sabato 23 febbraio 2013

IO NON TOLLERO: SPECIALE ELEZIONI


Io non tollero le elezioni politiche. Nel resto del mondo vederle è un piacere, è come seguire un grande evento sportivo . Tipo le Olimpiadi. O una bella partita di calcio. Trovarsi invece in Italia durante le elezioni è come stare in mezzo al Carnevale di Ivrea. Questa assoluta sgradevolezza deriva innanzitutto dalla campagna elettorale. La campagna elettorale italiana assomiglia al TAGADA’, cioè quella giostra delle fiere di paese dall’aspetto di un’enorme piattaforma rotonda che gira vorticosamente su se stessa, frullando i passeggeri che traballano. Durante la campagna elettorale è un po’ così: tutti ballano come possono, c’è chi prova a baciare la propria ragazza e invece bacia il ragazzo di fianco, chi con la stessa scusa allunga le mani sulla tua ragazza, non si capisce più chi sta a destra e chi a sinistra, c’è sempre quello che si sente male e poi sporca tutti gli altri, il tutto accompagnato dall’evergreen “ MUOVI LA COLITA MAMITA RICA!”. E, intanto, chi guarda da terra si chiede perché al terzo giro quelli non scendono chè “ sarebbe anche il nostro turno, visto che è un’ora che siamo in coda”. Ma tanto ad un certo punto scatta la sirena e “ altro giro, altra corsa!!”. In Italia, poi, a votare non ci si va sereni. L’elettore ha la stessa calma interiore di un tabagista che entra in una fabbrica di fuochi d’artificio. Questo perché  nessuno quando va a votare ha la cognizione di stare andando a votare.
C’è quello che va a votare come se andasse in un cinema a luci rosse. Ci va vestito pesante, alzandosi il bavero della giacca, col cappello calato sugli occhi per non farsi riconoscere, convinto che da ogni proprio gesto trapeli la preferenza espressa.
“allora…a votare ci vado in bici…nonono che poi pensano  che con la bici son di sinistra.  Allora ci vado col SUV…no che poi sembro uno di CONFINDUSTRIA…magari ci vado in macchina con la bici nel baule. Ecco lo sapevo, non dovevo mettermi il loden che se poi tiro fuori l’agenda manco mi fanno entrare. Beh sai che faccio, mentre sono in fila magari mi graffetto un orecchio così poi sembro di Sel…Oddio, e ora che faccio, le apro la porta e la faccio passare o entro prima io, perché lo so, se la faccio passare poi dicono che lo faccio per guardarle il culo e poi subito la gente è maliziosa e pensa subito a lui…magari passo prima io e le dico che odio le maschiliste buone maniere  e che il pelo superfluo femminile è una forma di autodeterminazione”. Per depistare fino all’ultimo, entra nell’urna fischiettando “Bella ciao” e “ Giovinezza” in un mash-up alla Stefano Bollani.  E se dopo, per caso, viene fermato fuori da un conoscente che gli chiede se e chi ha votato, quello risponde che c’è andato solo per rubarsi la matita del seggio.
Altro elettore è il condiscendente. Quello che per una vita vota per la stessa parte politica. Si è preso tutte le sue sante bastonate sulle gengive che neanche uno xilofono. Un devoto umiliato. Roba che la gente per strada gli da gli scappellotti sulla testa e gli abbassa i pantaloni in piazza dopo la messa della domenica. E’ quello che quando vota sembra una madre “dai vabbè ti rivoto, ma questa è l’ultima volta perché se poi non fai quel che hai promesso anche sta volta poi mi coprono ancora la macchina di palline di sputo”. E’ superfluo aggiungere che col passare del tempo dovrà decidersi a vendere la macchina per poter continuare a votare.
Intollerabile è il Messia, l’elettore circonfuso di luce. Colui che sa quale è il voto utile: quello che darà lui. Averlo dietro in coda è come una punizione fisica in un campo di prigionia cambogiano. Entra nel seggio carico come una sveglia.
“ah che meraviglia. Son proprio bei giorni quelli in cui si va a votare. Cioè son proprio momenti di grande coesione sociale parteciativa.”
“si..si è vero ma..”
“fa piacere vedere tutta questa gente che si interessa. Non è vero che c’è disinteresse. Che poi se non lo esercitiamo noi...”
“beh si…è importante, anche se..”
“ che poi per dare una scossa la parte da votare è una…” e se la tua parte non corrisponde alla sua è finita. Ti guarda con lo sdegno e il disgusto dell’esorcista davanti all’indemoniato. Prova a redimerti con l’imposizione delle mani, compie riti sciamanici per convertirti e ti sfinisce con una lunga serie di motivazioni a grappolo che dimostrano incontrovertibilmente che il suo candidato è il re Mida che serviva e il tuo è affidabile come  Hannibal Lecter ad una grigliata. E al tuo turno, fino all’ultimo ti guarda come a dire “ora sai cosa è giusto, va e non peccare più”.
Altro elettore meraviglioso è quello che va a votare come se stesse andando a confessarsi. Che si cosparge il capo di cenere solo per segnare la propria preferenza. E’ quello che  per il resto dell’anno accende l’automobile anche solo per ascoltare la radio e che fa le battute di caccia grossa con i proiettili all’uranio impoverito, ma poi si scopre ambientalista; è quello che per il resto dell’anno si fa le frittate con le uova fabergè, ma poi si scopre proletario; è quello che ha otto figli con cinque donne in tre paesi diversi, ma poi sente il richiamo della famiglia come unità fondamentale della comunità. Praticamente entra che è Willy Wonka ed esce presidente dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani.
Altro votante insopportabile è l’eterno inesperto.  Quello che gli spieghi e non capisce. Sbaglia urna, esce tre volte per chiedere se deve votare al contrario come nei referendum, se basta la croce o deve annerire la casella, se per caso gli possono prestare una gomma che ha sbagliato, e che non capisce la differenza tra voto disgiunto e espressione di preferenza. Finisce che vota per Marco Mengoni, ma poi ha l’illuminazione “ah ma io non avevo capito..cioè lei mi aveva detto..quindi dovevo fare cosi..” e se ne va sbuffando e inneggiando al televoto.
Per fortuna poi le elezioni finiscono, tutti vanno a casa, a meditare. Finalmente, per una volta cittadini attivi. Poi vedi i risultati, esulti o ti incazzi, ma non riesci a gioire. Ti manca la soddisfazione vera. Come quando ti sforzi di esultare per un gol a Fifa anche se non stai giocando tu. Hai la sensazione di non partecipare appieno. Il tuo voto interessava fino un attimo prima di essere espresso. Poi basta. Chi è eletto ricomincia a girare in auto blu e tu smadonni per dover allungare il pieno col dado Knorr. Ti dimentichi che essere cittadino attivo non è solo votare, ma è essere attento, presente, informato. E’ rispettare la tua comunità e i luoghi che le appartengono. Fare volontariato. E’ osservare la legge, ma più banalmente è avere decoro e comune senso civico. Votare non è un buono cumulativo di cittadinanza: dato che ho votato posso posteggiare 10 volte in doppia fila, non chiedere 7 scontrini e taccheggiare due robine al supermercato. E invece sembra che votare abbia l’effetto della sveglia quando suona la mattina presto: ti desta un attimo, tu la guardi, la spegni e ti volti dall’altra parte. Ma il voto è un cuscino scomodo su cui dormire. Un voto dato in questo modo non conta, ma si sconta, prima o poi.
I.N.T. SPECIALE ELEZIONI
 

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