sabato 6 luglio 2013

I TELECRON(TR)ISTI (int del lettore)




Finita la Confederation posso dire di essere stremato. Non ce la faccio più.
 Non tollero davvero gli opinionisti della nazionale di calcio. Non perché tolleri gli opinionisti del campionato, ma perché se gioca l’Italia si cimentano tutti nel commento superfluo.
Si che l’Italia è paese di santi, poeti e navigatori, ma che lo sia anche di tuttologi calcistici quello no. Certo, uno potrebbe tranquillamente non ascoltarli tutti quegli ammuffiti, gente che ormai al bar ha stabilito la residenza, ed evitare di farsi una pessima opinione del genere umano. Basterebbe starsene a casa e farsi i fatti propri, direte. Tutto vero, solo che poi apri Facebook e non hai comunque scampo, roba che verrebbe quasi da dire che la libertà di espressione non è poi un diritto così fondamentale. E allora devo sfogarmi contro le 5 peggiori, intollerabili categorie.



Le donne, voto: quasi 1. Perché le donne intervengano proprio non me lo spiego. Voglio dire, ma io, homo tifosus, mi permetto di esprimere un’opinione sul nuoto sincronizzato? “Che perfetta armonia fra slancio ed uscita dall’acqua”, “come le sta bene quel fondotinta e come rimane intatto nonostante il cloro!!!”. Non lo faccio, non si fa. E’ una regola non scritta per la pacifica convivenza delle specie. Le donne invece puntualmente si imboscano in commenti pertinenti quanto le canzoni di Leone di Lernia a Sanremo. Ma la colpa non è loro, la colpa è di chi dà loro corda, chi risponde. Ed è inutile che annuite, perché anche voi, invertebrati esponenti del genere maschile, dopo la finale degli Europei Italia – Spagna, al commento “Dai forza Italia anche se non è andata tanto bene!!!” avete risposto. E l’avete fatto solo perché ha una quarta e un discreto fondoschiena. E io vi odio, servi della gleba che non siete altro.
Imbarazzo sportivo



Il campanilista, voto: 4 pugni in testa. Non è che io sia un nazionalista, un patriottico o un utopico esemplare di tifoso imparziale (sarebbe come sostenere che Ibra ha un bel naso), però i campanilisti radicali sono davvero insostenibili. Sono quelli che se un giocatore della nazionale non gioca nel SUO club (che è ovviamente il migliore al mondo), che se una volta il giocatore si è messo un cappellino abbinato alla sciarpa che non riproduceva i colori sociali della squadra, allora è un vigliacco, un traditore, uno che non meriterebbe nemmeno la cittadinanza italiana. E non provate a spiegargli che il concetto di “nazionale” e di “suo club” non sono perfettamente sovrapponibili. Ah, il giocatore sarà anche inevitabilmente una sega. “Si perché Bonucci è un cesso ambulante, è un cane, è proprio da odiare”, “beh ma non sta giocando male, anzi”, “no ma non centra vedi, è che lui è proprio un ladro, perché è juventino, e poi quando aveva 16 anni ha detto che Alberini aveva dei brutti capelli. Ma come si fa ad essere così merde? Alberini aveva il capello più fluente della serie A. Che cane che è Bonucci”. Che si può fare? Tacere e bersi la birra. Quella del campanilista ovviamente. E se possibile sputarci dentro.
Autismo calcistico



Il negativo, voto: 10 piaghe d’Egitto. L’italiano che guarda la nazionale è negativo, catastrofico se si trova in un bar o in una bocciofila. Si esprime solo per luoghi comuni, frasi scontate, critiche sterili e rutti di protesta. Perché la squadra è troppo giovane, perché i giocatori sono troppo scarsi, perché l’allenatore non ha le palle, perché il campo da allenamento ha l’erba sintetica di 3° generazione e non di 7° e quindi si fanno male perché sono degli incompetenti, perché piuttosto mettici il magazziniere che ha i piedi di ghisa ma almeno ci mette l’anima, perché se abbiamo vinto qualcosa è sempre stato un caso, perché i calciatori dovrebbero andare un po’ in fabbrica a capire cosa vuol dire lavorare, perché le tasse son troppo alte, perchè Berlusconi fa il bunga bunga e perchè in fondo Mussolini ha fatto anche cose buone. E perché dammi un altro bianchino, che oggi perdiamo. Ecco, dateglielo il bianchino. Anzi, annegatecelo.
Si stava meglio quando si stava peggio



L’ultrà, voto: 80 voglia di far casino. Non si sopporta facilmente. L’assunto di partenza è che i giocatori siano le comparse, lui il protagonista. Non riuscirete mai a convincerlo del fatto che se
avesse giocato con della cacca per 90 minuti il risultato non sarebbe cambiato. L’ultrà, poi, non lascia nulla al caso: è carico dalle 9 di mattina della settimana prima della prima partita di qualificazione per l’europeo (poco conta poi se siamo il paese ospitate e quindi facciamo solo amichevoli), gira con i colori italiani sugli zigomi per mesi, si avvolge nella bandiera stile Linus, indossa scarpe una verde ed una rossa con i calzini di spugna bianchi. E se ti incontra, alla luce della stima che lega la sua famiglia alla tua, ti abbraccia per bloccarti ed iniziare la predica per convincerti a mettere almeno 12 accessori che ricordino la nazionale e ad andare a tifare con loro in piazza almeno due giorni prima perché se si sta a casa da soli non si crea l’energia giusta. Tipo un animatore da villaggio vacanze. E in realtà spesso lo è.
Fancazzisti professionali



L’esperto, voto: male = (meno meno). L’esperto si siede sul divano per il prepartita, guardando tutti i canali su cui si parla dell’imminente sfida della nazionale. All’esperto non interessa nulla di quello che dicono, il programma è il pretesto perfetto per dire la sua all’incolpevole coinquilino - che per caso sta passando per la cucina direzione bagno - a cui del calcio proprio fottesega. Guai poi ad accoppiarli, cosa che peraltro sono bravissimi a fare autonomamente. Si scelgono con uno sguardo. Si chiedono se hanno giocato a calcio, a che livello (più basso è meglio è), se leggono la gazzetta tutti i giorni, quale squadra tifano (e perché) e si scambiano opinioni perfettamente idiote in merito alle peggiori squadre del mondo. Ah, la dinamo Zagabria quest’anno va proprio forte, mi è sempre piaciuta per il fascino che ha la sua storia – Devo essere sincero, alle squadre fiere come il Dundee United proprio non resisto – Ma hai visto il progetto che ha il Recreativo Huelva quest’anno?
A questo punto, dopo essersi annusati come i cani, decidono di vedere le partite insieme. Qualunque va bene. Ma quelle della nazionale sono l’apoteosi. Possono snocciolare tutto ciò che sanno su ogni singolo giocatore titolare, panchinaro, tribunista, non convocato. Ed è impressionante, perché sanno come si chiamano i suoi nonni, cosa faceva lo zio, quali allergie ha, che numero di scarpe porta e tutto ciò che di meno utile alla conoscenza calcistica si possa immaginare. Ma a loro piace così, con quell’aria di superiorità, quel sorriso di compassione per chi non è un fine pensatore del calcio o presunto tale, quella pancia da ex mezzo giocatore o da appesantito lettore di Tuttosport.
Piacevoli come l’umidità di Milano


Per fortuna che al calcio si gioca.

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