Io
non tollero i commessi dei negozi. Il ritorno. si perché, l’intolleranza verso
la categoria è tale che ho dovuto dividere lo sfogo in due parti
altrimenti la pubblicazione veniva bloccata dal mio antivirus che veniva preso
da conati di vomito.
IL
LENTO
Il
lento è la kriptonite del cliente che ha fretta. La nemesi, tipo Freezeer per
Goku. Arrivi tutto trafelato in negozio, per un motivo o per l’altro devi
comprare qualcosa al volo, perché non hai tempo da perdere, entri, prendi ciò
che ti serve, vai alla cassa e al momento del pagamento fai l’errore fatale. Dai
un occhiata alla situazione generale delle casse e noti che in una c’è una fila
che sembra di stare in autostrada, gente che spinge, che sgomita, madri che
mandano avanti i bambini “che tanto il signore ti fa passare” (ma il signore in
quel momento diventa pronipote di Erode il Grande),anziani che si giocano la
carta della resistenza per saltare la fila ( e lo stesso signore tira fuori dal
carrello l’orbace, da monito), mentre nell’altra non c’è quasi nessuno. E’
allora che con sorriso spavaldo come di quello che lancia i sassi al leone in
uno zoo, ti avvii a pagare in quella “perché tanto non c’è nessuno”. E non sai
che non c’è nessuno perché i clienti sono morti nell’attesa e i loro corpi sono
stati tumulati nel parcheggio. Inizi a capire che c’è qualcosa che non va
quando, guardando il commesso ti sembra di vedere una scena al rallenty. Tipo quelle
nei documentari sui coccodrilli che azzannano la gazzella al fiume. Di per sé non
sarebbe cattivo, non fosse che gira ancora con un processore Window 92 ( l’enorme
ventola di raffreddamento sulla schiena avrebbe dovuto metterti in allarme). Il
commesso ti prende la merce e la guarda. Come una cosa misteriosissima. La gira
e la rigira come non fosse di questo mondo. Tu gli vorresti dire che è un
maglione normale, magari non tra i più belli, ma alla fine non è mica per te e
chissenefrega. Continui a guardarlo e lui come niente fosse continua nella
dissezione del capo. Sta cercando il codice a barre. E fu sera e fu mattina. Lo trova
ma il lettore non lo legge.
“Stra
no o o….noo n loo le….gge” ti dice con la cadenza di E.T.
“No
guardi non è che non lo legge, è che lei sta flashando da mezz’ora le istruzioni
per il lavaggio in lavatrice”
Senti
la ventola che inizia a girare. “
Nooon ho…..ca pi…to to to to to…to to to to”
“Ascolti,
non vede che sta facendo passare sotto il lettore a barre : lavare separatemente,
stirare da rovescio, prodotto in India?
“
Ah… c api sco…….si ve….de…de…che dovrò….ò….ò….ò….ò….ò….ò….ò….ò (in quel momento
passa un collega che gli da una botta per disincantarlo) dovrò digita…re il codice….ma
nu al…..men..te”.
E
li le gambe non ti reggono. Perdi conoscenza e ti risvegli che ormai è estate,
con un maglione di lana e la pensione.
IL
GIUDICANTE
Il
giudicatore è il commesso che disapprova tutto quello che compri. Generalmente si
trova nei negozi di vestiti. È chiaramente un figo astrospaziale. Tipo “dono di
Dio alle donne”. Fisicato, alto, biondo, occhio languido. A lui anche un herpes
gonfia come un kebap sta bene. A te, invece, dona solo il buio pesto. E lui lo
sa appena entri in negozio. Ti guarda alzando impercettibilmente il
sopracciglio, chiaro segnale che hai invaso il suo territorio in cui tutto è e
deve essere bello. Mentre giri per gli scaffali senti il peso del suo bellissimo
sguardo in ogni tuo gesto, che viene sottolineato con un segnale. Prendi quella
camicia è lui dietro di te scuote la testa, guardi quel bel paio di pantaloni e
lui lancia due colpi di tosse di ammonimento, stai per provare una maglietta e
lui inizia a fischiettare la colonna sonora di Profondo Rosso. Allora,
vergognandoti come un ladro ti prostri alla sua presenza e gli chiedi di darti
una mano.
