venerdì 19 luglio 2013

IL VIAGGIATORE DA ESPOSIZIONE



Porca boia finalmente è arrivata l’estate. Credevo che mi sarebbero evaporate le palle prima di andare in vacanza. Fatto pacchi, valige, sacchetti e me ne sono tornato a casa. Devo dire che il caldo umido come il fiato ansimante di un maniaco sul collo di una catechista è lo stesso dappertutto. Mi rende molle ed appiccicoso come una barretta di Mars. La cosa peggiore è che per via di questa iperattività sudoripara ho il culo che sembra ricoperto di carta moschicida. Non posso sedermi da nessuna parte, altrimenti il magico duo comincia a sudare, divenendo perfettamente aderente alla superficie di appoggio. Con conseguente incollamento. Non vi dico il dramma: ora sono costretto ad andare in bagno con un piede di porco ( per liberarmi dal vuoto pneumatico che fatalmente si forma nella tazza) e ho letto, divano, poltrone e sdrai segnati da una sindone laica, testimone di penniche bollenti.
Data questa mia sfortunata condizione biologica, sono costretto a stare sempre in piedi, come i cavalli. Ho deciso allora di fare due passi. Errore madornale. Perché poco distante da casa mia ho incontrato il viaggiatore da esposizione.
Descrizione:
il viaggiatore da esposizione è il maledetto turista che nello spazio di un’ estate visita tre continenti, diciotto stati, sedici capitali, ventitré regioni, una dozzina di spiagge, cinquecento musei e seimilaquattrocentottantanove deliziosi borghi chetunondirestimaieinvecemicisonoinnamoratoperchèguardailnostrobelpaeseèunpostopienodimeravigliecheneancheconosciamo. Praticamente è un nomade, uno zingaro che viaggia con Ryanair. Fin qui niente di male, se non fosse che lo scopo di tutto questo peregrinare è rinfacciarlo fino alla morte a chi come te ha in programma di seccarsi le balle come datteri al sole presso lo stabilimento “Marcella” di Capo Rizzuto, dove l’eritema solare è considerata animazione da spiaggia. Inspiegabilmente, infatti, il viaggiatore da esposizione, quando ti incontra, ha con sé otto intere memory cards piene di foto di viaggi appena fatti che lui suppone tu abbia un bisogno praticamente vitale di vedere:
“ allora guarda, questa è la foto del bagagliaio vuoto, questa del bagagliaio pieno, questa del bagagliaio con dentro Tobia  (bovaro del bernese da 108 chili a pelo lunghissimo, amichevole come una lastra di ghiaccio su un tornante) perché sai come sono, sono una sagoma. Questa è la foto di me al volante. Questa dei piedi del mio tipo/ tipa sul cruscotto della macchina. Qui siamo noi al mare. Qui coi bambini dell’Africa che stanno morendo di fame. Qui siamo noi con simpatici cappellini fluo in un locale sulla costa. Qui siamo noi in piedi. Noi seduti. Noi sdraiati. Uno albero. Uno scoiattolo. Il piatto tipico del luogo ( il cui odore di piedi ha fatto venire sfocata la foto). Noi sdraiati su un fianco. Noi che dormiamo.”
Si perché il problema di questa gente è che fotografa ogni cosa inutile. In quei casi uno dovrebbe essere sincero: la foto con te di fianco ai soldati della Regina o di te col cappello da messicano assieme al taxista sorridente che ti sta sfilando il portafoglio dalla  tasca, o la panoramica mozzafiato di conifere secolari al tramonto non piace a nessuno. È soltanto merda. Punto.
L’apice si raggiunge poi quando questo meraviglioso esempio di inceppamento del meccanismo evolutivo mi vuole convincere che “no guarda io non sono proprio il tipo da vacanza al mare. Cioè io se non mi vado a imbelinare in una foresta tropicale, se non mi faccio calare in una grotta a 1300 metri di profondità, se non rischio di farmi bollire da una tribù indigena o se non faccio un bel safari a mani nude cioè io proprio non mi rilasso. Non riesco a capire come fanno quelli a chiamare vacanza stare sdraiati al sole senza fare niente per una settimana”. Donna/uomo avventura ascoltami bene. Dato per assodato che non c’è nulla di male nel passare una settimana a brasarsi le chiappe su un lettino, come faccio a credere a te che vai via coi Viaggi del Ventaglio? Che, porca miseria, se non ti danno il posto finestrino in aereo ti viene una crisi di iperventilazione, o se te lo danno ma magari contrario al senso di marcia, in treno, ti viene la nausea. Mi chiedo, perché mi devi vendere la cavalcata in cammello e il the nel deserto sotto la tenda berbera come un’esperienza da Lawrence d’Arabia, quando sai benissimo che il the era della Lipton, la tenda della Quechua e che quei magrebini erano berberi nomadi e romantici come Hannibal Lecter è vegano. Scusa ma agli esploratori col bancomat faccio fatica a credere.

Per non parlare di quelli che mi vendono il loro viaggio come una sorta di impellenza sociologica.  “no guarda, io vado via soprattutto per i luoghi. Le atmosfere. Vado per incontrare le persone, voglio immergermi nella vita di quel paese, nelle loro vite, nella loro quotidianità”. Epporcatroia. Primo, ma che cazzo di quotidianità vuoi che ci sia a Formentera. Secondo, tu credi davvero in due settimane di riuscire “ad immergerti in un popolo”, alternando visite guidate in pullman a razzie dissennate di bancarelle alla ricerca del vestitino che è un amore (che diventa immettibile a casa), del soprammobile che è proprio adatto al mio soggiorno (si, se vivi in una capanna fatta di sterco e bambù) e della boccetta di sabbia del deserto (che come minimo è limatura di piastrelle da bagno). L’unica cosa che ti auguro quest’estate, mio caro amico giramondo, a te che viaggi più per raccontarlo agli altri che per levarti un po’ dalle palle, è di non incontrarmi in aereo. Si perché, dopo averti incontrato ho preso la decisione di iniziare un corso di volo. Specializzazione: esplosivi.

Nessun commento:

Posta un commento