E anche questa è passata. La più
magica notte dell’anno. No, non parlo del 24 Dicembre e nemmeno della notte di
Ferragosto. Ma della Vogue Fashion Night Out. O VFNO se sei il top di gamma. La
serata dove la felicità non avrà un prezzo, ma almeno il codice a barre. Devo essere
onesto? Son contento. Si, son contento perché è in occasioni come queste che mi
rendo conto di vivere in un bel paese. In un grande paese. Evviva. Evviva. Dopo
serate come questa esco confortato. Si, perché piano piano, comincio a capire
il punto di vista di Saddam Hussein.
Tanto per cominciare la calca. Una calca selvaggia senza
senso. La gente doveva uscire di casa. Una necessità impellente. Roba che
neanche durante un terremoto. Tutti fuori. Tutti in strada. Facendo la gioia
dei palpatori seriali che ieri si sono sbizzarriti. Roba che neanche al banco
dei meloni al mercato ortofrutticolo. Resi folli dall’abbondanza buttavano le
mani a caso, alla “n’do cojo cojo”. Chiaramente palpando tutto il palpabile. Mi
è capitato di vedere gente che credeva di aver toccato un culo e invece era un
ginocchio, o che ha iniziato un preliminare galeotto con quella che credeva una
donna dal seno marmoreo e che, invece, si è poi rivelata una porta con il pomello
di ottone. Che tra l’altro, se ci fate caso, la calca, di suo, non va da
nessuna parte. Tutti in fila come ebeti, spintonati da una parte all’altra da
fashion maniaci in iperventilazione.
Perché dai, va ammesso: alla Fashion
Night, non si vede una straminchia di
niente. Le vetrine si intuiscono, gli abiti si immaginano, sono un sentito
dire: “oh, ma lo sai, io ho intravisto un calzino?” “noooo, davvero, ma di chi
era? Di Chanel? Dior? Gucci?” “No guarda veramente era di quello davanti...” “Aaaaaaaaaaaaaah”
“Ma guarda era un bel calzino però!!!” “Immagino! A me hanno detto che poco più
avanti c’è uno stand all’aperto dove fanno vedere le pellicce di felino” “No,
guarda, è solo che all’incrocio hanno stirato un gatto, povero non è neanche un
granché...” “ah capisco……dici che con una settecento euro me lo riesco a
portare a casa?”.
Del resto è impensabile penetrare il
muro di carne tremula che ti circonda. Che poi uno dicesse che sono tutte
modelle quelle che ti circondano, spesse come Mikado, va beh, lì chiudi un
occhio; basta aver giocato qualche volta a shanghai e in un attimo sei libero. Macché.
Alla Fashion Night si manifestano degli scaldabagno, dei cassoni dell’umido col rossetto da segnarsi con tutte e due le
mani. La Fashion night per questi soggetti è come la pioggia per i porcini. Dicono
che mi accanisco. Non è colpa mia. Voglio dire: se sembri Freddie Krueger è
inutile che ti metti il tacco dodici, le extenscion e il rossetto fiammante, perché
non diventi Kate Moss, continui a sembrare Freddie Kruger, ma che ha cambiato
sponda. Invece niente, tutte indossatrici. Basta cacciare la Vuitton comprata a
Gabicce Mare, non tenuta in mano, ma nella piega del gomito, come deve essere
per ogni donna con la figa limited edition,
il tubino nero che serve giusto a fare ombra alle grandi labbra, e il tacco d’alta
quota. Ascolta Quasimoda, non funziona così. Non basta questo, lo vuoi capire? Io
non sono Brad Pitt, tu non sei Nicole Kidman, piuttosto facciamo così, usciamo
domani, che c’è pure meno gente, e ti porto a mangiare un panzerotto. Ma ad una
condizioni: che piuttosto della borsa ti porti un marsupio.
Il minimo umano si raggiunge però con
il gadget. Si passa tutta la sera a cercarli
e quei sadici di organizzatori, che il Signore gli faccia restringere in
lavatrice tutti i capi delicati che hanno, ne mettono a disposizione sette. Non
so se è chiaro. Sette gadget per 16 489 persone. È scontato che si scateni la
guerra civile. Si assistono a delle sollevazioni popolari che a confronto la
primavera araba sembra il ritrovo del giovedì alla bocciofila “Fausto Coppi” di
Vigarano Pieve. Volano minacce: “Io a te ti aspetto fuori!!” (e tu, mentre
passi, gli vorresti dire che, tecnicamente, essendo in strada sono già fuori,
ma poi ti ricordi di quell’articolo di uno ucciso a colpi di tacco in testa e
proprio non te la senti) sputi, gomitate, calci, pugni. E questo ancora prima
di scendere dalla macchina. Tutto, per delle robe inutili, di una pochezza
disarmante: un palloncino, una fascia, un elastico. Normalmente tutti oggetti
che se te li prova a vendere il marocchino in metro chiami la vigilanza e che invece
lì diventano preziosi come il Sacro Graal. Anche in questo caso, tra l’altro, l’effetto
sentito-dire la fa da padrone. “No guarda dobbiamo andare subito alla
Rinascente che mi hanno detto che distribuiscono kleenex usati della Ferragni!!”
“Sì, ma dopo passiamo in Monte Napoleone perché ho sentito che danno le unghie
di Enzo Miccio!” “Ma vuoi mettere??Se andiamo in Duomo mi hanno detto che c’è
Chiara Biasi che, per una modica cifra ti tossisce addosso!! Ma dobbiamo fare
presto, i primi dieci colpi di tosse sono gratis!!!”. Follia allo stato puro.
Tutta questa gente, però è volgo. È il popolo cenciaiolo della
Fashion Night. Si perché se sei davvero un esemplare dominante della specie,
non vai alla VFNO così, alla viva il prete. Il vero uomo e donna del futuro,
quelli a cui l’eugenetica ha affidato il compito di ripopolare il pianeta dopo
un olocausto nucleare, hanno infatti il
pass, l’invito personale alla festa privata (coro di arcangeli e serafini).
Lui è l’eletto, il prescelto, l’unto del Signore. Lunga vita a te principe
delle stelle, tua è la Terra e tutto quello che vi è in essa.
Tutti ne parlano, tutti li immagino, ma
nessuno li ha mai visti o c’è mai stato. Alcuni ne mettono addirittura in
dubbio l’esistenza, benché sia testimoniato anche dalle Sacre Scritture che lo
stesso Messia prima della Passione abbia passato la sua ultima cena in una
festa come queste. Me la immagino in ambienti tutti bianchi e profumati di
sandalo, con un sottofondo minimale. Tutti vestiti di bianche vesti
leggerissime, sdraiati su puf color pastello senza schienale o su sgabelli
monoblocco di design, scomodi, ma a loro non importa, perché sono asceti. Tutti
bevono da calici affusolati rugiada del mattino e al buffet viene servita l’armonia
del cosmo in monoporzione. Sono tutti seri e nessuno si diverte, perché la moda
non è divertimento, la moda è anima, non è consumo è dedizione, non è apparenza
ma via, verità e vita. Come diceva de Gregori “perché la moda è bella anche se
fa male”. E tutti ispirati e serafici me li immagino guardare giù, affacciarsi
su Monte Napoleone, e, senza cattiveria, sputare. Ptu! Uno sputo. Ptu! Un altro
sputo. Ad intervalli regolari. E sotto, la folla esulta al gadget.