SAPERLO!!!! CHI HA AVUTO IL CORAGGIO DI VOTARE QUELLO LI’???? CHI E’ STATO A VOTARE QUELLO LA’!!!”. E nessuno risponde, come quando giochi allo schiaffo del soldato.
Agli iracondi si aggiungono gli affranti, quelli che dopo questa elezione “ti giuro ho perso proprio speranza nella democrazia. Perché la gente non capisce? Siamo proprio un paese di buffoni” e progettano fughe rocambolesche all’estero. Roba che se io fossi in Alitalia pregherei per una tornata di elezioni ogni sei mesi e poi altrochè buco nel bilancio, mi faccio fare le cinture di sicurezza da Louis Vuitton.
Chi non si lascia morire disperatamente di stenti tenta un’analisi politica e in un attimo diventiamo un paese di politologi. Alcuni liquidano i risultati con la rassicurante giustificazione della sciatteria del popolo, che è come dire, implicitamente “il problema è della gente e non mio, che non faccio parte della gente, sono loro che non capiscono, solo IO capisco, solo IO ho chiaro, solo il MIO voto è utile, solo IO so che cosa serve, solo IO..”.
Altri, invece, spiegano piani machiavellici, disvelano gabole tremende, ipotizzando addirittura patti luciferini e svendite di anima per la vita (politica) eterna.
Il momento è d’oro poi per tutti i vanitosi da social, cioè quelli la cui pressione sanguigna nel corpo cavernoso è direttamente proporzionale all’assenso riscosso su Facebook o su Twitter. E così vedi spuntare in poche ore una serie di banalità straordinarie ( del tipo “italiani tutti caproni” o il soave “ si stava meglio quando si stava peggio”) che ricevono cascate di  like. Non mi stupirei se ieri sera, andando a letto, qualcuno di questi si fosse sentito uno statista mancato od una mente sofisticatissima rubata alla politica e alla salvezza dell’Italia tutta.
Ora, io non voglio impelagarmi in disquisizioni edotte. Tutto è stato già detto, ridetto e stradetto. Vorrei solo condividere un fatto per me evidente e avanzare una teoria.
Il fatto è che l’Italia è il paese dell’eterno ritorno, cioè il paese dove tutto accade e poi accade di nuovo. In Italia si vive un perenne deja vu: i leader di oggi ricordano quelli di ieri, i pensieri di oggi son simili a quelli che si pensavano ieri e persino ciò che si indossa oggi rassomiglia tanto al vestire di ieri (lunga vita al vintage, il “Lazzaro, alzati e cammina” nella moda). Lo si vede dal senso di nostalgia che attanaglia tutti. Si rimpiangono i personaggi del passato, arrivando addirittura a sospirare davanti alla statua di Garibaldi o al ritratto di Cavour. È inevitabile, che se si rimane inchiodati al passato e non si supera mai ciò che si era nel passato, si sarà condannati a rivivere e rivedere le stesse cose. All’infinito.
La mia teoria invece sulle elezioni è questa, detta anche “complesso di Sanremo”. La vicinanza temporale dei due avvenimenti me l’hanno fatto capire. A Sanremo vince sempre la canzone più brutta, quella che non meritava. Ma non importa neanche chi vince, dato che la canzone che poi diventerà cult e lascerà il segno arriva tipo terza. Tutti televotano e tutti sono delusi alla fine ( chi non lo è non lo dice) e si sentono derubati. Ma nessuno si sogna che a vincere possa essere la canzone bella, non è pensabile. Son cose che ti farebbero perdere certe prospettive importanti della vita. È giusto che vinca la canzone sbagliata, anzi è meglio che vinca la canzone sbagliata. Altrimenti non sarebbe Sanremo. Perché altrimenti non ci potremmo sentire migliori di tutti quelli che hanno votato, non ci potremmo sentire più capaci e più competenti ( sia dei votati che dei votanti) e non potremmo vivere un anno intero nel dolce vittimismo di sapere di essere degli agnelli in mezzo ai lupi, che subiscono un Festival e un paese che non li merita. Ci serve che Sanremo ci restituisca un podio indecente e mediocre, per avere qualcun altro da incolpare se qualcosa va male, da insultare, da usare come scudo umano alla mitragliata di responsabilità, che, altrimenti, ci inchioderebbe al muro.
I.N.T SPECIALE ELEZIONI: SIPARIO

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