Io non tollero le elezioni politiche.
Nel resto del mondo vederle è un piacere, è come seguire un grande evento
sportivo . Tipo le Olimpiadi. O una bella partita di calcio. Trovarsi invece in
Italia durante le elezioni è come stare in mezzo al Carnevale di Ivrea. Questa assoluta
sgradevolezza deriva innanzitutto dalla campagna elettorale. La campagna
elettorale italiana assomiglia al TAGADA’, cioè quella giostra delle fiere di
paese dall’aspetto di un’enorme piattaforma rotonda che gira vorticosamente su
se stessa, frullando i passeggeri che traballano. Durante la campagna
elettorale è un po’ così: tutti ballano come possono, c’è chi prova a baciare
la propria ragazza e invece bacia il ragazzo di fianco, chi con la stessa scusa
allunga le mani sulla tua ragazza, non si capisce più chi sta a destra e chi a
sinistra, c’è sempre quello che si sente male e poi sporca tutti gli altri, il
tutto accompagnato dall’evergreen “ MUOVI LA COLITA MAMITA RICA!”. E, intanto,
chi guarda da terra si chiede perché al terzo giro quelli non scendono chè “
sarebbe anche il nostro turno, visto che è un’ora che siamo in coda”. Ma tanto
ad un certo punto scatta la sirena e “ altro giro, altra corsa!!”. In Italia, poi, a votare non ci si va
sereni. L’elettore ha la stessa calma interiore di un tabagista che entra in
una fabbrica di fuochi d’artificio. Questo perché nessuno quando va a votare ha la cognizione di
stare andando a votare.
C’è quello che va a votare come se
andasse in un cinema a luci rosse. Ci va vestito pesante, alzandosi il bavero
della giacca, col cappello calato sugli occhi per non farsi riconoscere,
convinto che da ogni proprio gesto trapeli la preferenza espressa.
“allora…a votare ci vado in bici…nonono
che poi pensano che con la bici son di
sinistra. Allora ci vado col SUV…no che
poi sembro uno di CONFINDUSTRIA…magari ci vado in macchina con la bici nel
baule. Ecco lo sapevo, non dovevo mettermi il loden che se poi tiro fuori l’agenda
manco mi fanno entrare. Beh sai che faccio, mentre sono in fila magari mi
graffetto un orecchio così poi sembro di Sel…Oddio, e ora che faccio, le apro
la porta e la faccio passare o entro prima io, perché lo so, se la faccio
passare poi dicono che lo faccio per guardarle il culo e poi subito la gente è
maliziosa e pensa subito a lui…magari passo prima io e le dico che odio le
maschiliste buone maniere e che il pelo
superfluo femminile è una forma di autodeterminazione”. Per depistare fino all’ultimo,
entra nell’urna fischiettando “Bella ciao” e “ Giovinezza” in un mash-up alla
Stefano Bollani. E se dopo, per caso,
viene fermato fuori da un conoscente che gli chiede se e chi ha votato, quello
risponde che c’è andato solo per rubarsi la matita del seggio.
Altro elettore è il condiscendente. Quello
che per una vita vota per la stessa parte politica. Si è preso tutte le sue
sante bastonate sulle gengive che neanche uno xilofono. Un devoto umiliato. Roba
che la gente per strada gli da gli scappellotti sulla testa e gli abbassa i
pantaloni in piazza dopo la messa della domenica. E’ quello che quando vota
sembra una madre “dai vabbè ti rivoto, ma questa è l’ultima volta perché se poi
non fai quel che hai promesso anche sta volta poi mi coprono ancora la macchina
di palline di sputo”. E’ superfluo aggiungere che col passare del tempo dovrà
decidersi a vendere la macchina per poter continuare a votare.
Intollerabile è il Messia, l’elettore
circonfuso di luce. Colui che sa quale è il voto utile: quello che darà lui. Averlo
dietro in coda è come una punizione fisica in un campo di prigionia cambogiano.