“Di
cosa hai bisogno?” ( il giudicante ti da sempre del tu, sei tu che gli dai del
Voi)
“Di
un paio di pantaloni”
“Beh
intanto andiamo allora nel settore giusto per i grandi infortunati..”
“Ma
scusi, come incidentati??!”
“Si
quest’anno abbiamo deciso di impegnarci anche sul sociale..(per vestire anche
le lavastoviglie come te, ma questo lo pensa soltanto”
“Dunque,
vediamo, che taglia porti?”
“Una
48….”
A
questo punto il suo sopracciglio si è alzato talmente tanto che ha passato la
fronte, scavallato la nuca e sta risalendo il mento.
“
Ah, insomma, roba da circo Togni. Guardi, se esce, in fondo alla strada c’è un
negozio che vende moquette adesiva..”
“
No no guardi, mi son sbagliato volevo dire 42!”
“(
sé vabbe, o’ ccafè, fratello!) ah d’accordo.. ma sei sicuro? No perché..”
E
tu senza dargli modo di finire la frase gli strappi i pantaloni di mano e
scappi in camerino dove inizia una battaglia impari. Nel tentativo di infilarli
cominci a sudare come una bestia. Sembri il gruppo del Laoconte stritolato dal
mostro marino. Ma devi infilarteli, ne va della tua dignità di persona e di
lavastoviglie, dovessi lubrificarti il corpo con grasso di balena. E così esci
dal camerino con questo cilicio di stoffa alla vita, che ti stringe così tanto
che non hai più la pancia ma una quarta di reggiseno e la gobba. Provi a
dissimulare davanti allo specchio, in pose patetiche, rendendoti conto che
sembri la versione in 16: 9 del commesso giudicante, che guarda caso ha proprio
quello stesso paio di pantaloni, ma lui sembra esserci nato dentro. Ed è sempre
lui che decreta la tua sconfitta finale dicendoti, dopo che hai pagato, “ non
ti preoccupare, che tanto, lavandoli si allargano, sempre che tu non li batta
sul tempo (anche questo lui non lo dice, ma il suo sopracciglio si)”.
IL
COMMESSO DELLA TELEFONIA
Decisamente
la categoria più odiosa della Terra. Generalmente, al momento dell’assunzione
gli viene dato un unico neurone, che dovranno condividere via bluetooth tra
tutti i commessi del punto vendita. Quando inizi a parlarci, senti che la comunicazione è
praticamente impossibile, come tra un muto e un sordo. Neanche il linguaggio
dei segni può soccorrerti. Il tuo problema è che vuoi un contratto per inviare
messaggi gratis e loro ti rispondono che è un problema di traffico alla
risposta al mese con scatto settimanale alla risposta di voip senza l’aggiornamento
dello iOS per lo smartphone con swap del 3G con la Tribù, per you and me to be free pay for me Rivera e
Platinì. A te chiaramente viene il mal di mare e una voglia improvvisa di fare
una donazione anonima ai Black Block. Ma il drammatico è che, lì per lì, l’offerta
e tutto il meccanismo ti sembra chiaro, logico e addirittura conveniente. Poi
quando esci, se uno sconosciuto qualsiasi ti chiede che tariffa hai e perché paghi
180 euro al mese con multi scatto a schema libero e hai acquistato una quota di
azioni di un’azienda di mine anti-carro con sede in Belize, perdi l’uso della
parola, come dovessi spiegare uno dei segreti della Fede. Danno il peggio di
loro, per finire, quando invece devono risolverti un problema. Sfoderano lo
sguardo di compassione di chi guarda una scimmia scambiare con un’altra una
banana per della cacca, e con un tono di sufficienza ti spiegano il problema
anche se presidente onorario del MENSA, come se tra i due l’imbecille fossi tu.
E nel caso il problema fosse più complesso di quel che sembra, o è colpa tua
che sei una cacchina di mosca molle, o del computer “che adesso non mi
risponde, si vede che stanno facendo dei lavori in sede centrale, torni dopo,
al limite più tardi, oppure si leghi al collo quell’inutile mattone coi tasti e
vada a buttarsi in un canale”. Perciò ci devi tornare un centinaio di volte,
inutilmente, ogni volta per motivi che guarda caso non hanno nessun nesso con
la loro malcelata inettitudine. Ed è allora che capisci il senso della frase: “Ho
commesso un omicidio”.
I.N.T.
I COMMESSI DEI NEGOZI (parte seconda)