Io
non tollero le foto di gruppo. Quelle modello foto di classe o della famiglia alla
comunione del cugino. Hanno il potere di trasformare te, individuo dall’autostima
scricchiolante, nel gobbo di Notre-Dame dopo lo schianto con la moto. Si diventa
irriconoscibili.
“Toh,
guarda! Ma chi è che nella foto ha cagato vicino a nonna?”
“Marcella,
guarda che sei tu..”
“…..ma
è impossibile!! Io avevo il cappellino!!”
“Lo
vedi? E’ lì, dove sembra tu ti sia fatta il riporto col tappetino dell’automobile”
Un
dramma universale. Io personalmente, non son mai riuscito a venire non dico
bene, ma almeno dignitosamente. Le ho provate tutte. Mettermi di profilo, di fronte,
davanti, dietro, di spalle. Niente. Sembro sempre il testimonial di una
campagna di raccolta fondi per i lebbrosi di Molokai. Nell’attimo prima del
click, la mia faccia subisce una mutazione. Perdo i capelli, i denti si
ritraggono, il sorriso si storce in verticale, il naso si affossa e chiudo
gli occhi. Divento praticamente un uomo con due culi. Poi chiaramente a fare la
foto è stato scelto lo zio Pieraldo, che ha passato gli ultimi trent’anni in
una foresta nel Borneo e l’ultima foto che ha fatto era una dagherrotipia della breccia di Porta Pia. Quindi la posa deve essere mantenuta per ore perché:
e non è scattato il flash, e siete venuti mossi (no zio, è nonno che ha il
Parkinson, buon’anima) e la nonna è
venuta con gli occhi chiusi (no zì, è nonna che sta dormendo proprio, anzi
datele una botta che è andata in apnea e pare proprio brutto ci lasci alle proprie nozze d’oro).
Se
invece il parente è munito delle competenze minime necessarie, allora scatta la
trappola malthusiana della macchina fotografica, che asserisce: “all’aumento in progressione aritmetica dei parenti corrisponde un aumento in progressione
geometrica del numero delle macchine fotografiche”. Un parente una fotocamera; due parenti due fotocamere; tre parenti quattro fotocamere; quattro parenti sedici fotocamere e così via.
Con il risultato di procurare una temporanea paralisi facciale agli astanti,
che sembrano usciti dalla Fiera rionale dell’Ictus e di abbrustolire le file
davanti come fette di bacon a suon di flash.
Non
tollero poi, delle foto di gruppo, il rito del “ciiiiis”. Concepito come trucchetto
per far sorridere (ma che sortisce l’effetto di far saltare le otturazioni e di sollevare una pioggia di sputi da far invidia al Raduno
Mondiale dei masticatori di tabacco) è diventato l’occasione buona di ogni
imbecille per sfoggiare tutta la propria contagiosa simpatia.
Mi riferisco a quelli che, ad ogni foto di gruppo, modificano il ciiiiis per l’occasione.
La
prozia ha compiuto ottant’anni? “ Adesso diciamo: ottuagenariaaaaaaa!”
I
nonni hanno fatto i cinquanta anni di matrimonio? “ Al mio tre dite: pensione
di reversibilitààààààààààà!”
La
nipotina tanto carina e tanto precoce ha fatto la cresima? “Guardate in camera
e dite: anche con una terza vale comunque come incestooooooooo!”
Il
risultato è un gruppo di persone trasfigurate da smorfie disumane, come in
quegli affreschi medievali della morte trionfante. Alla vista, la conversione è
assicurata.
Non
tollero poi quando viene la pessima idea di fare queste foto a tavola. Il parente
infame si alza e all’urlo di “Ma facciamo una bella foto a questa tavolata!”
lascia andare una sventagliata impietosa di flash. La sortita è tragica: i più vicini
all’obiettivo sembrano dei malati cronici di gotta da tanto che vengono
ingrossati nella foto; in lontananza si vede il fratello del nonno, piegato di
trentasette gradi a sinistra per fare quella loffia “che è dal secondo antipasto
che tengo”; i pargoli iracondi tenuti immobili dalle rispettive madri con una
mossa di sottomissione da esercito israeliano. Ma tra tutti, immancabile c’è
lui. Quello con la bocca piena, che ha aspettato apposta quel momento per
mangiarsi quell'inutile pistacchio e che poi grida "ma daiii!! son venuto a bocca piena!! dobbiamo rifarla!". Penso che
se vai al ristorante senza, te lo diano col coperto. Marco Pannella, durante i digiuni, l’hanno sempre fregato così.
Intollerabile
è, inoltre, il fotogenico modesto. Ogni gruppo fotografico ce l’ha. E’ quello
che viene sempre bene nella foto, anche se la sta facendo lui. Puoi anche
sferrargli un disonesto colpo sotto la cintura un attimo prima della foto, che
lui/lei sembrerà sempre un’apparizione mariana e invece tu esci ripugnante come
il mostro di Dusseldorf. Dalla sua testa, con la luce a favore, puoi vedere a
volte irradiarsi un piccolo arcobaleno. Così, mentre tu ti stai guardando in
quella foto e pensi che alla fine, tolto qualche disagio per i metal detector
all’ aeroporto, una maschera di ferro è il capo d’abbigliamento che fa per te,
il fotogenico modesto ti si avvicina ed esclama: “No, ti prego, mettila via! Non
farmela vedere chè sono orribile!”.
Stupore.
Primo: ma chi te la stava facendo vedere la foto che mi vergogno come un ladro
e penso sarò costretto a dar fuoco ai negativi e soffocare nel sonno il
fotografo?! Secondo: non definirei orribile la foto di uno a cui basta la sola
imposizione del proprio book fotografico per mettere incinta una donna. Mi auguro
che l’acne ti travolga come una slavina.
Ma,
cosa che non tollero più di tutte (e concludo) è quando, poco prima dello
scatto mi si dice: “Ma no! Non mettetevi in posa. Siate spontanei! Facciamola
al naturale!”. Al naturale?! Come sono io al naturale?!?senza bollicine? Senza additivi
e conservanti?? Quando lo dicono vado nel panico. Anche respirare ma sembra un
tantino una forzatura. Non so come mettermi, dove stare, cosa fissare. L’unica
cosa che mi viene in mente “al naturale” è sempre e solo il tonno. Così, da
qualche tempo a questa parte, ho attaccato su tutte le maniche delle giacche
due belle pinne gialle. Oh, continuo a venire come un disperato nelle foto, ma
con quello che da lo sponsor mi pago il foto-ritocco.
I.N.T.
LE FOTO DI GRUPPO
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