Entra nel seggio carico come una sveglia.
“ah che meraviglia. Son proprio bei
giorni quelli in cui si va a votare. Cioè son proprio momenti di grande
coesione sociale parteciativa.”
“si..si è vero ma..”
“fa piacere vedere tutta
questa gente che si interessa. Non è vero che c’è disinteresse. Che poi se non
lo esercitiamo noi...”
“beh si…è importante, anche se..”
“ che poi per dare una scossa la
parte da votare è una…” e se la tua parte non corrisponde alla sua è finita. Ti
guarda con lo sdegno e il disgusto dell’esorcista davanti all’indemoniato. Prova
a redimerti con l’imposizione delle mani, compie riti sciamanici per
convertirti e ti sfinisce con una lunga serie di motivazioni a grappolo che
dimostrano incontrovertibilmente che il suo candidato è il re Mida che serviva
e il tuo è affidabile come Hannibal
Lecter ad una grigliata. E al tuo turno, fino all’ultimo ti guarda come a dire “ora
sai cosa è giusto, va e non peccare più”.
Altro elettore meraviglioso è quello
che va a votare come se stesse andando a confessarsi. Che si cosparge il capo
di cenere solo per segnare la propria preferenza. E’ quello che per il resto dell’anno accende l’automobile
anche solo per ascoltare la radio e che fa le battute di caccia grossa con i
proiettili all’uranio impoverito, ma poi si scopre ambientalista; è quello che
per il resto dell’anno si fa le frittate con le uova fabergè, ma poi si scopre
proletario; è quello che ha otto figli con cinque donne in tre paesi diversi,
ma poi sente il richiamo della famiglia come unità fondamentale della comunità.
Praticamente entra che è Willy Wonka ed esce presidente dell’Associazione
Nazionale Dentisti Italiani.
Altro votante insopportabile è l’eterno
inesperto. Quello che gli spieghi e non
capisce. Sbaglia urna, esce tre volte per chiedere se deve votare al contrario
come nei referendum, se basta la croce o deve annerire la casella, se per caso
gli possono prestare una gomma che ha sbagliato, e che non capisce la
differenza tra voto disgiunto e espressione di preferenza. Finisce che vota per
Marco Mengoni, ma poi ha l’illuminazione “ah ma io non avevo capito..cioè lei
mi aveva detto..quindi dovevo fare cosi..” e se ne va sbuffando e inneggiando
al televoto.
Per fortuna poi le elezioni
finiscono, tutti vanno a casa, a meditare. Finalmente, per una volta cittadini
attivi. Poi vedi i risultati, esulti o ti incazzi, ma non riesci a gioire. Ti manca
la soddisfazione vera. Come quando ti sforzi di esultare per un gol a Fifa
anche se non stai giocando tu. Hai la sensazione di non partecipare appieno. Il
tuo voto interessava fino un attimo prima di essere espresso. Poi basta. Chi è
eletto ricomincia a girare in auto blu e tu smadonni per dover allungare il
pieno col dado Knorr. Ti dimentichi che essere cittadino attivo non è solo
votare, ma è essere attento, presente, informato. E’ rispettare la tua comunità
e i luoghi che le appartengono. Fare volontariato. E’ osservare la legge, ma più
banalmente è avere decoro e comune senso civico. Votare non è un buono
cumulativo di cittadinanza: dato che ho votato posso posteggiare 10 volte in
doppia fila, non chiedere 7 scontrini e taccheggiare due robine al
supermercato. E invece sembra che votare abbia l’effetto della sveglia quando
suona la mattina presto: ti desta un attimo, tu la guardi, la spegni e ti volti
dall’altra parte. Ma il voto è un cuscino scomodo su cui dormire. Un voto dato
in questo modo non conta, ma si sconta, prima o poi.
I.N.T. SPECIALE ELEZIONI
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