mercoledì 23 gennaio 2013

IO NON TOLLERO I COMMESSI DEI NEGOZI (parte seconda)


Io non tollero i commessi dei negozi. Il ritorno. si perché, l’intolleranza verso la categoria è tale che ho dovuto dividere lo sfogo in due parti altrimenti la pubblicazione veniva bloccata dal mio antivirus che veniva preso da conati di vomito.
IL LENTO
Il lento è la kriptonite del cliente che ha fretta. La nemesi, tipo Freezeer per Goku. Arrivi tutto trafelato in negozio, per un motivo o per l’altro devi comprare qualcosa al volo, perché non hai tempo da perdere, entri, prendi ciò che ti serve, vai alla cassa e al momento del pagamento fai l’errore fatale. Dai un occhiata alla situazione generale delle casse e noti che in una c’è una fila che sembra di stare in autostrada, gente che spinge, che sgomita, madri che mandano avanti i bambini “che tanto il signore ti fa passare” (ma il signore in quel momento diventa pronipote di Erode il Grande),anziani che si giocano la carta della resistenza per saltare la fila ( e lo stesso signore tira fuori dal carrello l’orbace, da monito), mentre nell’altra non c’è quasi nessuno. E’ allora che con sorriso spavaldo come di quello che lancia i sassi al leone in uno zoo, ti avvii a pagare in quella “perché tanto non c’è nessuno”. E non sai che non c’è nessuno perché i clienti sono morti nell’attesa e i loro corpi sono stati tumulati nel parcheggio. Inizi a capire che c’è qualcosa che non va quando, guardando il commesso ti sembra di vedere una scena al rallenty. Tipo quelle nei documentari sui coccodrilli che azzannano la gazzella al fiume. Di per sé non sarebbe cattivo, non fosse che gira ancora con un processore Window 92 ( l’enorme ventola di raffreddamento sulla schiena avrebbe dovuto metterti in allarme). Il commesso ti prende la merce e la guarda. Come una cosa misteriosissima. La gira e la rigira come non fosse di questo mondo. Tu gli vorresti dire che è un maglione normale, magari non tra i più belli, ma alla fine non è mica per te e chissenefrega. Continui a guardarlo e lui come niente fosse continua nella dissezione del capo. Sta cercando il codice a barre. E fu sera e fu mattina. Lo trova ma il lettore non lo legge.
“Stra no o o….noo n loo le….gge” ti dice con la cadenza di E.T.
“No guardi non è che non lo legge, è che lei sta flashando da mezz’ora le istruzioni per il lavaggio in lavatrice”
Senti la ventola che inizia a girare. “ Nooon ho…..ca pi…to to to to to…to to to to”
“Ascolti, non vede che sta facendo passare sotto il lettore a barre : lavare separatemente, stirare da rovescio, prodotto in  India?
“ Ah… c api sco…….si ve….de…de…che dovrò….ò….ò….ò….ò….ò….ò….ò….ò (in quel momento passa un collega che gli da una botta per disincantarlo) dovrò digita…re il codice….ma nu al…..men..te”.
E li le gambe non ti reggono. Perdi conoscenza e ti risvegli che ormai è estate, con un maglione di lana e la pensione.
IL GIUDICANTE
Il giudicatore è il commesso che disapprova tutto quello che compri. Generalmente si trova nei negozi di vestiti. È chiaramente un figo astrospaziale. Tipo “dono di Dio alle donne”. Fisicato, alto, biondo, occhio languido. A lui anche un herpes gonfia come un kebap sta bene. A te, invece, dona solo il buio pesto. E lui lo sa appena entri in negozio. Ti guarda alzando impercettibilmente il sopracciglio, chiaro segnale che hai invaso il suo territorio in cui tutto è e deve essere bello. Mentre giri per gli scaffali senti il peso del suo bellissimo sguardo in ogni tuo gesto, che viene sottolineato con un segnale. Prendi quella camicia è lui dietro di te scuote la testa, guardi quel bel paio di pantaloni e lui lancia due colpi di tosse di ammonimento, stai per provare una maglietta e lui inizia a fischiettare la colonna sonora di Profondo Rosso. Allora, vergognandoti come un ladro ti prostri alla sua presenza e gli chiedi di darti una mano.
“Di cosa hai bisogno?” ( il giudicante ti da sempre del tu, sei tu che gli dai del Voi)
“Di un paio di pantaloni”
“Beh intanto andiamo allora nel settore giusto per i grandi infortunati..”
“Ma scusi, come incidentati??!”
“Si quest’anno abbiamo deciso di impegnarci anche sul sociale..(per vestire anche le lavastoviglie come te, ma questo lo pensa soltanto”
“Dunque, vediamo, che taglia porti?”
“Una 48….”
A questo punto il suo sopracciglio si è alzato talmente tanto che ha passato la fronte, scavallato la nuca e sta risalendo il mento.
“ Ah, insomma, roba da circo Togni. Guardi, se esce, in fondo alla strada c’è un negozio che vende moquette adesiva..”
“ No no guardi, mi son sbagliato volevo dire 42!”
“( sé vabbe, o’ ccafè, fratello!) ah d’accordo.. ma sei sicuro? No perché..”
E tu senza dargli modo di finire la frase gli strappi i pantaloni di mano e scappi in camerino dove inizia una battaglia impari. Nel tentativo di infilarli cominci a sudare come una bestia. Sembri il gruppo del Laoconte stritolato dal mostro marino. Ma devi infilarteli, ne va della tua dignità di persona e di lavastoviglie, dovessi lubrificarti il corpo con grasso di balena. E così esci dal camerino con questo cilicio di stoffa alla vita, che ti stringe così tanto che non hai più la pancia ma una quarta di reggiseno e la gobba. Provi a dissimulare davanti allo specchio, in pose patetiche, rendendoti conto che sembri la versione in 16: 9 del commesso giudicante, che guarda caso ha proprio quello stesso paio di pantaloni, ma lui sembra esserci nato dentro. Ed è sempre lui che decreta la tua sconfitta finale dicendoti, dopo che hai pagato, “ non ti preoccupare, che tanto, lavandoli si allargano, sempre che tu non li batta sul tempo (anche questo lui non lo dice, ma il suo sopracciglio si)”.
IL COMMESSO DELLA TELEFONIA
Decisamente la categoria più odiosa della Terra. Generalmente, al momento dell’assunzione gli viene dato un unico neurone, che dovranno condividere via bluetooth tra tutti i commessi del punto vendita. Quando inizi a parlarci, senti che la comunicazione è praticamente impossibile, come tra un muto e un sordo. Neanche il linguaggio dei segni può soccorrerti. Il tuo problema è che vuoi un contratto per inviare messaggi gratis e loro ti rispondono che è un problema di traffico alla risposta al mese con scatto settimanale alla risposta di voip senza l’aggiornamento dello iOS per lo smartphone con swap del 3G con la Tribù, per  you and me to be free pay for me Rivera e Platinì. A te chiaramente viene il mal di mare e una voglia improvvisa di fare una donazione anonima ai Black Block. Ma il drammatico è che, lì per lì, l’offerta e tutto il meccanismo ti sembra chiaro, logico e addirittura conveniente. Poi quando esci, se uno sconosciuto qualsiasi ti chiede che tariffa hai e perché paghi 180 euro al mese con multi scatto a schema libero e hai acquistato una quota di azioni di un’azienda di mine anti-carro con sede in Belize, perdi l’uso della parola, come dovessi spiegare uno dei segreti della Fede. Danno il peggio di loro, per finire, quando invece devono risolverti un problema. Sfoderano lo sguardo di compassione di chi guarda una scimmia scambiare con un’altra una banana per della cacca, e con un tono di sufficienza ti spiegano il problema anche se presidente onorario del MENSA, come se tra i due l’imbecille fossi tu. E nel caso il problema fosse più complesso di quel che sembra, o è colpa tua che sei una cacchina di mosca molle, o del computer “che adesso non mi risponde, si vede che stanno facendo dei lavori in sede centrale, torni dopo, al limite più tardi, oppure si leghi al collo quell’inutile mattone coi tasti e vada a buttarsi in un canale”. Perciò ci devi tornare un centinaio di volte, inutilmente, ogni volta per motivi che guarda caso non hanno nessun nesso con la loro malcelata inettitudine. Ed è allora che capisci il senso della frase: “Ho commesso un omicidio”.
I.N.T. I COMMESSI DEI NEGOZI (parte seconda)

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